Federica Zanini: «Il marmo è una materia viva, con cui non si smette mai di imparare»
di Matteo ScolariAlla vigilia della 59ª edizione di Marmomac, anche il Consorzio Valdipan si prepara a vivere giornate intense di confronto e relazioni. Con Federica Zanini parliamo di mercati internazionali, sostenibilità, formazione e del valore di un comparto che, in Valpantena, ha portato benessere e occupazione per decenni.
Federica, che ruolo avrà il Consorzio Valdipan a Marmomac 2025?
Saremo presenti insieme al Verona Stone District, nel Padiglione 6, insieme ad ASMAVE e Confimi Apindustria. Marmomac è un appuntamento immancabile: non solo per fare il punto sui mercati, ma soprattutto come occasione di incontro e di confronto. Quest’anno più che mai sarà un hub di dialogo, con un cartellone di appuntamenti che abbiamo organizzato anche come consorzio.
Il mercato americano e quello tedesco, da sempre di riferimento, stanno attraversando una fase complessa. Quali sono le prospettive?
Negli Stati Uniti la situazione è instabile: gli stessi americani si percepiscono insicuri, e questo si riflette negli acquisti. In Germania, mercato trainante in Europa, da mesi i dati sono piuttosto cauti. Nonostante ciò, molte aziende del nostro distretto reagiscono con spirito proattivo: c’è chi esplora nuovi mercati attraverso fiere internazionali e incontri B2B, e chi investe nel rinnovo tecnologico dei macchinari, migliorando la produzione. Tutto questo rafforza il concetto di made in Italy, che per noi non è solo un marchio ma un valore concreto.
Il know-how veronese resta un punto di forza. In che modo fa ancora la differenza?
La differenza la facciamo sul saper fare: nelle lavorazioni, nell’inventare nuove formule per proporre i prodotti, soprattutto ai clienti stranieri. È un mix di tecnologia e artigianalità che rimane il nostro punto forte, ciò che ci distingue dai competitor internazionali.
Il consorzio ha compiuto 40 anni. Uno dei progetti simbolo è la cava di Orsara: ce ne parla?
Il consorzio è nato nel 1984 proprio per gestire i residui di lavorazione. Dal 2009 gestiamo il recupero ambientale nella cava di Orsara: man mano che procede l’escavazione, ripristiniamo la morfologia originaria del territorio. È un lavoro lungo, che si inserisce in una visione di economia circolare. Grazie alla lungimiranza del presidente Renato Dal Corso, abbiamo avviato da oltre 15 anni collaborazioni con l’Università di Padova per trovare soluzioni innovative all’utilizzo dei residui. Abbiamo già raggiunto risultati interessanti, ma serve tempo e sostegno normativo e finanziario per renderli concreti.
Sostenibilità e ricerca saranno al centro anche di un vostro evento in fiera?
Sì, il 24 settembre alle 15 abbiamo organizzato un incontro con l’Università di Padova e l’Università di Verona. Sarà un momento di confronto tra centri di ricerca, ma anche di dialogo con cittadini e operatori: vogliamo dimostrare che le aziende non sono ferme a cinquant’anni fa, ma lavorano per diventare sempre più sostenibili.
Un altro tema centrale è la difficoltà a trovare manodopera. Come si può attrarre i giovani verso questo settore?
È vero, c’è difficoltà. Ma abbiamo un’eccellenza: la Scuola del Marmo, che sosteniamo e con cui stiamo ragionando su come attrarre più giovani. Lavorare nel marmo oggi è diverso rispetto al passato: l’ambiente è più sicuro, meno polveroso, con macchinari e software avanzati che richiedono competenze informatiche. E poi il bello è che si lavora con una materia viva: ogni blocco è diverso dall’altro, non si smette mai di imparare e questo può essere molto affascinante per chi cerca un mestiere creativo e dinamico.
Guardando alla storia della Valpantena, che valore ha avuto il comparto marmo per il territorio?
Dal dopoguerra in avanti, il settore ha portato benessere alle famiglie e trasformato il territorio anche dal punto di vista economico. Oggi le aziende sono meno numerose, ma restano una realtà importante per l’occupazione. E non è escluso che in futuro nascano nuove opportunità di lavoro sempre legate al marmo.
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