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Allarme CGIA Mestre: fra dieci anni in Italia mancheranno 3 milioni di lavoratori

di Matteo Scolari
Un'analisi dell'Ufficio Studi rivela uno scenario critico per l'occupazione: nella sola provincia di Verona, il calo sarà di oltre 26.400 unità (-4,4%)

Il futuro del lavoro in Italia è a rischio. Secondo le proiezioni elaborate dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, nel 2035 la popolazione in età lavorativa scenderà di quasi 3 milioni di unità rispetto a inizio 2025. Un calo che rappresenta una riduzione del 7,8%, passando da 37,3 milioni a 34,4 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni.

Lo studio, basato su dati Istat, dipinge un quadro allarmante per tutte le 107 province italiane, con cali diffusi in ogni regione e particolarmente marcati nel Mezzogiorno, dove si concentrerà oltre il 50% della riduzione. Le ripercussioni previste non sono solo demografiche, ma coinvolgono l’intero sistema economico, produttivo e sociale del Paese.

A rischio la tenuta del sistema economico e sociale

Con meno persone in età attiva, l’Italia sarà chiamata ad affrontare una doppia crisi: da un lato la mancanza di lavoratori, che già oggi penalizza le imprese, soprattutto quelle artigiane e le PMI; dall’altro, l’aumento della spesa pubblica per pensioni, sanità e assistenza, dovuto all’invecchiamento progressivo della popolazione.

Nel 2025 gli occupati totali erano 24,3 milioni. Tra dieci anni, a fronte di un’offerta più ridotta di manodopera, il rischio concreto è il rallentamento strutturale del PIL, aggravato da instabilità geopolitica, transizione ecologica e digitale.

Pmi in difficoltà, le grandi aziende più attrezzate

Secondo la CGIA, saranno le piccole imprese a soffrire maggiormente la penuria di forza lavoro, perché incapaci di offrire stipendi competitivi, welfare aziendale e flessibilità oraria. Al contrario, le grandi imprese potrebbero assorbire meglio l’impatto grazie a condizioni più attrattive per i pochi giovani rimasti sul mercato.

Nel Nord si segnala un fenomeno già in corso: molte aziende denunciano difficoltà nel reperire personale qualificato, soprattutto nei settori artigianato, manifattura, agroalimentare e turismo. Nel Sud, dove permangono tassi elevati di disoccupazione e inattività, ci potrebbe essere un effetto compensativo parziale.

Un mercato al rallentatore: solo le banche potrebbero beneficiarne

Una società più anziana spende meno. Con un calo della propensione ai consumi, si prevede una contrazione della domanda nei settori dell’immobiliare, trasporti, moda e turismo. A trarne vantaggio, secondo lo studio, potrebbero essere solo le banche, grazie alla maggiore propensione al risparmio della popolazione over 65.

Il caso Veneto e Verona

La regione Veneto, una delle locomotive industriali del Paese, subirà una perdita stimata di quasi 239 mila persone in età lavorativa, pari a un -7,8%. Nella sola provincia di Verona, il calo sarà di oltre 26.400 unità (-4,4%). Anche Padova (-7,4%) e Treviso (-7,7%) registreranno flessioni rilevanti.

Le soluzioni? Nessuna a breve termine

La CGIA avverte che nessuna misura potrà invertire il trend nel breve periodo. Neppure il ricorso a forza lavoro straniera sarà sufficiente a colmare il gap. La necessità, secondo l’associazione, è quella di ripensare politiche occupazionali, industriali e formative con uno sguardo di lungo periodo, capaci di adattarsi a una società dove gli anziani superano i giovani, e dove la produttività dipenderà sempre più da innovazione, efficienza e automazione.

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