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Igor Gladich: «Il Soave è il vino bianco d’Italia, capace di unire storia e futuro»

di Matteo Scolari
Il direttore del Consorzio di Tutela Vini Soave e Reciotto di Soave racconta la forza di una denominazione che ha saputo rinnovarsi, puntando su sostenibilità, formazione e internazionalizzazione.

Nel cuore della viticoltura veronese, il Consorzio di Tutela Vini Soave e Reciotto di Soave rappresenta una delle denominazioni più storiche e strutturate d’Italia. Con 90 associati e oltre 50 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, di cui circa la metà destinate all’export, il Soave è oggi sinonimo di equilibrio tra tradizione, sostenibilità e mercato globale.
Il direttore Igor Gladich, alla guida del consorzio dal 2022, racconta un comparto in trasformazione, dove il rispetto per il territorio si fonde con una visione internazionale e una gestione sempre più orientata alla competitività.

Direttore, come descriverebbe il momento attuale per il settore vitivinicolo?

È una fase complessa ma anche ricca di opportunità. Viviamo un periodo di grande fluidità, condizionato da scenari geopolitici e commerciali globali che incidono sui mercati. Tuttavia, credo che le difficoltà vadano interpretate come occasioni per innovare e consolidare la nostra presenza nel mondo. I grandi produttori lo sanno bene: non possiamo permetterci di perdere fiducia, ma anzi dobbiamo guardare avanti con ottimismo e visione strategica.

Quali numeri descrivono oggi la realtà del Consorzio del Soave?

Siamo una delle denominazioni più rappresentative del panorama nazionale, con 90 aziende associate e circa 50 milioni di bottiglie l’anno. Il mercato interno pesa per il 50%, ma la restante metà è destinata all’export: Stati Uniti, Germania e Giappone sono tra i principali mercati di riferimento. Questo ci obbliga a ragionare in grande, con una pianificazione che tenga conto di dinamiche globali sempre più interconnesse con la realtà locale.

La vendemmia 2025 si è appena conclusa: che bilancio ne trae?

Positivo. È stata una vendemmia buona dal punto di vista quantitativo, leggermente superiore alle medie storiche. L’andamento climatico è stato altalenante, con un’estate stabile fino ad agosto, poi fenomeni grandinigeni e piogge più intense. Ma la forza del Soave sta nella solidità agronomica del suo territorio: abbiamo tecnici e agronomi capaci di gestire situazioni difficili e garantire un prodotto sempre coerente con gli obiettivi enologici. Anche in un’annata complessa, il risultato finale è stato all’altezza delle aspettative.

Il Soave può trarre vantaggio dai cambiamenti nei gusti dei consumatori?

Sì, il trend attuale favorisce vini più snelli, freschi e bevibili, e il Soave si colloca perfettamente in questa fascia. È un vino con una doppia anima: da un lato la piacevolezza immediata, dall’altro la capacità di evolvere nel tempo grazie alla Garganega, la varietà principale, che si raccoglie spesso fino a fine ottobre. Questo le conferisce struttura e longevità. È il vino bianco italiano più esportato negli Stati Uniti, ma non dobbiamo adagiarci: il mondo è pieno di bianchi leggeri e competitivi. Serve consapevolezza e programmazione per mantenere la nostra identità.

Sostenibilità e tutela del territorio sono temi centrali per il consorzio.

Assolutamente. Il Soave è stato inserito nella lista dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico Nazionale e riconosciuto dal programma internazionale GIAHS – Globally Important Agricultural Heritage Systems. Si tratta di un riconoscimento che va ben oltre l’aspetto ambientale: valorizza un modello di sostenibilità integrale, economica, sociale e paesaggistica.
Ma non è un traguardo, bensì un impegno continuo. In collaborazione con le università di Padova e Firenze, monitoriamo e aggiorniamo costantemente i parametri che ci hanno portato a questo riconoscimento, studiando temi come l’uso del suolo, la conservazione dei muretti a secco e la gestione dei terrazzamenti, elementi che definiscono l’identità delle nostre colline.

Avete avviato anche un’importante attività di formazione.

Sì, con la nostra Academy, nata la scorsa primavera, vogliamo trasferire conoscenze e strumenti concreti ai produttori. Il consorzio non è solo un ente di tutela, ma anche un punto di servizio e supporto per le aziende. Dobbiamo garantire competitività, aiutando i produttori a interpretare i mercati, comunicare meglio e innovare i processi produttivi. La formazione è la chiave per restare al passo e creare una denominazione sempre più solida.

Negli ultimi mesi avete organizzato anche un grande evento cittadino.

Sì, dopo alcuni anni a Soave, abbiamo scelto di riportare l’evento annuale a Verona, nella splendida cornice del Circolo Ufficiali di Castelvecchio. È stata una scelta strategica, accolta con entusiasmo: oltre 40 aziende partecipanti e ospiti di rilievo internazionale, come Jeff Porter di Wine Enthusiast, che ha riconfermato il valore del Soave sul mercato statunitense.
Questi eventi servono a far incontrare produttori, stampa e operatori, ma anche a promuovere un’immagine di Verona come capitale del vino bianco italiano.

Guardando al futuro, quali sono le priorità per il consorzio?

Stiamo già lavorando alle grandi fiere del 2026 — Wine Paris, ProWein, Vinitaly — con l’obiettivo di creare momenti utili e sostenibili per le aziende. Le risorse sono sempre più limitate, quindi dobbiamo puntare su eventi più mirati, concreti e di valore commerciale. L’obiettivo è dare alle imprese strumenti reali per affrontare la competizione globale, non solo visibilità. Preferisco un Vinitaly più piccolo ma più efficace, dove ogni partecipazione generi un ritorno tangibile.

Chiudiamo con il Recioto di Soave, una piccola eccellenza identitaria.

È un vino di nicchia, circa 150.000 bottiglie l’anno, ma rappresenta le nostre radici più autentiche. La tecnica dell’appassimento è parte della storia della denominazione e ha contribuito anche al riconoscimento del GIAHS. Oggi i vini dolci vivono un momento difficile, ma il Recioto di Soave resta un patrimonio prezioso, un legame affettivo con la tradizione e con la memoria del territorio.
In tempi di cambiamento, ci ricorda che le cose belle e autentiche vanno custodite con cura.

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