Piccola Fraternità Lessinia, quasi quarant’anni di accoglienza e volontariato in montagna
di Matteo ScolariDa Corbiolo, nel cuore della Lessinia, una realtà nata quasi quarant’anni fa continua a rispondere ai bisogni delle persone più fragili, costruendo servizi, relazioni e comunità. La Piccola Fraternità Lessinia opera quotidianamente a fianco di persone con disabilità e delle loro famiglie, in un territorio complesso e poco servito, grazie al lavoro di oltre 140 volontari e a una rete di collaborazioni sempre più ampia. A Focus Verona Economia ne hanno ripercorso la storia e le sfide future Giuseppe Zanini, economo dell’associazione, e Stefano Melotti, coordinatore dei servizi.
Giuseppe Zanini, come nasce l’esperienza della Piccola Fraternità Lessinia?
La Piccola Fraternità nasce a metà degli anni Ottanta grazie a un gruppo di amici che avevano persone diversamente abili in famiglia. L’allora parroco di Corbiolo colse questa iniziativa e decise di sostenerla. Erano altri tempi: seguire la disabilità era molto più difficile, mancavano servizi e anche una sensibilità diffusa. Piano piano, come volontariato, siamo riusciti a dare un aiuto concreto alle famiglie della Lessinia.
Come si è evoluta l’associazione nel tempo?
All’inizio eravamo solo volontari, poi con il tempo siamo riusciti a ottenere le autorizzazioni regionali e dell’ULSS, che all’epoca stavano nascendo. Siamo diventati un centro educativo occupazionale diurno: andavamo a prendere i ragazzi con i pulmini, li portavamo alla Piccola e poi la sera li riportavamo a casa. L’idea però è sempre stata quella di aiutare anche nel “dopo di noi”, sostenendo le famiglie nel lungo periodo.

Stefano, oggi quali servizi offre la Piccola Fraternità?
I servizi sono diversi. Abbiamo il centro diurno per persone adulte con disabilità, con circa 25 ospiti provenienti dalla Lessinia, dalla Valpantena e dalla periferia di Verona. Abbiamo una comunità alloggio per 10 persone, che accoglie utenti anche da un territorio più ampio. C’è poi il laboratorio occupazionale, perché le persone hanno bisogno di sentirsi utili e valorizzate in quello che sanno fare».
Che ruolo ha il laboratorio occupazionale?
Nel laboratorio facciamo piccoli lavori di falegnameria e in legno, molto apprezzati anche all’esterno. Ma il valore principale è dare dignità al fare, offrire uno spazio in cui le persone possano esprimersi, apprendere e sentirsi parte attiva della comunità.
Quanto è importante la rete di volontari?
È fondamentale. Abbiamo circa 140 volontari e 44 mezzi che ci permettono di gestire i trasporti, le attività quotidiane, le pulizie, la preparazione dei pasti e l’assistenza diretta. Senza i volontari nulla di tutto questo sarebbe possibile.
Giuseppe, operare in Lessinia comporta difficoltà particolari?
Sì, il territorio è molto vasto e poco servito. Copriamo zone che vanno da Velo a Erbezzo, fino a Grezzana. Anche solo per andare dal medico o in ospedale spesso servono 30 chilometri. Per questo cerchiamo di essere un punto di riferimento concreto per le persone e le famiglie.
Avete investito molto anche sulle strutture: cosa è stato fatto negli ultimi anni?
La nostra sede era datata e abbiamo deciso di cogliere l’opportunità del Superbonus e del bonus sismico. Abbiamo rifatto l’edificio con un intervento importante: impianto geotermico, 180 kilowatt di fotovoltaico, 240 kilowatt di batterie, cappotti e serramenti nuovi. L’obiettivo era ridurre i costi di gestione e rendere la struttura efficiente e sostenibile nel tempo.
Ci sono nuovi progetti in cantiere?
Sì, stiamo ristrutturando un’altra casa di fronte alla sede principale, sempre utilizzando il 110%. L’idea è ampliare i servizi, con particolare attenzione ai disagi sociali, un ambito dove le normative e le risorse sono molto più carenti rispetto alla disabilità. Vogliamo dare risposte anche a queste emergenze, che spesso sono immediate e urgenti.
Come si costruisce oggi il futuro della Piccola Fraternità?
Essere in rete è fondamentale. Con l’aiuto del vescovo è nata l’Associazione diocesana opere assistenziali, che mette insieme varie realtà. Lavorare in rete ci permette di condividere competenze, superare i punti deboli e crescere insieme. Abbiamo lavorato anche sul bilancio sociale, in collaborazione con l’Università di Verona, per raccontare e rendere visibile il valore sociale che produciamo.

Stefano, tu sei entrato come giovane volontario: cosa ti ha spinto a restare?
Ho conosciuto la Piccola Fraternità a 15 anni, quando venivano nelle parrocchie a sensibilizzare i giovani. Ho iniziato come volontario, poi con il servizio civile ho maturato la scelta di continuare. Quando entri in questi mondi è difficile fermarsi, perché ti accorgi dell’importanza e del valore umano che c’è dietro. Fa bene prima di tutto a te come persona.
Qual è oggi la sfida principale per il futuro?
Il ricambio generazionale. Abbiamo tanti volontari, ma c’è sempre bisogno di nuove persone, nuove energie e nuove idee. I tempi cambiano, cambiano le esigenze, e bisogna essere pronti a leggerle.
Giuseppe, il 2027 segnerà un traguardo importante: come vi preparate ai quarant’anni?
All’inizio non pensavamo certo di arrivare a quarant’anni. C’era il desiderio, ma non la percezione. Oggi invece sì, e sarà un biennio importante, con l’inaugurazione della nuova casa e le celebrazioni. Quarant’anni sono una vita, e raccontano una storia di continuità, volontariato e comunità.
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