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Banca d’Italia: economia veneta in crescita debole, ma famiglie e turismo trainano la ripresa

di Matteo Scolari
Nel 2024 il Pil del Veneto è salito dello 0,5%, sotto la media nazionale, con segnali di fragilità legati alla manifattura e all’export. Bene edilizia, turismo e stabilità occupazionale, mentre consumi e redditi familiari beneficiano del calo dell’inflazione.

Presentato nelle scorse settimane a Venezia il nuovo rapporto “L’economia del Veneto” a cura della Banca d’Italia, che analizza l’andamento del 2024 e le prime tendenze del 2025. Il quadro generale evidenzia una crescita limitata del Pil regionale (+0,5%), inferiore al dato nazionale (+0,7%), segnale di un rallentamento in un contesto segnato da incertezze internazionali e da tensioni geopolitiche.

Secondo l’Indicatore Trimestrale dell’Economia Regionale (ITER), il prodotto ha mantenuto un incremento lieve ma positivo, mentre l’indice Ven-ICE, che misura la dinamica di fondo dell’economia veneta, è rimasto in territorio negativo nel 2024 a causa della contrazione della manifattura, per poi tornare leggermente positivo nei primi mesi del 2025.

Le difficoltà hanno riguardato soprattutto l’industria manifatturiera: la produzione è scesa dell’1,4%, con cali diffusi nei comparti tradizionali e un impatto marcato sul sistema moda. In controtendenza, hanno invece registrato un incremento alimentari e bevande. Il fatturato reale delle imprese è diminuito e si è accentuata la riduzione degli investimenti, pur meno marcata rispetto alle previsioni iniziali.

Un operaio impegnato in una fabbrica manifatturiera.

Anche le esportazioni hanno segnato un andamento peggiore della media nazionale, penalizzate dal rallentamento della Germania, principale partner commerciale del Veneto. Gli Stati Uniti hanno rappresentato il 9% delle vendite regionali, soprattutto in settori chiave come occhialeria, vino e gioielleria, particolarmente esposti alle misure tariffarie restrittive.

In controtendenza il comparto edile, che ha visto crescere l’attività grazie agli interventi di riqualificazione abitativa, al PNRR e ai lavori in preparazione dei Giochi Olimpici Invernali 2026. Molto positiva anche la dinamica del turismo, trainato dalla forte ripresa della componente straniera e dal boom di pernottamenti in strutture extra-alberghiere. Le città d’arte hanno recuperato i livelli di presenze pre-Covid, mentre le località termali restano ancora sotto i numeri del 2019.

Un cantiere edile.

Il mercato del lavoro ha mostrato un sostanziale equilibrio: dopo due anni di crescita sostenuta, l’occupazione è rimasta stabile, con cali nei servizi (commercio, alberghi, ristorazione) e aumenti in industria e costruzioni. Il saldo occupazionale resta positivo, seppure ridotto di un terzo rispetto al 2023.

Sul fronte aziendale, nonostante il contesto difficile, i risultati reddituali sono rimasti nel complesso positivi e la struttura finanziaria più solida rispetto al passato, grazie a minore indebitamento, redditività in crescita e maggiore disponibilità di liquidità. La domanda di credito da parte delle imprese si è ridotta, frenata dagli investimenti contenuti e dall’abbondanza di riserve, mentre il costo dei prestiti ha beneficiato della discesa dei tassi ufficiali.

Per le famiglie venete, il 2024 si è chiuso con un aumento di redditi e consumi in termini reali, sostenuto dal calo dell’inflazione (1,3%). Sono cresciuti i mutui immobiliari e le compravendite, così come i depositi bancari. Anche il credito al consumo ha mostrato una ripresa, pur limitata.

Sul fronte bancario, è proseguita la razionalizzazione delle filiali, favorita dalla digitalizzazione e dall’uso crescente di sistemi di pagamento elettronici. La qualità del credito si è mantenuta nel complesso buona, con solo un lieve aumento dei prestiti deteriorati alle imprese.

Pos per il pagamento con carte di credito.

Infine, la finanza pubblica decentrata del Veneto si conferma più solida rispetto alla media delle regioni a statuto ordinario. La spesa è cresciuta, trainata dagli investimenti comunali in opere pubbliche legate al PNRR e dall’aumento dei costi sanitari, dovuti sia al personale che ai beni e servizi acquistati.

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