«Senza giovani non c’è futuro»: la scommessa di Fondazione Cariverona
di Matteo ScolariA poco più di un mese dalla presentazione dei documenti di programmazione pluriennale 2026-2028 e annuale 2026, Fondazione Cariverona è stata protagonista di una puntata speciale di Focus Verona Economia. Ospiti in studio il presidente Bruno Giordano e il direttore Filippo Manfredi, che hanno illustrato la visione, le priorità strategiche e gli investimenti previsti per i prossimi anni: 100 milioni di euro in tre anni, con un incremento del 67% rispetto al triennio precedente. Al centro della nuova programmazione il concetto di “rigenerazioni”, inteso come rigenerazione dell’ambiente e del territorio, del potenziale giovanile e delle comunità, attraverso un approccio basato sull’ascolto, sull’impatto e sulla creazione di valore condiviso.

Presidente Giordano, quale visione ispira il nuovo piano triennale “Rigenerazioni”?
È davvero un nuovo capitolo. Il primo dato da sottolineare è che siamo riusciti a destinare ai nostri territori 100 milioni di euro nei prossimi tre anni, il 67% in più rispetto al triennio precedente. Non è un risultato scontato, ma il frutto di un lavoro importante fatto negli ultimi anni. La missione della Fondazione è migliorare la vita delle persone nei territori in cui opera attraverso le erogazioni e il sostegno alle iniziative.
Rigenerazioni significa innanzitutto rigenerare la fiducia, soprattutto nei giovani. Vuol dire ricostruire un patto tra chi ha già vissuto una parte del proprio percorso e chi oggi si affaccia a un progetto di vita. Significa anche ribadire che non è sempre necessario partire da zero: spesso si crea più valore recuperando ciò che già esiste e investendo su ciò che esiste, in senso ampio.

La Fondazione si conferma un punto di riferimento per il territorio. Che responsabilità comporta questo ruolo?
Negli ultimi anni la politica ha perso la capacità di indicare una visione e una direzione. In questo contesto la Fondazione ha una forte responsabilità: essere testimone di un percorso, mostrare un orizzonte possibile, indicare una via attraverso le proprie iniziative e i propri investimenti. Non si tratta di sostituirsi ad altri, ma di dare un esempio concreto.
Direttore Manfredi, quali sono i pilastri strategici della programmazione 2026-2028?
I capisaldi della programmazione sono tre. Rigenerare l’ambiente e il territorio, rigenerare il potenziale giovanile e rigenerare le comunità. Questo significa rendere i territori più attrattivi per i giovani, mitigare le fragilità sociali e investire in iniziative che guardano al futuro. Nel 2026, primo anno di attuazione del piano, sono previsti interventi per oltre 33 milioni di euro. L’attenzione è particolarmente forte sui giovani, con 11,5 milioni, ma anche su ambiente e comunità, con 7,5 milioni ciascuno, oltre alle risorse destinate allo Young Advisory Board.

Presidente, cosa significa per Fondazione Cariverona generare valore condiviso?
Significa innanzitutto saper ascoltare. Abbiamo due orecchie e una bocca: dovremmo ascoltare almeno il doppio di quanto parliamo. Per generare valore condiviso è fondamentale ascoltare le nuove generazioni. Troppe volte diciamo di occuparci dei giovani senza chiedere loro cosa pensano, cosa desiderano, quali siano le loro aspettative. Molte delle iniziative della Fondazione nascono proprio da percorsi di ascolto e di confronto, in particolare con i giovani.
Trattenere i talenti non basta più?
Dobbiamo andare oltre il concetto di trattenere. I territori devono diventare attrattivi. Non solo per evitare che i giovani se ne vadano, ma per attirare giovani da altre aree geografiche. Senza giovani non c’è futuro, la società non è sostenibile se non si investe sulle nuove generazioni.
Direttore, come viene misurato l’impatto dei progetti finanziati?
La Fondazione ha strutturato un’attività di monitoraggio che valuta gli interventi sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Ogni anno finanziamo oltre 200 progettualità che coinvolgono più di 5.600 realtà. Tutti questi dati costituiscono un patrimonio informativo prezioso.
Nel 2025 abbiamo introdotto gli Impact Lab, momenti di restituzione e confronto che aiutano a creare buone pratiche e a fornire feedback ai soggetti finanziati. È un’attività fondamentale sia per la Fondazione, che può pianificare meglio, sia per chi partecipa ai bandi.

Questa attenzione all’impatto responsabilizza anche i beneficiari?
Assolutamente sì. La responsabilità è diffusa: riguarda chi presenta i progetti e chi li sostiene. Fin dall’inizio pubblichiamo gli indicatori di monitoraggio, così la valutazione è trasparente prima, durante e dopo il progetto. È una modalità apprezzata e sempre più diffusa nei nostri bandi.
Presidente, perché investire su iniziative come Upskill e sull’intelligenza artificiale?
Nasce tutto dall’ascolto. Abbiamo deciso di intervistare i giovani che sono rimasti nei loro territori per capire perché lo hanno fatto. È emerso un dato preoccupante: il 51% è rimasto non per scelta, ma perché non ha trovato opportunità altrove. Questo ci ha messo in allarme.
Da qui l’impegno su orientamento, formazione e nuove competenze. L’intelligenza artificiale è una vera rivoluzione, anche se spesso è fraintesa. È uno strumento potente che cambierà profondamente il lavoro: alcune attività scompariranno, altre nasceranno. Per restare competitivi, come persone e come imprese, bisogna saper utilizzare al meglio le nuove tecnologie.

Direttore, lo Young Advisory Board rappresenta una novità importante. Di cosa si tratta?
È uno strumento molto serio. Abbiamo ricevuto quasi 200 candidature per 12 posti, con profili di grande qualità. Lo Young Advisory Board affiancherà il Consiglio di amministrazione e il Consiglio generale, in un dialogo permanente.
Abbiamo anche creato uno spazio fisico in Fondazione per favorire il confronto e l’ibridazione della cultura organizzativa. È un esperimento che potrebbe essere utile anche ad altre istituzioni.
Ambiente ed energia: presidente, quali sono le sfide principali?
Se continueremo a trattare l’ambiente come una comparsa, ci presenterà il conto da protagonista. Le tecnologie per invertire la rotta esistono, ma vanno applicate correttamente, tenendo conto anche degli impatti sociali e occupazionali. Il benessere ambientale non può prescindere dal benessere delle persone e dal lavoro dignitoso.
Sull’energia, direttore, avete supportato la nascita di CER…
Le comunità energetiche sono state una sperimentazione complessa ma importante. Abbiamo imparato che le alleanze funzionano quando i ruoli sono chiari: la pubblica amministrazione, le imprese, il non profit. Il vantaggio non è solo economico, ma soprattutto sociale.
Presidente Giordano: cultura come leva sociale ed economica. Ha rappresentato un caso di successo “Un bacio senza tempo“ al Ristori.
Con oltre 200 mila presenze, è stato un grande successo e verrà riproposto nel 2026. La cultura costruisce ponti, genera emozioni e dialogo. È anche uno strumento per attrarre un turismo diverso e di qualità. In questa visione rientrano progetti come la riapertura di Palazzo Forti e la creazione di un ecosistema culturale e turistico più ampio per Verona».
Manfredi, si può rendere la cultura sostenibile anche economicamente?
E’ un obiettivo. Con la società Crea, oggi impresa sociale, stiamo lavorando per gestire la cultura con un approccio sempre più simile a quello di un’impresa».

Sport, lavoro e inclusione: presidente, perché sono centrali?
Sport e cultura sono strumenti di crescita, condivisione e formazione, soprattutto per i giovani. Lo sport insegna a vivere insieme, a rispettare le regole, a lavorare in squadra. Per questo è uno dei nostri asset di investimento.
Direttore, avete aperto un bando anche sui temi del lavoro…
Il bando lavoro e inclusione punta a restituire autonomia e dignità alle persone più fragili. È uno dei bandi più rilevanti, con una dotazione di 4 milioni, e le progettualità ricevute sono di grande qualità.
Presidente, un’ultima domanda: Fondazione Cariverona è entrata nel progetto Verona 2040: perché?
Perché è importante sedersi attorno a un tavolo comune. Verona troppo spesso si è mostrata divisa. La Fondazione può dare un contributo significativo, soprattutto sui temi dei giovani e dell’abitare, che oggi richiedono approcci completamente nuovi.
Verona 2040 non dovrebbe avere una data di fine: deve essere un progetto di visione continua. È un tavolo aperto, che deve includere anche altri attori fondamentali, come, ad esempio, l’Università.
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