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Ecco perché le città hanno bisogno dei loro grandi eventi

di Matteo Scolari
L'ultima puntata di Focus Verona Economia ha permesso di ragionare concretamente sull'importanza (economica e sociale) di avere manifestazioni di ampio respiro nei centri urbani e nelle città importanti come Verona.

Una città virtuosa e viva si misura anche dalla capacità di generare eventi, di accendere piazze, di creare occasioni di incontro, di economia, di bellezza condivisa. È la differenza tra una città che “subisce” il tempo e una città che lo guida.

Lo si è percepito chiaramente ascoltando i protagonisti della puntata di Focus Verona Economia: dal presidente del Comitato per Verona Luciano Corsi, al direttore di Confesercenti Alessandro Torluccio, fino all’assessora alle Manifestazioni Alessia Rotta. Ognuno di loro, pur con sensibilità diverse, hanno raccontato la stessa verità: gli eventi non sono un accessorio estetico. Sono una struttura portante della vita urbana e della sua economia.

Eventi come infrastrutture sociali

Una città che ospita manifestazioni importanti — dai mercatini alle fiere, dai festival alle cerimonie internazionali — è una città che costruisce relazioni. Le piazze si trasformano in spazi vissuti; le persone escono, si incontrano, si riconoscono. L’evento diventa un’infrastruttura sociale, non meno importante di una strada o di un ponte.

Corsi, che da quasi vent’anni guida la macchina dei Mercatini di Natale, lo ha spiegato con una chiarezza: prima dei mercatini, l’inverno veronese era un deserto turistico. Da fine Fieracavalli a marzo, si viveva in una città rallentata, quasi sospesa. L’arrivo dei mercatini ha cambiato tutto: ha creato un nuovo periodo turistico, ha acceso la città quando era più spenta, ha generato movimento, storie, lavoro. Un evento ben costruito diventa quindi un raccordo sociale, una lente attraverso cui la comunità si guarda e si racconta.

Luciano Corsi, presidente Comitato per Verona.

Il valore economico del “tempo condiviso”

C’è poi il tema dell’impatto economico. Non si tratta di cifre astratte: sono numeri che ricadono direttamente su ristoranti, alberghi, bar, tassisti, commercianti, guide turistiche, musei.
E soprattutto su quella micro-economia fatta di giovani universitari, lavoratori stagionali, tecnici e fornitori che trovano negli eventi un’opportunità reale di reddito.

Corsi ha stimato 30 milioni di euro di indotto soltanto dai Mercatini di Verona, calcolati con una metodologia essenziale: chi arriva, parcheggia, consuma, acquista. E se si parla di due milioni di visitatori — come ha ricordato la Questura — il conto cresce in modo esponenziale.

Torluccio ha aggiunto un tassello in più: gli eventi creano stagionalità, cioè quella continuità di lavoro che permette alle imprese di programmare, assumere, investire. Un territorio privo di eventi è un territorio che vive a strappi, senza ossigeno costante, incapace di garantire stabilità.

Alessandro Torluccio, direttore generale Confesercenti Verona.
Alessandro Torluccio, direttore generale Confesercenti Verona.

La città che si mostra è la città che cresce

L’assessora Rotta ha interpretato l’altra faccia del fenomeno: la dimensione identitaria e mediatica.
Verona, come molte città italiane, non ha solo il dovere di essere bella: ha il dovere di raccontarsi, di mostrarsi, di valorizzare ciò che la rende unica.

Un evento ben progettato diventa uno specchio che la città rivolge al mondo. E nel caso di Verona, l’occasione olimpica del 2026 rappresenta un amplificatore straordinario: cerimonie trasmesse in mondovisione, capi di Stato, delegazioni internazionali, e soprattutto un messaggio chiaro — questa città è in grado di ospitare, accogliere, emozionare. Quando un luogo si mette in scena, cresce anche la sua autostima collettiva. I cittadini si riappropriano della loro città, la vivono con orgoglio, la percepiscono come protagonista.

L’assessora Alessia Rotta.

Gli eventi come cura del territorio

C’è infine un elemento che spesso sfugge, ma che la puntata ha evidenziato con forza: l’impatto sociale. Dare spazio al volontariato, all’inclusione, all’accessibilità, come hanno raccontato Corsi e Torluccio, significa trasformare un evento da semplice attrazione turistica a patrimonio civico.

Un mercatino che impiega ragazzi fragili nel servizio di raccolta differenziata, che sostiene le associazioni, che elimina la plastica, che parla di sostenibilità, non è solo un’operazione commerciale:
è un atto educativo, un messaggio culturale, una forma di cura del territorio. E quando una città usa gli eventi per includere e non per escludere, allora sta facendo politica vera: quella che costruisce comunità.

Il futuro passa dalle piazze accese

In un tempo in cui molte città europee soffrono per la perdita di identità, per lo svuotamento dei centri storici, per un turismo spesso predatorio, il modello veronese — basato su equilibrio, sicurezza, qualità e programmazione — appare una via concreta e lungimirante.

Una città senza eventi è una città che si spegne. Una città che li coltiva è una città che cresce. Gli eventi non sono “intrattenimento”: sono politica urbana, sono economia reale, sono relazioni umane, sono il modo con cui le comunità si riconoscono e si proiettano nel futuro.

Verona lo ha capito. E oggi, mentre Piazza Bra brilla di luci e di voci, la città mostra la sua ambizione più grande: continuare ad essere un luogo dove le persone vogliono esserci. Perché una città viva è una città che non smette di stupire.

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