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Begalli, Univr: «Il settore lapideo è fondamentale per l’economia locale»

di Redazione
Ai nostri microfoni, Diego Begalli, prorettore dell'Università di Verona, ha parlato dell'accordo tra l'Università e l'Istituto Internazionale del Marmo che mira a sviluppare ricerca applicata e trasferimento tecnologico, concentrandosi su sostenibilità e riutilizzo dei residui di lavorazione.

In occasione di Marmomac 2024, Focus Verona Economia ha ospitato il professor Diego Begalli, prorettore dell’Università di Verona, per discutere del recente accordo siglato tra l’ateneo e l’Istituto Internazionale del Marmo (ISIM). Questo accordo rappresenta un passo significativo verso la collaborazione tra il mondo accademico e il settore lapideo, con particolare attenzione alla ricerca applicata e al trasferimento tecnologico.

Parliamo di questo accordo siglato tra l’ateneo scaligero e l’ISIM, l’Istituto Internazionale del Marmo, braccio operativo di Confindustria Marmo Macchine, avvenuto lo scorso febbraio. È un accordo molto importante, soprattutto in questa settimana in cui il focus è dedicato al settore lapideo. Come nasce questo l’idea e di cosa si tratta?

Beh, innanzitutto, il settore del marmo è fondamentale per l’economia veronese e regionale. Verona e Vicenza coprono circa un terzo delle esportazioni italiane del settore. L’accordo nasce da un incontro con i referenti nazionali, in particolare con il dottor Marabelli, presidente onorario nazionale di Confindustria Marmo Macchine. L’abbiamo avuto in fiera, con cui abbiamo intensificato le relazioni. Abbiamo elaborato questo accordo di collaborazione nell’ambito della ricerca, in particolare della ricerca applicata e del trasferimento tecnologico. L’obiettivo è mettere a disposizione del sistema industriale competenze per produrre output utili, come ad esempio il riuso dei residui di lavorazione, che oggi sono trattati come rifiuti e generano ricadute ambientali ed economiche negative.

Questo progetto ha un nome? E quali sono i gruppi coinvolti?

L’accordo poggia su due versanti. Da un lato, c’è un gruppo accademico coordinato da me, che coinvolge due dipartimenti tecnologici dell’Università: il Dipartimento di Ingegneria per la Medicina dell’Innovazione e il Dipartimento di Biotecnologie. Nel primo opera un gruppo di area ingegneristica coordinato dal professor Marco Cristani, docente di Intelligenza Artificiale e Machine Learning, in collaborazione con Francesco Setti. Sul fronte delle Biotecnologie, il gruppo è guidato dal professor Adolfo Spegni. Sul fronte industriale, collaboriamo con l’ISIm, rappresentata dall’ingegner Paolo Marone e l’architetto Roberto Bianconi, e con Verona Stone District rappresentato da Filiberto Semenzin. Abbiamo inoltre coinvolto una start-up spin-off dell’Università, che opera nella risoluzione delle problematiche di controllo della qualità nei processi di lavorazione industriale.

Ha citato l’intelligenza artificiale. Come si inserisce in questo progetto?

L’intelligenza artificiale aiuta soprattutto nelle fasi di gestione dei processi dove si può incorrere in errori umani. Questo strumento è fondamentale per la gestione ottimizzata dei processi produttivi, come ad esempio l’ottimizzazione delle dimensioni e degli spessori delle piastre. Stiamo lavorando con un’importante azienda per testare gli algoritmi sviluppati dal nostro team.

L’Università di Verona si pone sempre di più come ente attivo sul territorio, non solo formando ma anche trovando interconnessioni dirette con il mondo del lavoro. Un esempio è il recente accordo con Veronafiere. Può dirci di più?

Il rafforzamento dei rapporti tra università e territorio è un punto chiave della nostra governance. Non si tratta solo di trasferimento tecnologico, ma di una relazione bidirezionale che facilita entrambe le parti. Veronafiere è un partner centrale con cui stiamo lavorando su diversi progetti congiunti. Abbiamo sperimentato una Contamination Lab per valorizzare i giovani talenti, mettendo in sincronia competenze accademiche e mondo del lavoro. Il successo di questa iniziativa ha portato a un rinnovo, e stiamo già progettando una seconda edizione.

L’Università sta diversificando l’offerta formativa. Ci può parlare dei nuovi corsi attivati?

Abbiamo attivato più di venticinque nuovi corsi, tra cui una laurea magistrale in Supply Management e Ingegneria dei Sistemi Medicali. Inoltre, abbiamo aperto corsi come Sport Management e Medicina in lingua inglese. Abbiamo cercato di anticipare le esigenze del mercato del lavoro, e questo ha contribuito a un aumento significativo delle iscrizioni, passando da 24.000 nel 2019 a oltre 29.000 studenti oggi.

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