OPS Unicredit, Fratta Pasini: «Nel mio mondo non si vinceva, si convinceva»
di Matteo ScolariDurante l’incontro “Community Bank” tenutosi questa mattina nella suggestiva cornice della Biblioteca Capitolare di Verona, accanto a Banco BPM era presente anche la Fondazione Banca Popolare di Verona. Abbiamo intervistato il presidente Carlo Fratta Pasini, figura storica del sistema bancario veronese ed ex presidente del Banco Popolare prima della fusione con BPM. Al centro della riflessione, il legame con il territorio, il sostegno alla cultura e una visione critica nei confronti delle operazioni ostili come quella proposta da Unicredit.
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Presidente, oggi siete qui insieme a Banco BPM per ribadire la vicinanza al territorio.
Sicuramente sì. Siamo il braccio operativo del gruppo per quanto riguarda Verona e il Triveneto, nell’ambito delle attività di erogazione. Attività che non si sono mai interrotte e che oggi traggono giovamento dall’aumento dei dividendi e dalla solidità economica e finanziaria della banca. Stiamo crescendo in modo fisiologico insieme a Banco BPM.
Questa sera il Nabucco in Arena. La Fondazione ha aderito anche al progetto 67 Colonne: si fa cultura attraverso l’opera?
Lo abbiamo fatto per due motivi. Il Banco ha dato un contributo insostituibile alla nascita della Fondazione Arena di Verona, anche sotto il profilo economico. Non potevamo continuare quel sostegno per sempre, ma la vicinanza iniziale ci ha portati ad aderire con convinzione al progetto 67 Colonne, in cui abbiamo un ruolo rilevante, accanto ai fondatori storici come Sandro Veronesi e Gianluca Rana.
Il 2024 è stato un anno positivo anche per la Fondazione?
Sì, un buon anno. Abbiamo potuto svolgere la nostra attività senza intaccare il patrimonio o compromettere le prospettive di erogazione futura. L’attenzione è andata in primis al sociale, ma anche alla cultura, all’istruzione, allo sport. Sono ambiti di pubblico interesse che ci vedono presenti, per quanto le risorse lo permettano, in un territorio fortunatamente attivo e propositivo.
Il contesto internazionale è complesso e i bisogni cambiano. Come si adatterà la Fondazione nei prossimi anni?
La nostra attività dipende direttamente da Banco BPM. Dare risposte prescindendo dal futuro della banca, che sta attraversando un momento cruciale, non sarebbe serio. L’auspicio è che la storia del gruppo – una storia che dura da oltre un secolo – possa continuare, e con essa il ruolo della Fondazione nei territori di riferimento, anzi, possa crescere ulteriormente.
Un parere sull’OPS lanciata da Unicredit?
Guardi, oggi purtroppo vanno di moda guerre e ostilità. Io vengo da un mondo in cui le operazioni ostili praticamente non esistevano. Si costruiva una banca più grande con la diplomazia, la convinzione, l’assenso. Non si vinceva, ma si convinceva. Tutte cose che, evidentemente, oggi non esistono più. Non posso esprimere giudizi su un mondo troppo diverso da quello che ho conosciuto.
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