Verona, Irpef media 5.583 euro, reddito 25.792 euro. Milano la città più «tartassata»
di Matteo ScolariMilano guida la classifica italiana dei contribuenti con Irpef media netta 8.846 euro, davanti a Roma (7.383) e Monza-Brianza (6.908). All’estremo opposto la Sud Sardegna con 3.619 euro; la media nazionale si ferma a 5.663 euro. Lo rileva l’Ufficio Studi CGIA di Mestre, elaborando i dati MEF sull’anno d’imposta 2023. In Veneto, Padova è la provincia più “pesante” con 6.098 euro, seguita da Treviso 5.701, Vicenza 5.634, Verona 5.583, Venezia 5.431, Belluno 5.232 e Rovigo 4.718. Verona si colloca 30ª per Irpef media tra le 107 province italiane, in linea con un territorio che resta nel gruppo di testa per solidità fiscale e reddituale.
La mappa dell’Irpef riflette, com’era prevedibile, la geografia dei redditi medi. Milano è anche la più ricca con 33.604 euro di reddito complessivo medio, davanti a Bologna (29.533), Monza-Brianza (29.455) e Lecco (28.879). Nel Veneto i redditi provinciali oscillano tra Padova 27.113, Vicenza 26.263, Treviso 26.172, Venezia 25.498, Belluno 25.358, Verona 25.792 e Rovigo 23.062. In classifica redditi Verona è 31ª con 25.792 euro. A Nord i territori con Irpef più alta coincidono con redditi più elevati e – sottolinea CGIA – con una qualità dei servizi pubblici generalmente superiore.

Resta marcata la frattura Nord-Sud: nel Mezzogiorno la prima realtà per livello di prelievo e reddito è Cagliari (25ª per Irpef e 46ª per reddito), mentre la quota di contribuenti sotto la media nazionale di reddito (24.830 euro) supera ovunque il 70%. In Calabria il dato tocca il 77,7%. Il Veneto si conferma nettamente sopra la media: i contribuenti “sotto media” sono il 63,5%, meglio della media Italia (65,9%).
Lo studio fornisce anche una fotografia della platea dei contribuenti. Verona conta 721.821 soggetti Irpef (di cui 231.527 lavoratori dipendenti, 28.254 pensionati, 35.705 autonomi), decima provincia italiana per numerosità. Nel Veneto il primato spetta a Padova (711.543), seguita da Treviso (674.300), Venezia (653.537) e Vicenza (659.252), mentre Verona si conferma hub fiscale e produttivo di primissimo piano per il Nordest.
Capitolo pressione fiscale: il DEF 2025 stima per quest’anno un livello al 42,7% del PIL, in lieve aumento di 0,1 punti sul 2024. CGIA precisa però che l’incremento è principalmente statistico: la decontribuzione 2024 è stata sostituita da una misura che combina sconti Irpef e bonus per i redditi più bassi. Poiché il bonus è contabilizzato come maggiore spesa (e non come minore entrata), “appesantisce” il rapporto, facendo apparire più alta la pressione. Al netto di questo effetto, il 2025 si collocherebbe attorno al 42,5%. Il recente buon andamento del gettito è legato anche a rinnovi contrattuali, arretrati nel pubblico impiego, più occupati e alla crescita delle imposte sostitutive sui redditi da capitale.

Quanto alle nuove imposte, CGIA valuta modesto l’impatto sul totale: tra gli interventi si segnalano l’aumento della tassazione sui tabacchi, alcuni ritocchi IVA su prodotti per infanzia/igiene femminile, l’imposta sostitutiva sulla rivalutazione di terreni e partecipazioni (2024), limature a detrazioni per redditi elevati, regole più stringenti su cripto-attività e la riduzione delle detrazioni per ristrutturazioni ed efficienza energetica nel 2025.
Per Verona e il Veneto il quadro conferma dunque fundamentals solidi: redditi medi sopra la media nazionale, Irpef in linea con la capacità contributiva e una platea ampia di contribuenti che sostiene la tenuta dei conti. In prospettiva, la lettura “corretta” della pressione fiscale – depurata dagli effetti contabili – suggerisce che il carico reale sul contribuente non è aumentato in modo significativo, lasciando spazi a politiche di attrazione di investimenti e di rafforzamento dei servizi che nel Nordest fungono da volano per competitività e occupazione qualificata.
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