Le microimprese italiane pagano l’energia il 165% in più rispetto alle grandi aziende
di Matteo ScolariLa situazione energetica in Italia penalizza fortemente le microimprese, che si trovano a pagare l’energia elettrica oltre due volte e mezzo in più rispetto alle grandi aziende. Nel primo semestre del 2024, il costo per le piccole attività con consumi inferiori a 20 MWh all’anno ha raggiunto i 348,3 euro al MWh, mentre le grandi imprese, con consumi tra i 70mila e i 150mila MWh all’anno, hanno beneficiato di una tariffa di 131,6 euro al MWh. Questa disparità è una delle più alte d’Europa e riflette un sistema di agevolazioni che continua a premiare le realtà produttive di dimensioni maggiori.

Rispetto agli altri Paesi dell’Eurozona, le microimprese italiane pagano le bollette dell’energia più care di tutte. La media europea per le piccole imprese è di 294 euro al MWh, con differenze significative rispetto ai nostri principali competitor. In Germania il costo è inferiore del 5,8%, in Francia del 38% e in Spagna del 43,2%. Tuttavia, il problema della disparità di prezzo tra micro e grandi imprese non è esclusivamente italiano: in Germania il differenziale è del 136,2%, in Spagna del 200% e in Francia addirittura del 242%.
A pesare su questo divario è stata anche l’introduzione della riforma degli energivori del 2018, che ha previsto agevolazioni sulle tariffe per le grandi industrie, ridistribuendo i costi su tutte le altre imprese escluse dal provvedimento. Sebbene alcune misure introdotte dal governo Draghi abbiano contribuito a ridurre il gap, la differenza resta molto marcata. A rendere il quadro ancora più gravoso per le microimprese italiane è l’elevata incidenza di tasse e oneri sulle bollette: in Italia questi pesano per il 18,4% sul costo dell’energia, mentre in Germania rappresentano il 14,7%, in Spagna l’8,5% e in Francia solo il 3,5%.

Dopo una riduzione dei prezzi del gas e dell’energia elettrica nel 2024, negli ultimi mesi i costi sono tornati a salire. Nei primi 25 giorni di febbraio 2025, il costo del gas naturale ha toccato 54 euro per MWh, con un aumento del 93% rispetto allo stesso mese del 2024. Il prezzo dell’energia elettrica ha registrato un incremento del 73%, raggiungendo i 152 euro per MWh. Sebbene questi valori siano lontani dai picchi del 2022, quando il gas arrivò a 233 euro per MWh e l’energia elettrica a 543 euro per MWh, il trend di crescita desta preoccupazione.
Parallelamente, il fenomeno della povertà energetica continua a essere un problema rilevante per milioni di italiani. Sono circa 2,4 milioni le famiglie che nel 2023 si trovavano in difficoltà nel sostenere i costi dell’energia, pari a 5,3 milioni di persone. Le regioni più colpite sono Calabria (19,1% delle famiglie), Basilicata (17,8%), Molise (17,6%), Puglia (17,4%) e Sicilia (14,2%), mentre quelle meno colpite sono il Lazio (5,8%), Friuli Venezia Giulia (5,6%) e Umbria e Marche (4,9%).

Le famiglie più a rischio di povertà energetica sono spesso quelle numerose, con difficoltà economiche e in abitazioni poco efficienti dal punto di vista energetico. Il capofamiglia in questa condizione è spesso disoccupato, pensionato o lavoratore autonomo. In particolare, nel Sud Italia le famiglie che utilizzano il gas come principale fonte di riscaldamento sono tra le più esposte, mentre chi usa combustibili alternativi come pellet, gasolio o legna risente meno dell’aumento dei prezzi.
Questi dati evidenziano la necessità di interventi mirati per ridurre la disparità tra piccole e grandi imprese nel costo dell’energia e per sostenere le famiglie più vulnerabili. La povertà energetica è un problema che non può essere ignorato, soprattutto in un contesto in cui l’energia è una risorsa essenziale per la qualità della vita e la competitività economica del Paese.
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