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Referendum, Tornieri: «È un momento democratico di straordinaria importanza»

di Matteo Scolari
La segretaria generale di CGIL Verona è intervenuta negli studi di Verona Network per un confronto sui temi referendari dell'8 e 9 giugno.

Francesca Tornieri, segretaria generale di CGIL Verona, ha partecipato alla puntata di Focus Verona Economia del 30 maggio, dedicata ai referendum dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza. Quattro quesiti referendari su cinque sono stati promossi proprio dalla CGIL. Tornieri ha spiegato le motivazioni del sindacato e illustrato nel dettaglio le ragioni del ai quesiti proposti.

Qual è l’importanza di questo referendum secondo la CGIL?

È un momento democratico di straordinaria importanza. Il referendum può incidere direttamente su scelte normative che, nel tempo, hanno penalizzato la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Non sarà una soluzione totale, ma potrà intervenire su aspetti cruciali, restituendo centralità al tema del lavoro nella politica. È il frutto di un lungo percorso, iniziato con la raccolta di un milione di firme. La democrazia va praticata, e il voto è lo strumento per farlo. Ricordiamo che nel 2026 ricorreranno gli ottant’anni dal diritto di voto alle donne: per questo, ogni invito istituzionale all’astensione è per noi inaccettabile.

Partiamo dal primo quesito, che riguarda il reintegro in caso di licenziamento illegittimo. Di cosa si tratta?

L’obiettivo è eliminare la discriminazione tra i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015, introdotta dal Jobs Act. I primi, in caso di licenziamento illegittimo, possono essere reintegrati. I secondi hanno solo diritto a un’indennità economica. Vogliamo che sia il lavoratore a decidere se tornare sul posto di lavoro o ricevere un’indennità. La norma non reintroduce il vecchio articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma una versione più limitata, quella modificata dalla legge Fornero nel 2012. È una questione di dignità: chi viene licenziato ingiustamente, e magari ha 50 anni e poche chance di ricollocarsi, deve poter scegliere di rientrare.

Il secondo quesito riguarda i licenziamenti nelle piccole imprese. Qual è la proposta?

Parliamo delle aziende con meno di 16 dipendenti, dove oggi il risarcimento massimo è sei mensilità, anche in caso di licenziamento illegittimo. Chiediamo di abrogare questo tetto, lasciando al giudice la possibilità di valutare l’indennità in base alle condizioni economiche dell’azienda e del lavoratore. Anche qui, la Corte Costituzionale ha sollecitato il legislatore a intervenire. Non si può presumere che un’azienda piccola sia automaticamente fragile economicamente. Diamo ai giudici gli strumenti per valutare caso per caso.

Il terzo quesito affronta il tema dei contratti a termine. Cosa propone la CGIL?

Si chiede di reintrodurre le causali per i contratti sotto i 12 mesi. Oggi è possibile assumere a tempo determinato senza spiegare il motivo. Questo ha trasformato i contratti a termine in una “prova perenne”, soprattutto per donne e giovani. Non parliamo degli stagionali, che hanno regole precise. Parliamo di una precarietà strutturale che compromette la possibilità di pianificare il proprio futuro, anche economicamente e previdenzialmente. La precarietà non è flessibilità. La flessibilità vera si esercita in un quadro di regole chiare e dignitose.

Il quarto quesito riguarda la sicurezza negli appalti. Come si inserisce questo tema nel contesto attuale?

Nel 2023 ci sono stati 1.090 morti sul lavoro. Molti di questi casi si sono verificati nei circuiti degli appalti e subappalti, dove spesso il committente perde completamente il controllo della filiera. Con questo quesito si chiede che, in caso di responsabilità accertata da un giudice, anche il committente sia civilmente responsabile. Si tratta del cosiddetto “danno differenziale”, che va oltre il riconoscimento dell’Inail. È una misura di giustizia e civiltà per lavoratori e famiglie, che troppo spesso restano senza tutele quando l’azienda appaltatrice scompare o è incapiente.

Sull’ultimo quesito, dedicato alla cittadinanza, qual è la posizione della CGIL?

Pur non essendo tra i promotori, sosteniamo con convinzione anche questo quesito, che propone di ridurre da 10 a 5 anni il tempo di residenza necessario per fare domanda di cittadinanza. Non è una sanatoria, ma un atto di civiltà. Le condizioni per ottenere la cittadinanza – come la conoscenza della lingua, la condotta, il reddito – restano tutte. Ma l’attuale burocrazia, unita alla precarietà lavorativa, dilata i tempi fino a 15-18 anni. Persone regolari sul territorio vivono anni nell’incertezza. Ridurre questo tempo è giusto e necessario.

In sintesi, cosa rappresenta per voi questo referendum?

Un’occasione per restituire dignità al lavoro e alle persone. È un voto che parla di futuro, di diritti, di partecipazione. È un segnale importante che può partire proprio da Verona e dai cittadini che credono in un Paese più giusto. La CGIL dice cinque sì convinti.

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