Sacro Cuore, a Negrar si è posato il futuro
di adminChe l’Ospedale sacro Cuore di Negrar fosse un centro sanitario di efficienza, di valore e ben voluto dalla gente è risaputo, che avesse un management in grado di incontrare il futuro e di farlo passare dai luoghi in cui San Giovanni Calabria iniziò la sua missione verso i malati oltre centro anni fa, è intuibile, ma non scontato.
Ad accorgersene, a livello nazionale, è stata anche la giornalista Milena Gabanelli che inuna recente puntata del suo format per il Corriere della Sera,Dataroom, ha messo a confronto l’esempio virtuoso dell’Ospedale di Negrar con l’esempio molto meno virtuoso, quasi disastroso, della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, nel foggiano, fondata da San Pio nel 1956 e controllata oggi direttamente dalla Santa Sede.
Una struttura, quest’ultima, poco più grande in termini numerici di quella del veronese: 756 posti letto contro 549; 2700 dipendenti contro 2311; 32.500 ricoveri contro 30.650; 230 milioni di euro di ricavi (di cui 200 ricevuti dalla Regione Puglia) contro 185,6 (di cui 135,2 ricevuti dalla Regione Veneto).
La grande differenza tra le due strutture sta nei bilanci. Come riporta Dataroom, l’ospedale di Padre Pio negli ultimi 18 anni ha chiuso solo quattro volte in attivo, gravato da costi mostruosi del personale; il rosso del 2022 sprofonda a -22 milioni di euro (-27,5 milioni nel 2019 ripianiati solo grazie al contributo di 38 milioni della Regione Puglia) e i debiti nei confronti dei debitori salgono a quota 100 milioni.
Tutto questo si traduce in un calo dei ricoveri (-25% rispetto al 2018) e in un rallentamento dell’attività ambulatoriale (-19% rispetto al 2018).
Di tutt’altro aspetto sono i conti di Negrar: negli ultimi 30 anni non è mai stato in perdita, e gli utili – come ci ha confermato sul palco degli Premio Verona Network di Bosco Chiesanuova l’AD Mario Piccinini – vengono reinvestiti totalmente nell’attività sanitaria dell’ospedale, e stiamo parlando di 150 milioni complessivi dal 2013 ad oggi.
«Siamo un ospedale privato no-profit convenzionato con la Regione Veneto, dobbiamo usare bene i soldi dei cittadini. – ha affermato lo stesso AD ricevendo la targa del Premio – I nostri utili vengono sempre reinvestiti. Negli ultimi anni siamo cresciuti molto, investendo nell’ambito oncologico e delle malattie infettive tropicali, oltre che nella medicina in generale, guardando alla ricerca, all’innovazione, alle nuove tecnologie e anche all’intelligenza artificiale. Ci fa molto piacere questo riconoscimento, perché non esiste grande ospedale senza grande territorio, e il nostro è un grande territorio».
Aggiungiamo che c’è un grande management, interessato più al bene delle persone che al proprio. Anche questo, al giorno d’oggi, è avanguardia, è futuro.

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