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Metalmeccanici veronesi in sciopero: adesione altissima, tensione con Federmeccanica

di Matteo Scolari
Scioperi e presidi in tutta la provincia. FIM, FIOM e UILM: «Nessun arretramento sul salario. Chi lavora non può essere povero. Basta mancette e welfare a una tantum».

Un’adesione altissima, presidi davanti ai cancelli e la volontà collettiva di non indietreggiare. La giornata di sciopero del 30 aprile 2025 ha confermato la ferma determinazione dei metalmeccanici veronesi nel pretendere un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) che riconosca dignità economica e condizioni di lavoro all’altezza del presente.

Organizzata da FIM, FIOM e UILM Verona, la mobilitazione ha registrato partecipazioni fino al 100% in aziende simbolo del territorio come Franke, Littelfuse, Isopan e molte altre. Solo a titolo d’esempio: Ferroli 90%, Manni 90%, Prima Power 70%, Polin 80%, Acciaierie Venete 70%, Comac 70%, numeri che smentiscono le narrazioni di chi tenta di delegittimare la lotta sindacale.

I segretari generali Adriano Poli, Martino Braccioforte e Luciano Zaurito si dichiarano “molto soddisfatti” e denunciano un clima di chiusura da parte di Federmeccanica, accusata di rifiutare ogni confronto reale con le proposte della piattaforma votata dai lavoratori.

Nel mirino anche le recenti dichiarazioni del presidente della sezione metalmeccanici di Confindustria Verona, Massimo Greggio, secondo cui le trattative potrebbero presto riaprirsi. «Greggio non dice però che non vogliono discutere nulla della nostra piattaforma. Vogliono imporre la loro, fatta di zero aumenti salariali, solo welfare e una tantum. È inaccettabile», affermano i segretari.

Il cuore della protesta è proprio questo: una battaglia salariale che tocca il diritto costituzionale a un compenso dignitoso. «Sul salario non c’è spazio per mediazioni al ribasso. Il costo della vita cresce, gli utili aziendali pure, ma i lavoratori devono accontentarsi di bonus occasionali? No. L’articolo 36 della Costituzione parla chiaro», rilanciano i sindacati.

L’agitazione arriva dopo 32 ore di sciopero in cinque mesi, articolate con presidi e azioni continue in decine di aziende: da Fincantieri a Alfa Laval, da Acciaierie di Verona a Sierra, passando per Midac, Uteco, Verona Lamiere, Pedrollo, Everel, Piva Group, Bonferraro, Prima Industrie, Zanardi e tante altre. Un fronte coeso, che respinge le accuse di corporativismo e chiede rispetto e riconoscimento.

La protesta è anche una risposta alla crescente precarizzazione e al tentativo – secondo i sindacati – di deresponsabilizzare le imprese sui temi di salute, sicurezza, orario, formazione. “Non è vero che la formazione è bloccata. Semplicemente non diamo più l’avallo sindacale ai fondi comuni finché non sarà siglato un contratto giusto. Ma nessuno vieta alle imprese di investire con fondi propri”.

FIM, FIOM e UILM chiedono una trattativa vera, a partire dalle richieste della piattaforma: aumenti salariali reali, riduzione dell’orario di lavoro, formazione retribuita, tutele su salute e sicurezza. «Non vogliamo un futuro fatto di poveri con il contratto a tempo pieno. I lavoratori devono poter vivere, non sopravvivere».

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