“Exit Strategy”: Andrea Battista racconta la nascita e il successo di Net Insurance
di Matteo ScolariUna testimonianza diretta di come visione, metodo e preparazione possano trasformare un’idea in un caso industriale di successo. Andrea Battista, amministratore delegato di Net Insurance, è stato ospite negli studi di Focus Verona Economia per presentare il suo libro “Exit Strategy – Storia di una Start-Up dall’idea al successo”, edito da Luiss. Un racconto che ripercorre la nascita e lo sviluppo della compagnia assicurativa nata dal progetto Archimedes Spac, fino all’exit con Poste Italiane, e che offre spunti concreti su strategia, cultura imprenditoriale e pianificazione. Nel corso della trasmissione Battista ha condiviso riflessioni su fallimenti, strumenti essenziali, visione di lungo periodo e futuro del modello start-up in Italia.

Dott. Battista, perché ha deciso di raccontare la storia imprenditoriale di Net Insurance in un libro, con particolare attenzione al tema dell’exit?
La domanda non è affatto banale. Nel mondo esistono moltissimi business case, e sceglierne uno da raccontare richiede motivazioni forti. Nel mio caso sono state due: una personale e una collettiva.
Sul piano individuale, avevo la percezione di aver appreso moltissimo durante il percorso che va dall’ideazione dell’impresa alla sua realizzazione fino all’exit. Il modo migliore per sedimentare questo apprendimento era scriverlo, trasformarlo in qualcosa che potesse restare e essere consultato nel tempo.
Sul piano collettivo, ritengo che la storia di Net Insurance sia densa di significati e insegnamenti utili non solo per imprenditori e startupper, ma anche per il mondo accademico e della ricerca. L’idea principale è che non andasse dispersa: un libro è il formato perfetto per metterla a disposizione di tutti.
Le storie di successo possono essere un modello. Quali sono i principali errori che un imprenditore rischia di commettere quando avvia una start-up?
Il cosiddetto “fallimento” non deriva sempre da errori. Può essere causato da eventi esterni imprevedibili, oppure dal fatto che un’idea, pur meritevole di essere testata, non riesce a concretizzarsi per fattori difficili da anticipare.
Esiste però anche il fallimento dovuto a errore, e quello che analizzo maggiormente nel libro è l’approccio imprenditoriale immaturo: partire senza essere pronti, senza aver fatto i compiti a casa.
La figura di imprenditore che emerge dal libro è quella di chi arriva al momento giusto con un’idea valida, ma soprattutto con la “cassetta degli attrezzi” completa: esperienza manageriale, conoscenze, studio, approfondimento.
Oggi molti studiosi criticano i business plan, ma a mio avviso rimangono fondamentali. Servono a validare la sostenibilità dell’idea, misurarne i progressi, capire dove intervenire e, soprattutto, comunicare con gli stakeholder: investitori, partner, clienti, manager e collaboratori.
Naturalmente non deve essere un documento sterile: i numeri devono contenere anima, passione, credibilità. Perché solo così il business plan diventa energia e si trasforma in azioni concrete.
Nel libro cita anche il caso Cattolica. Quanto è stata importante quell’esperienza?
Ho dedicato un paio di pagine a questa vicenda, perché rappresenta quella che definisco “la possibile deviazione del percorso”, una grande opportunità che si era profilata. Prima dell’OPA di Generali, si era aperto uno scenario in cui Net Insurance e Cattolica avrebbero potuto convergere, restituendo a Cattolica piena autonomia, innervandola del motore innovativo, tecnologico e strategico che avevamo sviluppato.
Detta così può sembrare insolito: una realtà piccola che propone energia, modello e visione a una grande. In realtà nel libro spiego perché non lo fosse. Non siamo andati lontano dal rendere concreta questa ipotesi. Poi le cose hanno preso un’altra strada, Net Insurance ha proseguito per conto suo e ha realizzato la sua exit.
L’exit è avvenuta con Poste Italiane, altro gigante. Come ci si presenta davanti a un player così importante?
Con umiltà, ma anche con consapevolezza. Nel libro cito un principio che mi è caro: l’umiltà epistemica, il sapere di non sapere. Serve quando si redige un business plan, ma anche quando ci si confronta con realtà molto strutturate.
Tuttavia l’elemento centrale è la consapevolezza delle proprie specificità: competenze, visione, componenti tecnologiche e innovative che spesso non sono facilmente replicabili in grandi organizzazioni.
In molti settori l’acquisizione di startup da parte di grandi gruppi è la via naturale con cui si innesta energia innovativa. È successo anche con noi: il nostro valore era portare quel tipo di know-how e capacità di sviluppo. Quando questo c’è ed è riconosciuto, si costruisce un’operazione equilibrata, con un respiro di lungo periodo.

Guardando al sistema Italia, quanto pesa la scarsa cultura imprenditoriale e finanziaria?
Nel nostro Paese esisteva una fortissima cultura imprenditoriale, soprattutto negli anni del boom economico. Era diffusa la voglia di rischiare, crescere e affermarsi. Oggi quell’energia c’è ancora, ma in parte si è dispersa.
Parlando di imprenditorialità, occorre citare anche la bassa cultura finanziaria diffusa. Gli studi parlano chiaro: sappiamo poco di educazione finanziaria, strumenti, logiche e meccanismi. Questo frena la propensione al rischio e limita la capacità di trasformare le idee in impresa.
A questi due elementi aggiungerei un terzo aspetto citato in trasmissione: la visione di lungo periodo. L’impresa nasce per durare nel tempo, non ha scadenza. Ma richiede obiettivi intermedi, verifiche e correzioni. La cultura dello short-term non aiuta.
Quali sono stati i momenti chiave del percorso di Net Insurance?
Le svolte sono state diverse. Alcune sono state difensive, come la gestione del “cigno nero” legato alla frode finanziaria che ci colpì. Altre invece rappresentano il consolidamento della visione.
Ne cito una positiva: prima ancora della fusione tra la SPAC e il target Net Insurance, abbiamo siglato un accordo di bancassicurazione con Sparkasse, Cassa di Risparmio di Bolzano.
Il fatto che una banca regionale così importante ci abbia dato fiducia quando la compagnia di fatto ancora non esisteva è stato la prova concreta che ci avevamo visto giusto e che avevamo tutte le carte in regola per cogliere l’opportunità. Quell’accordo ha rappresentato una conferma decisiva.
Dopo l’exit, qual è la fotografia attuale di Net Insurance?
Nei tre anni successivi all’operazione, la società ha ulteriormente accelerato lo sviluppo e ha più che raddoppiato premi, utile e valore. È la dimostrazione che il progetto di exit era pensato in modo sano: non come atto conclusivo, ma come leva per generare ulteriore crescita e valore nel medio-lungo termine.
Sulla carta tutto tornava, ma la complessità organizzativa di un gruppo come Poste Italiane non permette mai di dare nulla per scontato. Posso dire che abbiamo superato anche le più rosee previsioni.
Il libro sembra anche uno strumento didattico. Si può fare impresa in Italia, nonostante lo scetticismo diffuso?
Sì, è possibile. I fatti lo dimostrano: in Italia le imprese nascono e crescono. Il punto è la comparazione: ne nascono meno di quante servirebbero, e meno rispetto a Paesi che non hanno nulla di più di noi in termini di risorse, storia e cultura.
L’asticella spesso è più alta per i motivi sbagliati: burocrazia e freni di sistema. Noi non li abbiamo incontrati e devo darne atto, anche nei passaggi con realtà pubbliche. Quando ci sono, vanno superati: si può saltare anche un’asticella da due metri.

Qual è oggi il suo sogno nel cassetto?
Non è il mio sogno assoluto, ma riguarda il libro. Voglio portarlo negli Stati Uniti. La patria delle startup, la principale potenza economica mondiale, sede delle prime università e dei maggiori ecosistemi dell’innovazione.
Non si tratta solo di traduzione, ma di personalizzazione per quel contesto. Alcuni dei fatti e soprattutto le “lessons learned” maturate da Net Insurance, credo possano essere di interesse anche lì. Sto già lavorando a questa prospettiva. L’anno prossimo potremmo ritrovarci con l’edizione americana.
In Evidenza
Imprenditoria femminile, l’Italia guida la classifica della lavoratrici indipendenti

Cooperative e pace, a Verona un confronto su diritti, giustizia e democrazia economica

Poste Italiane entra in PagoPA: acquisito il 49%, spinta alla digitalizzazione dei servizi pubblici

ESA-Com celebra 25 anni con 26 Comuni soci e 25 milioni di fatturato

L’economia che non fa rumore ma tiene insieme la società

Verona motore economico del Veneto: crescita, export e turismo in primo piano

Drivalia Italia rafforza la struttura: Remo Grosso nuovo Direttore Commerciale

Ricerca e sviluppo, Cariverona investe 1,2 milioni per giovani, imprese e transizione verde

Prezzi in aumento a Verona: inflazione all’1,3% a novembre, pesano alimentari e ristorazione



