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Veneto, allarme pensionamenti: entro il 2029 da sostituire quasi 300 mila lavoratori

di Matteo Scolari
Secondo l’analisi della CGIA di Mestre, nei prossimi quattro anni oltre 3 milioni di italiani lasceranno il lavoro, di cui 291 mila solo in Veneto. A rischio soprattutto i servizi, ma anche industria e costruzioni. Le imprese già oggi faticano a reperire manodopera.

Tra il 2025 e il 2029 l’Italia dovrà affrontare un vero e proprio esodo dal lavoro: oltre 3 milioni di addetti, pari al 12,5% della forza lavoro nazionale, andranno in pensione o lasceranno l’attività, con un impatto destinato a pesare fortemente sul sistema economico. Lo rileva l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, che lancia l’allarme sulla necessità di programmare fin da subito strategie di sostituzione e formazione.

Il Veneto sarà la terza regione più colpita, con 291.200 lavoratori da rimpiazzare nei prossimi quattro anni, dopo Lombardia (567.700) e Lazio (305.000). La quota maggiore riguarda i dipendenti privati (56,5%), seguiti dai lavoratori pubblici e dagli autonomi. «Le imprese già oggi faticano a trovare personale disponibile, figuriamoci quando milioni di persone usciranno contemporaneamente dal mercato del lavoro», avverte la CGIA.

A livello settoriale, il peso più grande ricadrà sui servizi (72,5% delle uscite), con numeri elevati in commercio, sanità e Pubblica Amministrazione. Nell’industria si segnala in particolare il comparto delle costruzioni (179.300 rimpiazzi previsti), mentre l’agricoltura dovrà sostituire circa 111.200 addetti.

Il quadro è aggravato dal progressivo invecchiamento della forza lavoro: nel 2023, per ogni 100 under 35, si contavano 65 over 55, un indice in crescita rispetto agli anni precedenti. Il rischio, denuncia la CGIA, è che nei prossimi anni le aziende non riusciranno a trovare sul mercato profili adeguati e saranno costrette a “rubarsi” i dipendenti migliori, con una spirale di aumenti salariali e tensioni nelle relazioni industriali.

Per il tessuto produttivo veneto, che vive di manifattura e servizi ad alta intensità di lavoro, la sfida sarà enorme. Senza un deciso investimento in formazione, politiche attive e attrattività per i giovani, la fuga verso la pensione rischia di trasformarsi in un vero shock occupazionale.

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