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Acque Veronesi: da gestore idrico a custode dell’acqua e del territorio

di Matteo Scolari
Con un piano da 390 milioni di euro e una strategia che unisce innovazione tecnologica, tutela ambientale e impegno sociale, l’azienda veronese guidata da Roberto Mantovanelli punta a diventare un modello di gestione sostenibile dell’acqua.

Acque Veronesi sta vivendo una profonda trasformazione, passando da semplice gestore tecnico della rete idrica a vero e proprio custode dell’acqua e del territorio veronese. Con un piano di investimenti e innovazione da centinaia di milioni di euro, l’azienda punta a un futuro più sostenibile, resiliente e attento alle comunità locali. Ne abbiamo parlato con il presidente Roberto Mantovanelli, ospite del format Obiettivo Sostenibilità.

Presidente, Acque Veronesi ha pubblicato il suo ottavo bilancio di sostenibilità e si appresta a redigere il primo piano di sostenibilità. Cosa significa per voi questo percorso?

È un passo fondamentale. La sostenibilità è nel DNA della nostra azienda: gestire l’acqua implica ragionare da sempre in termini di tutela e responsabilità. Con il piano di sostenibilità 2025 stiamo completando una trasformazione culturale e identitaria che ci porterà a diventare sempre più un gestore a 360 gradi della risorsa idrica, non solo un fornitore di servizi tecnici.

Il vostro slogan “Custodi dell’acqua” è quindi molto più di un claim?

Assolutamente sì. Essere custodi significa coinvolgere tutti: i nostri dipendenti, ma anche i cittadini veronesi. Acque Veronesi è una società interamente pubblica, appartiene alla comunità. Per questo sentiamo il dovere di rendicontare e condividere in maniera trasparente il nostro lavoro. Portiamo questo messaggio in scuole, eventi sportivi e culturali. Penso ad esempio alla collaborazione con Straverona, dove ogni anno grazie ai nostri erogatori collegati alla rete idrica evitiamo l’uso di circa 14.000 bottigliette di plastica, o al dietro le quinte dell’Arena Opera Festival, dove forniamo acqua per il personale e riduciamo rifiuti e emissioni.

Quali strumenti utilizzate per concretizzare questo impegno?

Due leve: investimenti e innovazione. Abbiamo varato un piano da 390 milioni di euro in sei anni, che riguarda acquedotto, fognature e depurazione. Grazie anche ai fondi del PNRR, abbiamo potuto accelerare molti interventi strategici e alleggerire il peso sulle bollette dei cittadini. Ci sono progetti innovativi come DRIVER, la digitalizzazione della rete idrica veronese, che prevede l’installazione di 500 strumenti di telecontrollo e 7.000 contatori smart su 2.000 km di rete. Questo ci permetterà di ridurre le perdite d’acqua e ottimizzare consumi ed efficienza.

Anche la depurazione è un settore in evoluzione?

Sì. Stiamo realizzando un impianto per l’essiccamento dei fanghi che ridurrà volumi e costi di smaltimento e aumenterà la produzione di biogas. Abbiamo affiancato anche un impianto fotovoltaico che coprirà oltre il 60% del fabbisogno energetico del depuratore cittadino. L’obiettivo europeo è arrivare al 100% di autosufficienza energetica, e ci stiamo lavorando.

C’è anche una dimensione sociale nel vostro lavoro, come dimostra il progetto per portare l’acqua alle malghe della Lessinia.

Sì, è un progetto importante da 7 milioni di euro, finanziato con fondi dei Comuni di confine. Portare acqua potabile alle malghe non è solo una sfida ingegneristica, ma un intervento strategico per sostenere l’economia montana e contrastare lo spopolamento. Senza acqua non c’è sviluppo né presidio del territorio, e questo aumenta il rischio di dissesto idrogeologico. La nostra missione è anche garantire futuro alle comunità locali.

In sintesi, che ruolo vuole avere Acque Veronesi per il territorio?

Vogliamo essere un soggetto che protegge la risorsa acqua, innova le infrastrutture e contribuisce al benessere sociale ed economico. La sostenibilità non è un’opzione: è la nostra direzione di marcia.

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