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Quando il territorio fa rete: la prossimità come motore di coesione sociale

di Matteo Scolari
La prossimità è la chiave per ricostruire legami e contrastare le disuguaglianze. Fondazioni come Cariverona mostrano che innovare il sociale è possibile, se il territorio fa rete.

Stiamo vivendo crisi sovrapposte: ambientali, economiche, demografiche, educative. E’ proprio in momenti come questo che il concetto di prossimità assume un valore nuovo, quasi rivoluzionario. Non è solo questione di distanza fisica o di accesso a un servizio: la prossimità, oggi, è capacità di ascolto, presenza concreta, presidio relazionale. È il contrario dell’abbandono, della frammentazione e dell’indifferenza. Ed è esattamente questo il cuore del bando Sinergie promosso da Fondazione Cariverona, che ha deciso di investire non solo risorse – 586mila euro – ma soprattutto fiducia in reti territoriali che sanno fare alleanza, mettendo insieme imprese, terzo settore e istituzioni.

In tempi in cui la parola “comunità” rischia di svuotarsi nel linguaggio politico e istituzionale, Cariverona sceglie di darle un contenuto operativo e trasformativo. I progetti sostenuti non sono semplici iniziative assistenziali, ma laboratori di innovazione sociale. C’è chi, come a Montorio, trasforma il carcere in un’officina per il riciclo della plastica e il reinserimento dei detenuti. Chi rigenera un terreno agricolo per farne luogo di lavoro e inclusione per persone con disabilità. Chi insegna a migranti analfabeti non solo l’italiano, ma anche come compilare un curriculum, usare uno SPID, trovare un impiego.

Bruno Giordano
Bruno Giordano, presidente di Fondazione Cariverona.

Questi interventi parlano un linguaggio semplice ma potente: il cambiamento non si calcola solo in bilanci, ma in relazioni attivate, in dignità restituita, in opportunità condivise. E tutto questo è possibile solo se i soggetti del territorio si parlano, si contaminano, si ascoltano. Se il mondo del profit e quello del non profit smettono di ignorarsi o, peggio, di guardarsi con diffidenza, e iniziano a progettare insieme. Non per filantropia, ma perché una comunità coesa è un bene comune che conviene a tutti.

Il caso veronese – sei progetti selezionati, oltre 270mila euro erogati – dimostra che anche qui, in questa provincia industriosa e culturalmente vivace, esiste una trama viva di soggetti capaci di visione. A partire dalle imprese, che sempre più spesso non vogliono essere solo sponsor, ma attori del cambiamento. E da enti come Fondazione Cariverona, che non si limitano a distribuire fondi, ma curano la qualità delle relazioni, costruiscono contesti di fiducia, alimentano capitale sociale.

In fondo, la prossimità è anche questo: credere che nessuno si salva da solo. Che il benessere di uno è legato alla possibilità di accesso, partecipazione e riconoscimento di tutti. E che la coesione sociale non è un ideale astratto, ma una pratica quotidiana fatta di ascolto, presenza e responsabilità condivisa. Farla accadere è la vera sfida del nostro tempo. E chi, come Fondazione Cariverona, la raccoglie, compie un atto politico nel senso più nobile del termine.

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