Il Veneto perde imprese rosa: nel Nord-Est un costante calo dell’imprenditoria femminile
di Redazionedi Angelica Osinenko
Il Veneto, cuore economico nel Nord-Est d’Italia, sta affrontando un momento critico per quanto riguarda l’imprenditoria femminile. Innanzitutto è necessario ricordare cosa si intende per “impresa femminile”: è considerata tale un’azienda in cui la presenza femminile è predominante nella proprietà o nella gestione, un’impresa individuale la cui titolare è donna, una società di persone o cooperativa dove sono donne almeno il 60% dei soci oppure una società di capitali in cui il 51% delle quote è in mano di imprenditrici donne e l’organo di amministrazione è a maggioranza femminile.
Secondo i dati registrati alcuni mesi fa dalla Camera di commercio di Pordenone Udine e dalla “Fondazione Nord Est “, a fronte delle 137.156 imprese del Nord Est a guida femminile, il Veneto, assieme al Trentino Alto Adige, registra un valore, pari al 20,6%, inferiore alla media italiana e un’occupazione femminile pari al 67,4%, un punto in meno rispetto a quella totale del Nord Est (68,4%).

La situazione in Veneto
Il 2024 è stato l’anno in cui il numero delle realtà guidate da donne ha toccato i minimi dal 2015. Secondo i dati forniti dall’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio di Treviso, dal 2021 al 2024, in tutta la Regione sono sparite 1.602 realtà: dalle 88.672 del 2021, oggi se ne contano 87.070.
Ancora più allarmante è il dato registrato solo nell’ultimo anno: al 31 dicembre 2024 le imprese femminili erano 770 in meno rispetto rispetto all’anno precedente e ben 1.290 in meno rispetto al 2022.
Di conseguenza, si nota un calo trasversale in tutti i settori: dal 2015 infatti è avvenuta una riduzione drastica delle ditte legate all’ambito dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e quelle del commercio al dettaglio con defezioni anche nel comparto manifatturiero. Controcorrente è invece il dato registrato nel settore dei servizi alle imprese in cui è avvenuto un incremento di 4.115 unità.
E’ impossibile, dunque, non notare che questa decrescita non sia stata per nulla improvvisa, anzi, dal 2019 le imprese femminili hanno cominciato con decisione la loro discesa, sempre più ripida seguendo un trend veloce.
Soffermandosi sulle statistiche provinciali, si nota una tendenza aderente a quella regionale, in particolare dal 2023 al 2024, la situazione dell’imprenditoria rosa è negativa in tutte le province, le quali, chi più chi meno, hanno tutte perso nel giro di 365 giorni, attività a guida femminile.
- Belluno (-113 attività)
- Padova (-117)
- Rovigo (-237)
- Verona (-211)
Meno peggio, ma sempre con saldo negativo:
- Treviso (-65)
- Venezia (-16)
- Vicenza (-11).

A tal proposito, Barbara Berton, presidente Donne Impresa Confartigianato del Veneto sottolinea che «Le imprese femminili ci sono, dobbiamo impegnarci affinché ne nascano di nuove […] ci sono diverse donne che in controtendenza lasciano il posto fisso per aprire una propria attività e modulare il tempo a disposizione dividendosi tra la propria attività e i figli».
La presidente evidenza inoltre come le figure femminili riscontrino quotidianamente ostacoli nell’accesso al credito, problema per nulla nuovo ma ereditato dagli anni passati. Altro fattore rilevante è il cosiddetto “Gender Gap“: è ancora oggi molto diffuso lo stereotipo secondo cui la competenza femminile sia inferiore a quella maschile: ideologia che crea, inevitabilmente, una disparità tra generi colmabile, secondo la Fondazione Nord Est, solo tra 9-28 anni. Non indifferente è anche la necessità di conciliare i tempi di vita e di lavoro.
Elena Morello presidente del Comitato imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Padova, con una visione contro tendenza e se vogliamo più positiva, sostiene «Le imprese femminili si concentrano in determinati settori: nei servizi alla persona, nell’istruzione […] Pertanto, i dati vanno sempre letti in maniera relativa e non assoluta. Se le chiusure fossero tutte concentrate in questi comparti, allora sarebbe una tragedia. Invece, colpiscono settori in cui normalmente le aziende femminili non sono forti».
Da quanto si evince dalle sue dichiarazioni, Elena Morello, è fermamente convinta che, la necessità di molte donne di avere tempo libero in cui gestire ed organizzare lavoro e vita privata sia un fattore determinante e che, pertanto, sia proprio questa componente a penalizzarle nel campo di quei lavori che richiedono una presenza costante dell’individuo: 24 ore su 24.
Infine, dati alla mano, appare lampante che il futuro dell’imprenditoria femminile veneta sia a rischio, se priva di interventi strutturali. Sono necessarie politiche mirate con investimenti nei servizi di supporto e ultimo, ma non per importanza, un cambiamento culturale e ideologico che riconosca il valore strategico delle donne nell’economia.
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