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ASPECO, via al welfare dell’Ovest veronese: confronto a Sona tra SPI CGIL e amministratori

di Matteo Scolari
Dal 2026 la gestione diretta dei servizi sociali passerà all’Azienda Speciale Consortile dei 37 Comuni. Sindacati: «Percorso pubblico, omogeneità dei servizi e tutele per i lavoratori».

Il 29 ottobre, nella Sala Consiliare del Comune di Sona, si è svolto l’incontro pubblico “Le proposte del Sindacato SPI CGIL a confronto con l’ATS ASPECO Ovest Veronese”, che ha visto un dialogo aperto tra rappresentanti del sindacato e amministratori locali sulla nascita dell’Azienda Speciale Consortile Ovest Veronese (ASPECO), il nuovo soggetto pubblico che dal 2026 gestirà direttamente i servizi sociali dei 37 Comuni del Distretto 4. Alla tavola rotonda hanno partecipato Gino Ferraresso, del Dipartimento Socio Sanitario e Contrattazione Sociale Territoriale SPI CGIL Verona, Massimo Giacomini, responsabile della costituenda ATS, Francesca Tornieri, segretaria generale CGIL Verona, Adriano Filice, segretario generale SPI CGIL Verona, e Floriano Zanoni, della Lega SPI CGIL Valpolicella.

I relatori dell’incontro.

L’appuntamento ha rappresentato un momento di approfondimento su un cambiamento considerato epocale per il welfare territoriale, legato all’attuazione della Legge Regionale 9/2024, che prevede la creazione, in ogni ambito territoriale, di un ente con personalità giuridica pubblica per la gestione associata delle politiche sociali. ASPECO sarà quindi una realtà interamente pubblica, nata dalla scelta dei Comuni di superare il modello di delega all’Ulss 9 Scaligera, attivo da oltre trent’anni, per costruire una governance autonoma e coordinata capace di garantire maggiore efficienza, prossimità e uniformità dei servizi.

Durante l’incontro, Massimo Giacomini ha spiegato che la nuova azienda, con sede legale a Sona, rappresenterà oltre 300.000 cittadini e costituirà uno dei sei ambiti più popolosi del Veneto. Entro il 1° dicembre dovrà essere approvata da tutti i Consigli comunali la delibera relativa a Statuto e Convenzione Programmatica, mentre a metà dicembre è prevista la firma notarile per la costituzione definitiva. Dal 2026, l’Azienda potrà iniziare la gestione diretta dei servizi oggi ancora affidati all’Ulss. L’articolazione territoriale sarà suddivisa in cinque aree – Lago, Caprinese-Valdadige, Valpolicella, Morenica e Pianura – e il futuro Consiglio di Amministrazione conterà dodici membri, con un sistema di voto che bilancia peso demografico e parità istituzionale dei Comuni.

Giacomini ha ricordato che lo Statuto e la Convenzione sono frutto di un lavoro di mesi, coordinato da amministratori e tecnici, e che il simbolo scelto per l’azienda, un albero stilizzato dai cinque colori, rappresenta le radici comuni e la crescita condivisa del territorio. «È stato un percorso faticoso ma necessario – ha spiegato –. Ora dobbiamo affrontare la seconda fase, quella più operativa, con perseveranza e senso di responsabilità».

Alcuni degli ospiti intervenuti all’incontro.

Dal fronte sindacale, i rappresentanti della CGIL e dello SPI hanno espresso sostegno al progetto, ma anche la richiesta di mantenere salda la natura pubblica e partecipata della nuova governance. «Mettere insieme trentasette Comuni è una grande opportunità – ha detto Gino Ferraresso – ma il processo deve restare pubblico. La direzione e la programmazione devono essere gestite dal pubblico e servono risorse vere per garantire i servizi. Non basta riconoscere i problemi, bisogna dire dove reperire i fondi per affrontarli».

Francesca Tornieri ha posto l’accento sulla necessità di regole chiare e di un coinvolgimento costante delle rappresentanze sindacali, ricordando la differenza tra la funzione delle categorie e quella confederale. «Siamo in una fase embrionale – ha sottolineato – ma è ora che vanno fissate le regole. Questa è un’occasione per rivalorizzare il pubblico e tutelare lavoratrici e lavoratori nella transizione».

L’intervento di Francesca Tornieri.

Adriano Filice ha richiamato l’attenzione sulla disomogeneità attuale dei servizi sociali nei diversi Comuni e sull’importanza di garantire equità ed efficienza: «Ci sono territori dove un servizio costa zero e altri dove costa dieci. L’ATS deve assicurare omogeneità, continuità contrattuale e qualità delle prestazioni. Costruiamo il futuro, non un ulteriore baraccone burocratico. Solo così potremo migliorare la condizione dei cittadini più fragili, dagli anziani non autosufficienti alle persone con disabilità».

Filice ha ricordato anche come il decreto interministeriale del 24 giugno 2025 abbia chiarito la posizione giuridica dei lavoratori, che rimarranno in regime di pubblico impiego ai sensi del D.Lgs. 165/2001, garantendo continuità contrattuale e tutele.

Floriano Zanoni, portando la voce della Lega SPI CGIL Valpolicella, ha descritto l’esperienza di confronto con gli otto Comuni del territorio, definendola “un’occasione di crescita collettiva” e sottolineando la necessità di superare la rassegnazione sociale di cittadini e amministratori di fronte alle difficoltà. «Troppo spesso i cambiamenti passano sopra la testa delle persone – ha spiegato –. È fondamentale informare, coinvolgere e costruire consapevolezza. Solo così il nuovo sistema potrà diventare patrimonio condiviso e non calato dall’alto».

Nel corso del dibattito si è parlato anche del rapporto tra pubblico e privato, con più interventi che hanno messo in guardia dal rischio di una progressiva privatizzazione dei servizi sociali e sanitari. «L’ATS dovrà essere un baluardo – ha ribadito Ferraresso –. Programmazione pubblica e servizi pubblici devono restare i cardini di questo modello, in un momento in cui la sanità tende sempre più a spostarsi verso il privato».

Il pubblico presente in sala.

Sul piano operativo, i sindacati hanno chiesto di consolidare il lavoro avviato con patronati e CAF, che in molti casi rappresentano un presidio di prossimità e ascolto delle fragilità, e di promuovere un coordinamento costante tra Comuni, operatori e cittadini. L’obiettivo condiviso è quello di costruire un welfare più vicino alle comunità locali, in grado di leggere i bisogni, anticipare le trasformazioni sociali e fornire risposte efficaci e sostenibili.

Il nuovo ente, una volta a regime, dovrà occuparsi di uniformare regolamenti e modalità di accesso ai servizi, aggiornare il piano di zona e garantire una programmazione economica equilibrata. Giacomini, nel suo intervento finale, ha chiarito che l’“euro simbolico” previsto per statuto è un accantonamento tecnico e non potrà coprire i costi di gestione, che dovranno invece essere affrontati con una pianificazione pluriennale condivisa.

La nascita di ASPECO coinvolge trentasette Comuni dell’Ovest Veronese – da Malcesine a Erbè, da Bardolino a Isola della Scala – che hanno scelto di unire le forze per dare vita a un modello di welfare più efficiente, equo e coeso. Come ha sintetizzato Filice in chiusura, «siamo solo all’inizio di una storia, ma possiamo esserne protagonisti se sapremo fare rete tra istituzioni, lavoratori e cittadini».

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