Per un nuovo Governo. Contenere la spesa, attuare riforme, generare crescita, mirare alla riduzione del debito pubblico e restare in Europa.
di adminChiaro è che un governo serio dovrebbe mantenere le promesse, fatte dai suoi componenti, durante la relativa campagna elettorale. Tuttavia, i segnali, che giungono – circa una realizzazione di parte delle promesse pre-elezioni del marzo 2018 – appaiono negativi, particolarmente, se si tiene conto d’un debito pubblico di oltre 2300 milioni di euro, con tendenza all’aumento e con la potenza disgregatrice, che esso incorpora, non solo per l’Italia, prima interessata, ma, anche per l’Europa. Non possiamo permetterci esborsi, con la crescita troppo lenta, che abbiamo, rispetto a quella degli altri membri UE – né un buono Stato non fa assistenzialismo, ma, crea lavoro. Gli osservatori internazionali chiedono assoluta attenzione e rinuncia a decisioni pericolose. Un debito, oltre il 130% del Pil, non può che preoccupare, tanto più che sezioni del promesso richiedono miliardi, che non ci sono. Vediamo bene la nota flat tax, ma… A questo punto, evitare ulteriore, pesante spesa, è, talvolta, scelta migliore, che realizzare quanto promesso. Darebbero respiro all’economia il taglio – non uno dei tanti del passato – di quella spesa pubblica che, anche senza guardare al 3% di deficit, non può essere aumentata, la riduzione di soffocante burocrazia e una più severa, definitiva, lotta all’evasione – causata dalla troppa e pesante imposizione fiscale e della quale sentiamo parlare da un’eternità. A proposito: a che serve incassare di più, se, poi, non si spende in modo produttivo…? Quanto ad un’uscita dall’euro, spesso menzionata, siamo del parere che la stessa non porterebbe nulla di buono, pur ammettendo che le sue regole sono ferree e, per l’Italia, difficili da rispettare. D’altra parte, tali regole furono accettate e firmate, e come tali, non costituiscono colpa per chi le ha proposte, né per chi, oggi, si trova nella dura esigenza di realizzarle. Ci troviamo, di fatto, ad un vero diktat, non imposto dalla Germania o dall‘euro – in vero, difettoso dalla nascita – ma dai nostri conti, unicamente in dare: o questo o quello, cui s’aggiunge la necessità di trovare 10 miliardi di euro, a sistemazione, entro quest’anno, del bilancio. E, trovarli dove, tali nuovi miliardi? Meno spesa… Ma, in quale modo, se corre l’intenzione di imbarcarsi in nuovi esborsi, per i quali non c’è copertura? Uscire dall’euro…? Tre parole, ma, parole… , tanto più che sappiamo, come la Gran Bretagna, per uscirne, spenderà non meno di 60 miliardi… E, senza contare, conseguenti problemi, in fatto di movimenti di persone, di capitali, di merci , solo per fare cenno a qualche elemento.… Una volta fuori dall’euro, saremmo, poi, in grado di cavarcela, pur liberi da regole europee, che in fondo, significano, conti in ordine, e aiutati da una lira svalutata dal 30 al 40%, che vedrebbe impoveriti i salari, già molto più bassi di quelli nordeuropei, e i risparmi, pur esportando di più…? E, da non dimenticare, pagando più care le importazioni di materie prime… Riusciremo a smuovere, quindi, i consumi interni? Tutto questo, dopo avere dimostrato, fra l’altro, di non avere saputo cogliere l’occasione, per migliorarci, degli inesistenti tassi d’interesse e da un costo del denaro contenutissimo, favoritici da Mario Draghi, d’un petrolio a bassa quotazione e di un euro contenuto. Perché l’Europa ci ascolti, occorrono i conti in ordine, o, almeno, dimostrare buona volontà, anche nel realizzare riforme, le stesse, che ha fatto la Germania, a suo tempo… Vogliamo tornare agli anni Settanta-Ottanta, anni fecondi d’inflazione e di nullo progresso economico e sociale, nonostantee spesa pubblica e stampa di denaro senza limiti? Il brutto periodo delle svalutazioni italiane – agli inizi degli anni Settanta, il debito pubblico era al 35% – ebbe fine, lentamente, con l’avvento di misure monetarie, concordate in sede europea, e con l’introduzione dell’euro, nel ferreo cerchio del quale, la politica italiana, per fortuna, fu costretta a contenere la spesa pubblica, pur barcamenandosi in una situazione economico-finanziaria, già troppo deteriorata, della quale stiamo parlando e della quale stiamo sopportando, quasi senza possibili soluzioni alla mano, pessimi gli effetti. L’unica via disponibile, semplice, che vediamo realizzabile, è fare in modo, con ogni facilitazione, che fecondamente s’espanda l’impresa, unica risorsa, capace di sfornare occupazione, ricchezza e benessere. Facciamo, però, il tutto, data la difficile situazione, in cui ci troviamo, con spread in rialzo e borse in calo, senza pensare a possibili perdite di voti, e, pure cambiando, mirando al vero bene del Paese. Facciamo quanto faremmo nelle nostre famiglie.
Pierantonio Braggio
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