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Sciopero dei metalmeccanici, adesione altissima dei lavoratori scaligeri

di Matteo Scolari
Oggi braccia incrociate in cinque aziende veronesi: percentuali del 100% alla Breviglieri, Borromini, Riello Sistemi e Isopan, seguite da Manni (98%), Alfa Laval e Prima Industrie (90%), Zanardi, Franke e Sime (80%), Giacomini, Sidel e Acciaierie Venete (70%).

Si è svolto oggi a Verona uno sciopero unitario di 8 ore, accompagnato da 5 presidi territoriali, organizzato dalle RSU e dalle sigle sindacali Fim, Fiom e Uilm provinciali per chiedere la riapertura delle trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) Federmeccanica Assistal. La mobilitazione si inserisce nel quadro delle azioni di protesta a livello nazionale, resesi necessarie dopo la rottura delle trattative dovuta all’indisponibilità delle associazioni datoriali a negoziare sulla base della piattaforma sindacale approvata a maggio dalla maggioranza dei lavoratori del settore metalmeccanico.

L’adesione allo sciopero è stata altissima, con percentuali del 100% in aziende come Breviglieri, Borromini, Riello Sistemi e Isopan, seguite da Manni (98%), Alfa Laval e Prima Industrie (90%), Zanardi, Franke e Sime (80%), Giacomini, Sidel e Acciaierie Venete (70%). In alcune aziende, tra cui Aermec, Fia.mm e Bonferraro, lo sciopero è stato articolato su 2 ore al giorno per tutta la settimana, registrando comunque un’ampia partecipazione.

Parallelamente allo sciopero generale, si sono svolti 5 presidi davanti ai cancelli di alcune aziende simbolo della protesta: Manni Sipre di Mozzecane, Acciaierie Venete di Dolcè, Borromini di Colognola ai Colli, Xaylog (ex Riello Sistemi) di Minerbe e Breviglieri di Nogara. A dimostrazione della rilevanza della vertenza, al presidio di Minerbe ha partecipato il sindaco Andrea Girardi, mentre alla Borromini ha espresso la sua solidarietà il presidente della provincia Flavio Pasini.

Martino Braccioforte.

Secondo Martino Braccioforte, segretario generale della Fiom di Verona, la partecipazione dei lavoratori è stata un segnale chiaro: «La mobilitazione ha coinvolto migliaia di lavoratori, dimostrando la loro determinazione nel chiedere il rispetto dei diritti e il rinnovo del CCNL, ormai scaduto da 8 mesi. Il recupero del potere d’acquisto, la sicurezza di un giusto salario e la difesa dei posti di lavoro sono temi cruciali in un territorio già segnato da numerose crisi aziendali». Braccioforte ha ribadito che la mobilitazione continuerà fino al raggiungimento di un accordo che tuteli i metalmeccanici.

Lo sciopero ha avuto un impatto significativo anche sulla Borromini e sulle Vetrerie Riunite di Colognola ai Colli, aziende di proprietà di due fondi di investimento portoghesi che hanno deciso di chiudere la Borromini, licenziando 45 lavoratori, e di dimezzare la capacità produttiva delle Vetrerie Riunite, lasciando incerti 300 operai. La decisione della proprietà ha scatenato una forte protesta sindacale. Gianni Morandini, segretario generale della Filctem Cgil Verona, ha denunciato la gestione della crisi da parte dei fondi di investimento, sottolineando che la chiusura sembra essere parte di una strategia finanziaria e non industriale.

Francesca Tornieri
Francesca Tornieri

La protesta ha coinvolto anche il settore della logistica, con uno sciopero alla Riello, dove i lavoratori in appalto denunciano condizioni inaccettabili, come l’impossibilità di usufruire della mensa aziendale e la mancata erogazione di buoni pasto. Alessandro Poles, segretario generale Filt Cgil Verona, ha denunciato il mancato rispetto degli accordi contrattuali da parte della società in appalto Velox Solution, che non versa i contributi dovuti per la polizza sanitaria e per l’ente bilaterale.

Secondo Francesca Tornieri, segretaria generale della Cgil Verona, la crisi del settore industriale veronese è la conseguenza di una mancata politica industriale nazionale, che ha lasciato le aziende in balia della speculazione finanziaria. «Le istituzioni si sono dimostrate impreparate, e oggi stiamo subendo le conseguenze di delocalizzazioni, chiusure e licenziamenti di massa. Non è più possibile accettare che le imprese sfruttino fondi pubblici per poi abbandonare il territorio».

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