Nuova call-to-action

Flavio Innocenzi: «Il futuro dell’Asiago è nel legame tra innovazione e territorio»

di Matteo Scolari
Il direttore del Consorzio di tutela Formaggio Asiago racconta la crescita della DOP, le strategie post-pandemia e la sfida di comunicare un prodotto storico in chiave moderna. Quinto appuntamento della Settimana Veronese della Finanza dedicato al settore agroalimentare.

Nato nel 1978 per tutelare una delle più antiche eccellenze casearie italiane, il Consorzio di tutela Formaggio Asiago riunisce oggi 40 produttori e circa 1200 aziende agricole, estendendosi tra Trento, Vicenza, Padova e Treviso. Sotto la direzione di Flavio Innocenzi, la DOP sta vivendo una fase di rilancio, sostenuta da una crescita del 7 % in volume e dell’11 % in valore nel 2025 e da una strategia che unisce innovazione, sostenibilità e comunicazione contemporanea.

Direttore, ci racconti come nasce il Consorzio Asiago e quali realtà rappresenta oggi.

Il consorzio è nato tra il 1978 e il 1979 per proteggere un prodotto già diffuso e molto apprezzato, ma che rischiava di essere imitato all’estero. Oggi copre le province di Trento, Vicenza e parte di Padova e Treviso. Riunisce 40 produttori, 1200 allevatori e un centinaio di aziende convenzionate per stagionatura e confezionamento. È una filiera ampia e strutturata, che mantiene però un legame fortissimo con l’origine e con i pascoli d’alta quota.

Come descriverebbe a chi non lo conosce il formaggio Asiago?

È un formaggio che sa di latte appena munto, di burro e di yogurt: ricorda subito i pascoli da cui proviene. In realtà non esiste “l’Asiago”, ma due prodotti distinti. Il fresco, fatto con latte intero e stagionato 20-40 giorni, e lo stagionato, da latte parzialmente scremato, che può maturare fino a dieci anni. Alcune forme ultradecennali arrivano a costare oltre 400 euro al chilo: veri formaggi da meditazione. La produzione è in crescita, e nel 2025 siamo l’unico formaggio DOP ad aumentare sia a valore che a volume.

Il 2020 è stato un anno di svolta. In che modo avete reagito alla crisi?

Abbiamo scelto di leggere la crisi come opportunità. Mentre molti mercati erano fermi, abbiamo rafforzato il legame con la ristorazione, costruendo relazioni che continuano ancora oggi. Ci siamo concentrati sui valori che circondano il prodotto, non solo sul prodotto in sé. La pandemia ha cambiato la sensibilità dei consumatori: è nata una ricerca di prossimità e autenticità, e le DOP sono diventate un modello vincente perché uniscono qualità e radicamento territoriale.

Da qui sono nate anche nuove strategie di comunicazione.

Sì. Nel 2021 abbiamo lanciato la campagna #SìAsiagoDOP, perché “Asiago contiene il sì”: un messaggio positivo per raccontare tutto ciò che ruota attorno al prodotto. Abbiamo voluto guardare avanti, non solo alla tradizione. Oggi promuoviamo l’Asiago come ponte tra passato e futuro, valorizzando i metodi storici ma in chiave moderna. Invitiamo anche i produttori a investire sul proprio brand aziendale, all’interno della garanzia collettiva della DOP.

La comunicazione digitale sembra aver avuto un ruolo importante in questo percorso.

Decisivo. Abbiamo scelto di abbandonare il marketing tradizionale e di lavorare sulle occasioni d’uso: colazione proteica, merenda, aperitivo. L’Asiago può essere giovane, pop e salutare allo stesso tempo. È una sfida ancora in corso, ma funziona: un aperitivo a base di formaggio, per esempio, è più equilibrato di uno a base di soli carboidrati e ci permette di intercettare nuovi pubblici.

Il Consorzio dialoga anche con cultura e territorio.

Abbiamo due anime. L’Asiago stagionato è il formaggio “da meditazione”, amato dall’alta gastronomia e dai ristoratori; quello fresco è un prodotto quotidiano e leggero, vicino ai giovani. Collaboriamo con festival, eventi e iniziative culturali, perché il legame con il territorio è parte della nostra identità. La malga resta il simbolo di questa connessione.

Guardando avanti, quali sono le priorità per il Consorzio?

Due in particolare. La prima è rafforzare la presenza all’estero, per mantenere qui il valore della filiera. Le barriere commerciali sono sempre più complesse, ma il mercato e la tradizione possono convivere. La seconda è dare un significato profondo al nostro operato, puntando su sostenibilità e benessere animale. Da oltre vent’anni collaboriamo con le università su pratiche ambientali e dal 2018 è possibile produrre Asiago anche con caglio vegetale, come facevano gli antichi. Riscoprire queste radici in chiave moderna è il modo migliore per restare autentici e competitivi.

Condividi ora!