Crisi automotive, non tutto è perduto. Anzi.
di Matteo ScolariIl settore automotive italiano, da sempre pilastro dell’economia nazionale, si trova oggi davanti a un bivio estremamente sfidante. La transizione energetica, la crisi economica globale e le nuove dinamiche del mercato stanno ridefinendo i confini di un’industria che ha segnato la storia del nostro paese. I numeri parlano chiaro: calo della produzione, riduzione delle immatricolazioni e un mercato dell’usato saturo. Ma dietro a queste sfide si intravedono opportunità che, se ben colte, potrebbero tracciare una nuova strada verso il futuro.
Una crisi che parte da lontano
Il settore automotive sta affrontando una crisi che non nasce oggi. Già dal 2019, prima ancora della pandemia, il comparto era in difficoltà. La pandemia ha poi accelerato un processo di riduzione della domanda e di riorganizzazione delle filiere. L’obiettivo della Commissione Europea di eliminare i motori a combustione interna entro il 2035 ha aggiunto ulteriore pressione, costringendo le aziende a ripensare completamente i loro modelli produttivi.
Non si tratta solo di una questione tecnologica, ma anche sociale ed economica. Il prezzo medio delle auto è passato da 21.000 euro nel 2019 a oltre 30.000 euro nel 2024, rendendo l’acquisto di un veicolo nuovo sempre più difficile per il ceto medio. Questo ha avuto effetti devastanti sul mercato, con molte famiglie costrette a rimandare l’acquisto o a optare per auto usate, ormai anch’esse difficili da reperire.
Le opportunità della transizione
Tuttavia, non tutto è perduto. La transizione verso l’elettrico e l’ibrido offre occasioni uniche per rilanciare il settore. L’Italia vanta una filiera industriale apprezzata a livello internazionale, con competenze che possono essere adattate alle nuove tecnologie. La diversificazione verso settori affini, come l’aerospazio e il medicale, dimostra che è possibile reinventarsi senza perdere l’anima industriale che ci contraddistingue.
In questo contesto, il ruolo delle istituzioni diventa fondamentale. Servono politiche industriali coraggiose, incentivi mirati alla ricerca e sviluppo e un piano infrastrutturale che renda possibile la diffusione capillare dei veicoli elettrici. Allo stesso tempo, è necessario garantire la formazione dei lavoratori, preparando una nuova generazione di tecnici e ingegneri in grado di affrontare le sfide del futuro.
L’importanza del dialogo
L’incontro recente a Mestre, con la partecipazione di assessori regionali, sindacati e associazioni di categoria, è un segnale positivo. Il confronto tra stakeholder è il primo passo per costruire una visione condivisa. Ma il dialogo deve tradursi in azioni concrete: investimenti, ammortizzatori sociali per sostenere le PMI, e soprattutto una pianificazione a lungo termine che guardi oltre le emergenze del presente.
La strada per il rilancio del settore automotive è lunga e complessa, ma non priva di speranza. L’Italia ha già dimostrato, in altri momenti di crisi, di saper trasformare le difficoltà in opportunità.
La transizione energetica è una sfida globale, ma anche una chance per ripensare il nostro sistema produttivo, rendendolo più sostenibile e competitivo.
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