Processo PFAS, condanne fino a 17 anni per disastro ambientale
di Matteo ScolariÈ una sentenza storica quella pronunciata dalla Corte d’Assise di Vicenza oggi 26 giugno 2025: condannati 11 manager fino a 17 anni e mezzo di carcere per disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque. Riconosciuta la piena responsabilità della Miteni di Trissino, al centro del più grave caso di inquinamento da PFAS mai documentato in Europa, che ha interessato un’area di oltre 190 km² tra le province di Vicenza, Verona e Padova.
«Una sentenza che segna un passaggio fondamentale di giustizia per il Veneto – ha dichiarato il presidente Luca Zaia –. Fu proprio la Regione, nel 2013, a segnalare per prima alla magistratura, tramite ARPAV, gli effetti gravissimi dell’inquinamento da PFAS. Da allora siamo stati in prima linea, stanziando fondi, imponendo la filtrazione delle acque, attivando un piano di sorveglianza sanitaria che ha coinvolto 127.000 cittadini e sostenendo una tra le più ampie documentazioni tecnico-scientifiche mai prodotte in un processo ambientale in Italia».

La Regione Veneto, costituitasi parte civile, riceverà un risarcimento superiore a 6,5 milioni di euro da parte dei condannati e dei responsabili civili Mitsubishi Corporation e ICIG. Un riconoscimento importante del ruolo istituzionale e delle misure attuate, tra cui barriere idrauliche, filtri a carbone attivo e il progetto di bonifica del sito Miteni.
Anche l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, ha evidenziato come la sanità regionale abbia risposto con tempestività, scientificità e rigore, avviando già nel 2013 indagini, biomonitoraggi, sorveglianza sanitaria e studi epidemiologici. «Il nostro lavoro è stato riconosciuto anche dall’Istituto Superiore di Sanità come un modello eccellente di sanità pubblica», ha dichiarato.

Dal mondo ambientalista ed europeo, l’eurodeputata Cristina Guarda (Verdi-AVS) ha definito la sentenza «storica» e ha rilanciato: «Ora serve un divieto universale dei PFAS in Europa. La battaglia continua per eliminare questi inquinanti eterni dai beni di consumo e dalla produzione agricola e industriale». Guarda ha ricordato la lotta delle Mamme No Pfas e le richieste ignorate in passato: «Non c’è stata la giusta attenzione. Avrei voluto politici impegnati come se fosse la loro acqua quella contaminata».

Dal fronte istituzionale, le consigliere regionali del PD Veneto Chiara Luisetto e Anna Maria Bigon parlano di «sentenza esemplare, monito per sempre» e chiedono l’avvio immediato dello studio epidemiologico fermo da anni, oltre all’istituzione di un Osservatorio tecnico-scientifico per la riduzione dei PFAS, sul modello del Piemonte.
A farsi sentire è anche il mondo della gestione idrica: acquevenete, parte civile nel processo, sottolinea per voce del presidente Piergiorgio Cortelazzo la necessità di «introdurre la responsabilità estesa del produttore», per evitare che i costi della sicurezza ricadano sui cittadini. «Chi inquina paga: la protezione dell’ambiente e della salute deve diventare un principio non negoziabile», ha affermato.
«La storica sentenza di oggi dà nuova linfa al principio “chi inquina paga” ed è il risultato di un’importante opera di denuncia fatta dalla società civile e di indagine dei NOE dei Carabinieri. Ora il prossimo decisivo e necessario passo deve essere l’inizio delle operazioni di messa in sicurezza e bonifica di tutta l’area contaminata, a tutela dell’ambiente e della salute delle persone» affermano i portavoce di Greenpeace Italia.
La sentenza, attesa da anni, apre ora una nuova fase nella lotta contro i PFAS, tra giustizia, bonifiche e prevenzione, ma anche norme più stringenti e visione europea, con Verona e il Veneto ancora una volta al centro di una battaglia cruciale per la salute e l’ambiente.
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