Alex Vantini: «Verona rimane la prima provincia italiana per valore dell’export agroalimentare»
di Matteo ScolariCon oltre 18 milioni di presenze turistiche e un comparto agroalimentare che rappresenta più di un terzo del valore agricolo regionale, Verona è una delle capitali italiane del vino e dell’agricoltura di qualità. A guidare Coldiretti Verona c’è Alex Vantini, imprenditore che rappresenta la nuova generazione di agricoltori veronesi. Con lui abbiamo parlato di mercati internazionali, cambiamento climatico e transizione generazionale, temi che oggi definiscono il futuro del settore primario.
Presidente, Verona resta capitale dell’agroalimentare e in particolare del vino. Qual è la fotografia che scatta Coldiretti su questo comparto?
Verona rappresenta oltre un terzo dell’intero valore agricolo del Veneto, e questo la colloca al vertice nazionale. Nel mondo del vino deteniamo il primato assoluto per valore delle esportazioni: siamo la prima provincia italiana per export vinicolo. È un dato che testimonia la forza e la qualità del nostro territorio. Tuttavia, oggi viviamo una fase di flessione dei consumi, dovuta a vari fattori: il mutamento delle abitudini alimentari, il calo demografico e le difficoltà dei giovani ad avvicinarsi al vino. A livello internazionale, poi, la volatilità dei mercati e l’incertezza legata ai dazi rendono il quadro più complesso, con tensioni che si riflettono anche sui prezzi alla produzione.
C’è preoccupazione tra i produttori?
Sì, una certa preoccupazione si avverte. I viticoltori vedono ridursi i margini e si interrogano sulla sostenibilità economica del loro lavoro. Come Coldiretti, insieme ai consorzi di tutela, stiamo cercando di sviluppare strategie comuni per la stabilità dei redditi agricoli e per valorizzare il vino veronese anche sul mercato interno. Non si tratta solo di difendere un comparto produttivo, ma di preservare un patrimonio paesaggistico e culturale che è parte dell’identità della provincia. Il turismo stesso, con oltre 18 milioni di presenze annue, vive grazie al legame con i vigneti, le colline e le produzioni tipiche: difendere il vino significa proteggere l’intero ecosistema economico della provincia.
Parliamo invece di cambiamento climatico: quanto incide sull’agricoltura veronese?
Incide profondamente. Non è tanto cambiata la quantità di pioggia, quanto la distribuzione delle precipitazioni, che si concentrano in pochi eventi estremi con effetti devastanti. Le temperature medie aumentano, le gelate primaverili sono più frequenti e le colture soffrono la siccità. In questo contesto, la ricerca scientifica e l’innovazione diventano cruciali. Le nuove tecniche di evoluzione assistita permettono di ottenere varietà più resistenti alle fitopatie e alle alte temperature, ma serve un quadro normativo chiaro e condiviso. Allo stesso tempo, bisogna potenziare il sistema di gestione del rischio: oggi le assicurazioni non riescono a coprire pienamente i danni e i costi dei premi restano troppo alti per molte imprese.
Cosa chiedete alla politica?
Chiediamo di mettere la gestione del rischio al centro delle politiche agricole regionali e nazionali. Servono fondi per sostenere le aziende che si assicurano e strumenti innovativi per affrontare eventi climatici sempre più estremi. Le imprese agricole non chiedono assistenza, ma condizioni per poter programmare e investire. In parallelo, serve un lavoro culturale: dobbiamo spiegare ai cittadini che i cambiamenti climatici non sono un tema astratto, ma una realtà che si riflette sul prezzo e sulla disponibilità del cibo.
Sul fronte della valorizzazione territoriale, quali sono i prossimi passi?
La chiave è legare sempre più il prodotto al territorio, raccontandone la storia e l’identità con un linguaggio contemporaneo. È quello che consente di creare valore e riconoscibilità. Verona ha fatto molto nel vino, ma c’è ancora strada da fare in altri settori. Nel lattiero-caseario, ad esempio, manca una grande struttura di trasformazione; nell’ortofrutta stiamo invece colmando un vuoto importante. Posso anticipare che siamo in dirittura d’arrivo per il riconoscimento IGP della ciliegia delle colline veronesi, un traguardo che darà visibilità a un prodotto simbolo e rafforzerà la filiera. È un segno concreto di come la coesione tra agricoltori e istituzioni possa generare risultati tangibili per tutto il territorio.
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