Coldiretti Verona celebra i suoi 80 anni: preoccupano le novità dall’UE
di RedazioneColdiretti Verona ha celebrato venerdì 5 dicembre un passaggio simbolico e identitario: gli ottant’anni di attività della Federazione provinciale, una storia che si intreccia con l’evoluzione dell’agricoltura scaligera e veneta.
Numerose le autorità che hanno voluto portare i loro saluti: il Presidente di Veronafiere Federico Bricolo in qualità di padrone di casa, il Vicario del Prefetto, Gaetano Losa, il Sindaco di Verona, Damiano Tommasi, il Presidente della Provincia, Flavio Massimo Pasini, e Flavio Piva, Presidente della Federazione Veneta delle Bcc, sponsor dell’iniziativa.
La ricorrenza, nell’Auditorium Verdi, ha richiamato i vertici nazionali della Coldiretti, a conferma del peso che il territorio continua ad avere nel panorama agricolo italiano.
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Il presidente nazionale Ettore Prandini ha richiamato il ruolo economico e culturale dell’agricoltura locale: «Verona, il Veneto sono terre straordinarie per capacità imprenditoriale. Per aver saputo difendere una distintività, una biodiversità, una qualità che il mondo ci invidia legata ai nostri prodotti enogastronomici, e che diventa anche un grande volano per quanto riguarda il turismo stesso. Allora io penso che ciò che Verona e il Veneto hanno fatto in questi anni debba essere portato ad esempio sul resto del territorio nazionale, come un modello che sa difendere le proprie radici, ma che sa guardare al futuro grazie alla capacità e alla professionalità dei suoi imprenditori».

La celebrazione è stata anche un momento di riflessione interna per gli agricoltori veronesi, chiamati oggi a misurarsi con sfide storiche e nuove pressioni internazionali. «Un’emozione fortissima, ottant’anni è una grande responsabilità, ottant’anni di battaglie, di idee, ottant’anni di valori condivisi, ottant’anni nel difendere quella che è l’impresa agricola, la tutela del reddito delle imprese agricole, la dignità», ha affermato il presidente di Coldiretti Verona Alex Vantini.
«Quando Paolo Bonomi, insieme a un gruppo di dirigenti di Azione Cattolica, nel ’44 fonda la Coldiretti, la fa proprio con questo principio per dare voce alle imprese contadine e oggi tuttora proseguiamo in questa sfida non semplice, perché ci troviamo di fronte a minacce importanti, minacce all’agricoltura, al nostro allevamento, minacce di chi vuole diminuire le risorse destinate al mondo agricolo, che non è solo un’attività economica, ma garantisce sicurezza alimentare e cibo e quindi diventa un aspetto sociale. E noi ci proponiamo come vera forza amica del Paese. La nostra forza è proprio l’unità interna dell’organizzazione, da sempre pronti a mobilitarci se serve per far sentire la nostra voce nelle istituzioni, nelle piazze, per rappresentare nel migliore dei modi le imprese agricole e tutto il settore primario».

Durissimo il commento del segretario generale Vincenzo Gesmundo, che ha parlato di una linea europea in contrasto con le esigenze del settore: «Quello che abbiamo di fronte oggi come agricoltura è un’Europa che va esattamente nella direzione opposta di quelle che sarebbero le necessità che vivono gli agricoltori europei. Lo dice la situazione per la quale sono stati dotati di un coraggio, perché occorre coraggio, di tagliare 90 miliardi alla nostra agricoltura europea, che significa 9 miliardi in meno per l’agricoltura italiana, e dico che si tratta veramente di un grande coraggio, di una grande capacità – tra virgolette dico capacità in maniera ironica – di poter in qualche modo metterci di fronte a quello che è un passaggio autocratico a cui sta facendo riferimento la von der Leyen, che noi ci auguriamo possa trovarsi nelle condizioni di cambiare lidi molto presto».

Il cuore della serata è stato dedicato alla tavola rotonda “Agricoltura, clima e politica: il caos necessario per ripensare l’umanità”, che ha acceso i riflettori sulle prospettive europee e sui possibili impatti economici per il comparto. Preoccupano infatti le ultime indicazioni provenienti da Bruxelles, che potrebbero condizionare pesantemente la programmazione delle aziende agricole venete.
Felice Adinolfi (Professore Ordinario di Economia Agraria, Università di Bologna) ha messo in luce la necessità di una nuova Politica Agricola Comune (PAC) che affronti sfide attuali come la guerra in Ucraina e i negoziati economici internazionali. «Le attuali politiche europee – ha detto – non riescono a interpretare lo spirito e le esigenze del nostro tempo. Al contrario, assistiamo a un preoccupante arretramento sul fronte comunitario, evidenziato dal tema della rinazionalizzazione».
Giuliano Noci (Prorettore del Politecnico di Milano) ha evidenziato che l’agroalimentare italiano deve valorizzare meglio il suo potenziale strategico, superando il “grande provincialismo” che lo caratterizza. Noci è entrato anche nel merito delle lacune di un’Europa ormai non più al passo con i tempi: «l’Europa – ha detto – sta vivendo una preoccupante fase di disgregazione, sta di fatto scaricando le decisioni sui temi cruciali dell’agricoltura ai singoli Stati membri. Oggi invece l’Europa è chiamata a un esercizio di concretezza assoluta: deve urgentemente diventare una massa critica forte e pragmatica capace di confrontarsi con i mercati globali. Altrimenti, rischia di essere un continente superato dai tempi».

Andrea Giuliacci (Meteorologo e Climatologo) ha esordito affermando che il cambiamento climatico è «ormai un dato di fatto” e sta a noi adattarci ai nuovi scenari sfruttando la tecnologia. Pur avendo presentato dati allarmanti, come l’aumento di 1,1 grado delle temperature a livello planetario nell’ultimo secolo e il fatto che gli ultimi dieci anni siano stati i più caldi dell’era moderna, Giuliacci ha concluso il suo intervento con ottimismo, sottolineando che l’acqua in Italia non manca, ma occorre imparare a gestirla in modo più efficiente, e che la tecnologia offre gli strumenti per vincere la sfida dell’adattamento».
Nel suo intervento, il Vescovo di Verona, Mons. Domenico Pompili, partendo dal concetto dell’uomo di sabbia, simbolo di individualismo e perdita di sé nel testo di Catherine TernynckIo. ha sottolineato che «dobbiamo ritrovare la profonda consapevolezza che l’agricoltura non è solo un settore economico, ma rimane sempre il settore primario, anche nel suo significato etico e nei suoi valori intrinseci. Questa verità non fa che ridare piena dignità e una prospettiva concreta a tutti i nostri agricoltori».
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