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Fondazione Nord Est, i giovani italiani bocciano il loro Paese

di Matteo Scolari
In tredici anni, ben 550mila giovani hanno lasciato l'Italia: politiche per giovanili, il lavoro e la famiglia sono tra gli ambiti più criticati.

L’Italia non è un Paese per giovani. Lo conferma un’indagine della Fondazione Nord Est, che ha analizzato i fattori di attrattività e allontanamento attraverso questionari rivolti sia ai giovani espatriati sia a quelli rimasti in Italia. Il risultato è una sonora bocciatura del sistema italiano, con valutazioni negative che accomunano sia chi ha scelto di trasferirsi all’estero sia chi ha deciso di restare.

In tredici anni, ben 550mila giovani italiani hanno lasciato il Paese in cerca di migliori opportunità, un numero che, secondo le stime della FNE, potrebbe essere triplo. Alla base di questa emorragia non ci sono solo le basse retribuzioni, ma un contesto privo di meritocrazia, con politiche pubbliche inadeguate e un sistema imprenditoriale poco innovativo e chiuso ai giovani.

Secondo i dati raccolti, le politiche per i giovani, il lavoro e la famiglia sono tra gli ambiti più criticati. Oltre il 90% degli espatriati indica la mancanza di adeguate politiche giovanili come una delle ragioni per rimanere all’estero. Simile il giudizio su welfare, infrastrutture digitali e servizi per le famiglie, con un forte divario tra le aspettative dei giovani e la realtà italiana. Solo il sistema sanitario e quello universitario riescono a ottenere un voto sufficiente da chi è rimasto nel Paese, ma non bastano a rendere l’Italia una destinazione attraente.

Sul fronte culturale, l’offerta artistica è l’unico fattore che ottiene una valutazione positiva, ma non è sufficiente a compensare la bocciatura in altri ambiti. Tra le principali criticità emerge la mancanza di meritocrazia, indicata come uno dei principali ostacoli alla crescita professionale. I giovani lamentano un sistema in cui contano più le conoscenze personali che le competenze, con una forte prevalenza di clientelismo e seniority sulle reali capacità.

Anche il mondo imprenditoriale riceve un giudizio severo. Oltre il 90% dei giovani espatriati e circa due terzi di quelli rimasti in Italia lo considera una delle principali motivazioni per andarsene. Le aziende italiane vengono percepite come poco innovative, scarsamente internazionalizzate e poco attente ai giovani. Un dato che stride con l’idea di un Paese ricco di piccole e medie imprese di successo, ma che in realtà fatica ad adattarsi alle nuove sfide globali.

Infine, il tema del lavoro si conferma centrale nelle motivazioni che spingono i giovani a partire. Salari inadeguati, scarse opportunità di crescita e difficoltà di accesso al mercato rendono l’Italia poco competitiva rispetto ad altri Paesi avanzati. Più che il livello retributivo in sé, i giovani denunciano la mancanza di prospettive, con poche possibilità di carriera e una cultura aziendale che non valorizza le competenze.

La ricerca della Fondazione Nord Est lancia un messaggio chiaro: se l’Italia vuole fermare l’esodo giovanile e attrarre nuovi talenti, deve cambiare radicalmente il proprio approccio. Servono politiche pubbliche più efficaci, un mercato del lavoro più equo e meritocratico, e un tessuto imprenditoriale capace di valorizzare il capitale umano.

Senza un’inversione di tendenza, il rischio è che le nuove generazioni continuino a cercare altrove le opportunità che l’Italia non è in grado di offrire.

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