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Vino italiano, dazi confermati al 15%: allarme Uiv, rischio danno da oltre 460 milioni

di Matteo Scolari
Il presidente Lamberto Frescobaldi: «Serve un’alleanza con distributori, importatori e ristoratori americani per contrastare una misura che colpisce duramente le nostre imprese».

I dazi al 15% sul vino italiano diretti negli Stati Uniti diventano realtà e aprono scenari critici per un comparto che vale oltre 2 miliardi l’anno di export oltreoceano. L’annuncio è arrivato dal commissario europeo al Commercio Maroš Šefčovič, confermando le preoccupazioni della filiera. «Come previsto, per il vino si conferma il nuovo regime di dazi al 15%; si tratta di una stangata per il settore più esposto tra le top 10 categorie italiane di prodotti destinati agli Stati Uniti, con un’incidenza al 24% sul totale export globale e un controvalore di circa 2 miliardi di euro l’anno. Sarà un secondo semestre molto difficile, pur nella speranza che nei ‘tempi supplementari’ le parti possano correggere il tiro. Secondo Unione italiana vini (Uiv), è ora più che mai fondamentale attivare un’alleanza tra la filiera italiana del vino e i partner Usa – distributori, importatori e ristoratori – che per primi si oppongono ai dazi nell’interesse comune delle imprese italiane e statunitensi» ha dichiarato il presidente di Uiv, Lamberto Frescobaldi.

Lamberto Frescobaldi fotografato a un evento a Veronafiere.

Un appello rafforzato dal segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, che sottolinea: «Il tempo delle deroghe, ma anche dell’incertezza, è terminato, ora va affrontata la sfida nella consapevolezza che servirà un sostegno da parte dello Stato in termini di promozione del prodotto enologico italiano. Lo scenario è complesso e vede già nei primi 5 mesi di quest’anno un calo tendenziale dei volumi di vino esportati di quasi il 4%».

Secondo l’Osservatorio Uiv, il danno stimato per le imprese italiane ammonterà a circa 317 milioni di euro nei prossimi 12 mesi, cifra che potrebbe lievitare fino a 460 milioni in caso di permanenza del dollaro debole. Anche i partner commerciali statunitensi ne uscirebbero penalizzati, con un mancato guadagno stimato in 1,7 miliardi di dollari.

La mappa delle aree più colpite vede numeri allarmanti: il Moscato d’Asti dipende dagli Usa per il 60% delle esportazioni, seguito dal Pinot grigio (48%), dal Chianti Classico (46%), dai rossi toscani Dop (35%) e piemontesi (31%), dal Brunello di Montalcino, fino al Prosecco (27%), al Lambrusco e al Montepulciano d’Abruzzo. Nel complesso, il 76% delle bottiglie italiane spedite oltreoceano si trova oggi in “zona rossa”.

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