Cooperativa Noi Insieme, lavoro, crescita e dignità per la disabilità grave
di Giorgia PretiAffondare le radici nel territorio e crescere insieme alle persone accolte: è questo il tratto distintivo della cooperativa sociale Noi Insieme, realtà storica della Valpantena che da quasi quarant’anni opera con persone con disabilità grave. Nata come associazione e diventata cooperativa nel tempo, Noi Insieme ha costruito un modello educativo centrato sulle potenzialità individuali, sul lavoro manuale e sulla relazione quotidiana. A Focus Verona Economia il socio fondatore Luciano Turazzini ha raccontato le origini, le sfide e la visione futura di un’esperienza che continua a generare valore umano e sociale.
Turazzini, come nasce la cooperativa Noi Insieme?
Noi Insieme nasce come una costola di un’altra cooperativa, la cooperativa Insieme, fondata nell’83. All’inizio eravamo un’associazione con l’idea di fare attività occupazionali, ma ci siamo resi conto che avevamo al nostro interno persone con una disabilità più grave, che non potevano essere inserite nel lavoro vero e proprio. Da lì è nata l’esigenza di concentrarci sulla loro crescita sociale e umana, più che produttiva.
Quando avviene il passaggio decisivo verso la disabilità grave?
Nel 1986 abbiamo costituito l’associazione Noi Insieme inserendo due persone con disabilità grave. È stato un passaggio fondamentale, perché ci siamo confrontati per la prima volta con questa realtà. All’inizio non sapevamo come muoverci e sono state due mamme, madri delle ragazze disabili, a insegnarci come lavorare con loro. È stata una delle sorprese più belle di tutto il percorso.
Come si è strutturata la vostra realtà nel tempo?
Abbiamo iniziato a dialogare con il mondo pubblico, con ULSS, Comune e Regione, compatibilmente con le normative. Grazie a una convenzione siamo riusciti a coprire parte delle spese e siamo partiti, arrivando ad accogliere fino a dieci persone con disabilità grave. Abbiamo sempre mantenuto un organico adeguato alle norme regionali, con una direttrice, educatrici e ceramiste.
Perché avete scelto la ceramica come attività principale?
Ci sembrava il lavoro manuale più adatto per far crescere queste persone. Col tempo si è rivelata una scelta vincente. La ceramica permette concentrazione, creatività e manualità, ed è uno strumento educativo straordinario.
Oggi producete anche per aziende: che valore ha questo aspetto?
Ultimamente abbiamo la soddisfazione di lavorare anche per aziende, con numeri importanti. Sono attività magari ripetitive, come biglietti natalizi o oggetti seriali, ma vengono realizzate dalle ragazze insieme ai volontari, sotto la guida delle educatrici e delle ceramiste. Non è lavoro nel senso stretto del termine: è un mezzo per crescere umanamente e socialmente, e allo stesso tempo per sostenere il bilancio.
Ci sono episodi che raccontano meglio di altri questo percorso?
Ricordo un cartellone natalizio commissionato da un’azienda: una ragazza con disabilità disse “lo preparo io”. Era un pannello di tre metri per due. Ha fatto un disegno straordinario, che abbiamo riprodotto fedelmente. L’azienda è rimasta entusiasta e ancora oggi espone quel cartellone. Questo dice molto delle loro capacità.
Dopo tanti anni, cosa la motiva ancora personalmente?
È parte del mio vissuto. Quando mi è stato chiesto di dedicarmi a questa attività ho detto subito sì, e poi ci ho messo l’anima. Ho ricevuto tantissimo, una gioia immensa. Anche se non ho persone direttamente coinvolte in famiglia, ho capito che c’era bisogno anche di me.
Il 2026 segnerà i quarant’anni: come li festeggerete?
Stiamo pensando a una grande festa con tutti: obiettori, collaboratori, volontari, ragazze e ragazzi che sono passati di qui. Vorremmo organizzare anche una mostra fotografica sui quarant’anni di storia, probabilmente negli spazi parrocchiali. È tutto in lavorazione».
Qual è la soddisfazione più grande di questi quarant’anni?
Vedere crescere queste ragazze, soprattutto dal punto di vista umano. La confidenza che si è creata tra persone che prima non si conoscevano è il risultato più bello. È difficile individuare un singolo momento: è la somma di tante piccole cose».
Che ruolo hanno oggi i volontari?
Fondamentale. Abbiamo creato anche l’associazione Amici Insieme, composta solo da volontari, che ci aiutano nella cooperativa, nei mercatini, nelle uscite. Senza di loro sarebbe tutto molto più difficile. Anche solo accompagnare le ragazze a presentare un presepe in Duomo diventa possibile grazie a questa rete.
Guardando al futuro, cosa immagina per Noi Insieme?
Le esigenze cambiano continuamente. Una volta era assistenza fine a se stessa, oggi è crescita. E se è crescita, dobbiamo crescere anche noi. Formazione continua per educatrici e dipendenti, attenzione alla sicurezza e uso dei social per ampliare le relazioni e coinvolgere sempre di più le ragazze. Questo, secondo me, è il futuro.
Vuole ricordare una figura chiave della cooperativa oggi?
Sì, la presidente della cooperativa è Erika Zecchinato, con noi da oltre vent’anni. Coordina tantissime attività ed è davvero il motore della cooperativa, sempre attenta a far crescere le ragazze e l’organizzazione.
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