Spread e debito pubblico italiano. Inquietudine e tormento… La medicina? Riforme, risparmi e meno burocrazia.
di adminSappiamo bene che l’infernale entità del debito pubblico italiano, ormai, vero e proprio tormento, non è dovuta al Governo, da poco in carica, ma, ad amministrazioni del passato, sino dagli anni Settanta del 1900 – il debito pubblico, all’inizio degli anni Settanta era al 35%, mentre oggi siamo ad oltre il 130% del Pil – e che non è nemmeno facile tentare di ridurlo, anche di poco. Semmai, potrebbe essere più realizzabile, anche se difficilissimo, contenerlo. Perché, contenerlo, significa non imbarcarsi in ulteriori spese e ridurre quelle in essere, in modo di non superare quel fanoto 3% di deficit annuale, previsto dalle regole del Trattato di Maastricht, 1992, regole, che, bisogna saperlo, non ci furono imposte, che furono dall’Italia firmate, per accettazione, ma, che non sono state rispettate. Ora, comprendiamo come il Governo in carica trovi ostacoli a realizzare le sue iniziative, perché, per concretizzarle, occorrono miliardi, che non ci sono. Ove, poi, solo parte di tali iniziative vedessero la luce, supereremmo il menzionato 3% di deficit (annuale), creando maggiore debito e alimentando la sfiducia, specialmente nei detentori esteri di Bot nostrani. I quali, a causa di tale sfiducia, in buona parte, già da lungo tempo esistente, hanno venduto recentemente nostri Bot, per timore di rimetterci, facendone deprimere le quotazioni e, quindi, indirettamente, dando forte fiato allo spread, che, mentre scriviamo, è, al 24.8.2018, a quota 281, portando l’interesse di remunerazione dei Bot di nuova emissione, a circa il 3,14%. A decidere, in fatto di spread, non è la Germania, non è la signora Merkel, non è l’Unione Europea, non è l’euro, ma sono, soprattutto, i detentori esteri di Bot italiani, che pretendono, giustamente, certezza, nel loro investimento, e che posseggono un po’ più del 30% del volume dei Bot in circolazione. In fatto di timore di perderci, essi ne hanno molto di più, di quanto pensiamo, e chiedono, assieme all’Unione Europea, da decenni, una politica economica italiana, rispettosa dei concetti di buona amministrazione, per i quali, non occorre certo attingere alle regole del trattato di Maastricht. Il quale, alla fine dei conti, pretende solo “conti” in ordine… Alle vendite estere, grazia a Dio, non se ne sono aggiunte di pesanti da parte italiana – anche se famiglie (con il 30% del debito pubblico in cassa) e fondi nostrani hanno pure ridotto il loro portafoglio in Bot – ma c’è il fatto che, con uno spread a 281 punti, lo Stato deve, e dovrà remunerare per anni, ogni nuova emissione di tali Bot, al 3,14%, mentre alla Germania ogni nuova emissione, quanto ad interessi da versare ai compratori dei suoi Bot o, ufficialmente, Bund, per anni, non costerà nulla o quasi nulla. Il fatto grave è che, lo Stato Italia deve emettere, ogni anno, per rinnovare i Bot in scadenza, circa 400 miliardi di nuovi Bot – che servono, annualmente, per fare fronte a stipendi, pensioni, sanità, ecc. – e pagare, quindi, come cennato, i detti interessi al 3,14%, sulle nuove emissioni, per anni a venire, e sborsare, contemporaneamente, per interessi su Bot, emessi in passato e tuttora in essere e, spesso, a scadenza lontana, a tasso maggiore di quello attuale. Un problema di difficile soluzione, di miliardi, circa 70 l’anno… Denaro, che, invece potrebbe essere investito, in assenza di tale peso, contribuendo ad una migliore evoluzione economica e alla crescita. Infatti, per pagare tali miliardi, lo Stato deve ricorrere al gettito fiscale, che riduce il potere d’acquisto o d’investimento di famiglie e di imprese. Soluzione difficile, anche perché, entro l’anno, come più volte evidenziato, in altre considerazioni, si chiuderà il grande ombrello salva-Stati, noto come ‘quantitative easing’, o acquisto di Bot da parte di Mario Draghi, acquisto che, avendo sostenuto fortemente, comprandoli, la quotazione dei nostri Bot, ha permesso all’Italia – e, pure, per i Bot esteri, ad altri Paesi dell’Unione Europea – di onorarli a tassi molto bassi e, quindi, con molto minore spesa. Da sapere: gli investitori – non è una novità – chiedono tassi modestissimi, per Bot emessi da Paesi, ad economia forte, e tassi alti, per Bot, emessi da Paesi ad economia debole… A favorirci, con tassi eccezionalmente bassi, parliamo dell’Italia, è stata, dunque, dal 2015, la BCE, a partire dal 2015, appunto con il QE o allentamento monetario. Iniziativa, questa, di raro utilizzo, nel campo del governo della moneta, sebbene impiegata, in passato e con successo, prima della BCE, da Stati Uniti e Gran Bretagna, le cui economie, trovato vantaggioso il QE, navigano bene. Certo, un QE non può essere senza fine, e, dal prossimo dicembre 2018, non se ne parlerà più, almeno per quanto si sa, e il Paese o i Paesi, a favore, soprattutto, dei quali, il QE era stato introdotto, per ridare vivacità alle loro economie, con maggiore denaro in circolazione – comprando i Bot, la BCE sborsava contante – dovranno provvedere, giustamente, da se stessi, a consolidare, con misure adatte – la propria rete economica… Nel caso italiano, anzitutto, con appropriate riforme e solleciti, consistenti risparmi, nella spesa pubblica. Tornando allo spread, esso, se alto, significa, al tempo, oltre a maggiore spesa dello Stato, per interessi, maggiore costo di linee di credito bancarie, di mutui, di prestiti e di varie operazioni in denaro, che incidono sul costo finale del prodotto o sul bilancio familiare, nonché problemi per istituti di credito e di compagnie d’assicurazione, che tengono in portafoglio Bot…, recentemente, del resto, un po’ ridimensionato… Bot, che, ripetiamo, se fossero sostenuti da un’economia in buon sviluppo, godrebbero di uno spread contenuto, grazie alla loro alta affidabilità e, quindi, ad alta richiesta degli stessi, con forte sollievo per la cassa statale, pagando essa, dicevamo, minori interessi. Cosa avverrà, dunque, nei prossimi mesi di settembre-ottobre – bene sarebbe non introdurre, ove possibile, la nuova aliquota IVA, che, a nostro modesto avviso, frenerebbe ulteriormente la crescita economica ed aumenterebbe l’evasione – in fatto di reddito di cittadinanza, d’introduzione della flat tax, cui saremmo favorevoli, ma, preoccupati in tema di iniziali minori entrate, da essa derivanti (ovviamente, la cosa dipende dall’aliquota applicata) e, quindi, in fatto di Bot e di tasso d’interesse sugli stessi, tenuto conto, appunto dell’ormai sicura, salvo nuovi eventi, cessazione del QE e dell’incertezza circa decisioni di spesa pubblica? Importante è “riformare” e ridurre la spesa statale e la burocrazia, anche nel segmento fiscale, per ottenere maggiore produttività, investimenti e, di conseguenza, occupazione.
Pierantonio Braggio
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