Dazi doganali su acciaio ed alluminio, destinati agli USA. Un nuovo, difficile problema.
di adminTale dazio ha, di massima, e detto brevemente, due scopi: a) di rendere più costoso il prodotto all’importazione, onde ad esso venga preferito un prodotto nazionale e salvaguardare, in tal modo, nonché, ove possibile, incrementare, l’attività produttiva nazionale e, in primis, la da essa derivante occupazione; b) di incassare, senza altri fini, un certo importo, a favore delle casse dello Stato, verso il quale la merce è diretta. Dei due citati scopi, quello, verso il quale è orientato il provvedimento del presidente Trump, è il primo. Sono decenni, che, in Europa occidentale e in buona parte del mondo, dicevamo, si parla meno, che in un lontano passato, di dazi doganali, retaggio di economie arretrate e chiuse in se stesse. Questo vale, in particolare, per i cittadini dell’UE, che, pur separati da confini, che danno forma ai diversi Stati d’appartenenza, possono trasferire beni da un paese all’altro dell’Unione Europea, senza ostacolo alcuno e, senza, quindi, controlli o spese doganali, ma rispettando certe regole. La misura è più evidente, specialmente, quando trattasi di beni in modeste quantità, destinati ad uso personale. Fatto, questo, che crea nel cittadino UE apprezzamento per il principio della libertà di movimento dei beni e dei servizi, oltre che di persone, e che, contemporaneamente, da forma, maggiormente al concetto di unione fra Stati e popoli. Pagano, al contrario, tariffe doganali all’entrata nell’UE, merci provenienti da Paesi non UE. Facilita il trasferimento di merci, in sede mondiale, la World Trade Organisation – WTO, che, attiva dal 1995, mira, soprattutto, all’eliminazione, appunto, di dazi, nei passaggi di merci da Stato a Stato al WTO associato, nel mondo. Chiaro che, alla luce di tali belle abitudini di libera circolazione, diventate costume, apparirebbe assurdo ed anacronistico tornare ai “dazi” d’antica memoria, ossia, a imposte da applicare a merce in entrata da altro Paese, con conseguenti controlli e burocrazia, dei quali, da tempo, ci eravamo liberati. I “dazi” o “dazi doganali”, per merci scambiate fra Paesi dell‘UE, infatti, sono stati eliminati dal lontano 1968. Di “dazi” si tratta nuovamente, da quando il presidente americano Donald Trump, s’è detto deciso, nel quadro del suo concetto, sotto un certo aspetto, non errato, di porre in atto il principio “America first”, ossia, io devo guardare, anzitutto, al bene degli Stati Uniti d’America…! I quali – fatto, in effetti, non positivo, quanto a bilancia commerciale– importano più di quanto esportano… Ora, difendere l’economia del proprio Paese, come prima cosa, è, in sé, un principio-dovere, che ogni capo di Stato ha, o dovrebbe imporsi, quale essenziale suo compito, ovvero, creare le basi per il migliore sviluppo economico e sociale del proprio Stato. Un presidente, che così non pensasse, inutile dirlo, dimostrerebbe di non amare la propria terra e il proprio popolo… Nel caso, tuttavia, dell’idea di un dazio del 25% sull’acciaio e ad un 10% sull’alluminio, destinati ad entrare negli Stati Uniti, ci troviamo dinanzi ad un evento destinato a produrre risvolti negativi, nei Paesi, che finora hanno esportato i due citati metalli, o manufatti in tali metalli, negli USA, ossia, nel Canada, in Cina, in Corea del Sud, in Messico, nell’Unione Europea ed in altri, risvolti, che significano minori introiti dall’export, minore attività produttiva e, ovviamente, purtroppo, tagli all’occupazione, senza tenere conto di quanto legato all’importante indotto. Fattori, questi, che al contrario, negli USA, se la normativa fiscale menzionata venisse applicata – in vero, ancora nulla è certo in materia – prenderebbero maggiore fiato, che è quanto il Presidente giustamente si vuole. Ma, l’economia segue proprie vie, che occorre osservare con attenzione, perché essa stessa, ad un atto, che potrebbe considerarsi un giusto rimedio, oppone inaspettatamente, per sua natura, un qualcosa, quasi ad hoc, che potrebbe rivelarsi negativo. Evidente è, infatti, che i Paesi danneggiati dalle nuove misure, o dazi, USA, non rimarranno fermi e ricorreranno a dazi sulle merci americane in entrata. Quindi, se gli Stati Uniti, raccoglieranno vantaggio dalla nuova tassazione, che, alla fine dei conti, è anche un’entrata, subiranno perdite consistenti, relativamente al settore export nei Paesi, che si vedranno tagliate le esportazioni d’acciaio e di alluminio. Una lotta certamente non costruttiva, specie per il fatto che si addiverrebbe ad un duro scambio di dazi fra Paesi, in parte, da sempre alleati, le cui relazioni vanno assolutamente salvaguardate, rispetto a fattori strettamente commerciali, peraltro, coperti dalla normativa della citata WTO, della quale gli USA stessi sono parte, e alla quale, oggi, si pensa di rivolgersi, per un intervento, che raffreddi la tensione sorta e che porti ad un tavolo, atto a condurre ad una saggia soluzione del problema. Tanto più che gli Stati Uniti non vorranno certo avere alle spalle alleati, specialmente NATO, indeboliti. Indeboliti anche per il fatto che l’acciaio e l’alluminio, che non potessero entrate negli USA, potrebbe incanalarsi verso l’Europa, a prezzi di pesante concorrenza, con le relative conseguenze, mentre è prevedibile un aumento di quotazione dell’acciaio e dell’alluminio negli stessi Stati Uniti, a tutto danno delle imprese, che lo impiegano. Non solo: contro-dazi doganali da parte dell’Unione Europea su merci americane potrebbero aprire la strada, di rimando, a nuovi dazi americani, su merci europee, e scatenare, quindi, problemi su problemi, come, ad esempio, danneggiare anche l’export americano in Europa e in altre arti del globo, e viceversa. Una guerra, commerciale, al tempo anche politica, dalle imprevedibili conseguenze, che non giova né agli uni, né agli altri, che va evitata, perché sicuramente disruttiva. Conviene trattare. Nell’interesse del globo.
Pierantonio Braggio
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