EcoLoop, ingegneria e innovazione al servizio dell’ambiente
di RedazioneNella nuova puntata di Obiettivo Sostenibilità 2025, il format quotidiano condotto da Matteo Scolari su Radio Adige TV e promosso da Verona Economia, con il supporto di Vetrocar, ForGreen, UniCredit e la partnership tecnica di IPLUS, protagonista è Marta Dai Prè, cofondatrice della startup EcoLoop, società benefit specializzata in sostenibilità ambientale, misurazione dell’impatto e innovazione.
Marta, come nasce EcoLoop e qual è il suo legame con Plumake?
EcoLoop nasce nel 2024, ma le sue radici affondano in un’esperienza precedente, quella di Plumake, un’azienda attiva da oltre dieci anni a Grezzana nel settore dell’automazione e della robotica. Proprio grazie al confronto con i clienti, è nata l’idea di aprire un nuovo filone dedicato alla sostenibilità. Abbiamo deciso di investire in una nuova realtà, più focalizzata su questi temi, ed è così che è nata EcoLoop.
Avete scelto da subito la forma di società benefit.
Sì, perché volevamo essere i primi a credere nella sostenibilità anche nel nostro modello organizzativo. Abbiamo recentemente pubblicato il nostro primo bilancio di sostenibilità, disponibile online, redatto secondo il modello GRI e integrato con quello del Bene Comune, che rappresenta uno dei nostri pilastri valoriali.
Chi c’è dietro EcoLoop?
Siamo un team di otto professionisti con competenze molto diverse: ingegneri, tecnici, esperti di comunicazione. C’è chi proviene dall’edilizia, chi dai materiali, chi dal calcolo e dalla progettazione. Abbiamo un approccio ingegneristico: tutto parte sempre dai numeri, dalle misure, dalla fotografia dell’esistente.
Qual è la mission di EcoLoop?
Rendere tangibile l’impatto ambientale per abilitare la trasformazione sostenibile delle organizzazioni e dei territori. Crediamo che tutti, nel proprio ambito, possano fare qualcosa per migliorare la situazione ambientale. Il nostro compito è misurare, semplificare, rendere comprensibile l’impatto e offrire strumenti per ridurlo.
In che modo accompagnate le aziende in questo percorso?
Iniziamo sempre dalla misurazione: analizziamo com’è oggi l’azienda, il prodotto o il territorio. Applichiamo le normative ISO, realizziamo carbon footprint di prodotto e organizzazione, LCA, EPD. Oggi le richieste arrivano da tanti settori diversi: l’edilizia, spinta dai CAM, ma anche l’alimentare e la GDO.
Avete sviluppato anche strumenti digitali per facilitare la raccolta dati?
Sì, stiamo completando una piattaforma digitale che permette alle aziende di raccogliere dati in modo strutturato e visualizzarli tramite dashboard personalizzate. Questo permette di capire quali “manopole” girare per migliorare l’impatto ambientale. Quando le aziende vedono i risultati, si appassionano: ci chiedono cosa migliorare, cosa cambiare per ottenere performance migliori l’anno successivo.
Avete anche una componente sperimentale e di ricerca. Di cosa si tratta?
Ci piace sviluppare soluzioni nature-based, come impianti pilota per la produzione di biochar o di ombricompost. Sono progetti che portiamo avanti grazie a bandi del PNRR e dell’Unione Europea, sempre con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale e trovare soluzioni concrete a problemi reali.
Ci puoi raccontare qualcosa del progetto Hummus?
È un’iniziativa partecipativa nata a Grezzana, dove abbiamo coinvolto scuole, istituzioni e il Comune. Rientra nel programma europeo Circular Hummus, ed è un esempio concreto di rigenerazione locale. Il nostro approccio si basa su tre fasi: misura, riduci, rigenera. E infine, comunichiamo, aiutando le aziende a evitare errori di greenwashing e a certificare le proprie azioni reali.
Quali altre esperienze significative avete maturato?
Abbiamo accompagnato aziende come Ferrari BK nella realizzazione della loro prima EPD, necessaria per partecipare a gare pubbliche. Collaboriamo anche con enti pubblici, come nel caso del Climate Expo insieme al Comune di Grezzana. E ci confrontiamo quotidianamente con aziende che devono affrontare richieste come il protocollo GHG.
La normativa sta cambiando velocemente. Come si stanno adattando le imprese?
All’inizio vedono la sostenibilità come un obbligo. Poi, quando scoprono che è anche un’opportunità per accedere a nuovi mercati, iniziano a prenderla sul serio. Abbiamo clienti che non potevano vendere senza la dichiarazione ambientale di prodotto. Una volta compreso il valore, molti decidono di strutturarsi per rendere il processo continuativo.
Avete anche ricevuto un importante riconoscimento europeo. Di cosa si tratta?
Sì, a dicembre 2024 siamo stati selezionati tra le 25 top company europee nell’ambito del progetto F6, per l’impatto positivo generato in termini di sostenibilità e carbon footprint. Un traguardo che ci rende orgogliosi e che conferma la validità del nostro approccio.
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