AZIENDE SANITARIE NELLA PROVINCIA DI VERONA E COVID-19 PROTEGGERE E VALORIZZARE IL PERSONALE
di adminQuesti ultimi, afferma Sonia Todesco Segretaria Fp Cgil Verona e Veneto, rappresentano un
bene prezioso da salvaguardare visto il loro ruolo strategico nella gestione dell’emergenza e
della cura diretta alla popolazione. Per questa ragione è necessario che l’attenzione sia posta
sia sulla loro sicurezza, con adeguate dotazioni di dispositivi di protezione, sia sullo stress e
fatica a cui sono sottoposti sotto la pressione dell’emergenza.
Sui dispositivi di protezione è allarme nazionale ed europeo. La scarsa dotazione nelle
strutture è tale da aver indotto la Protezione civile a vietare le esportazioni di mascherine
all’estero se non su precisa autorizzazione al fine di concentrare la produzione e distribuzione
in Italia. Le due aziende sanitarie della nostra provincia hanno dotazioni contingentate in
utilizzo da parte dei soli operatori a contatto con positivi al Covid-19 o a contatto con soggetti
potenzialmente positivi come disposto dall’ Istituto Superiore della Sanità. Se le cose stanno
così è indubbio che vadano messe in campo, da parte di Governo e regione tutti gli interventi
perché ai lavoratori sia garantita la massima sicurezza.
Le aziende sanitarie della provincia di Verona, azienda ospedaliera di Verona e Ulss 9 contano
circa 10.000 tra medici, infermieri, OSS, amministrativi e altri professionisti sanitari. La
somma degli operatori attualmente in quarantena e quindi allontanati dal luogo di lavoro (sia
positivi che negativi ai tamponi) è, nella nostra provincia, di 130 unità di cui 52 medici e 21
infermieri. Tra questi, fortunatamente, solo 6 medici e 8 tecnici risultano positivi al tampone
per il Covid-19 in azienda ospedaliera e nessuno alla Ulss 9 Scaligera.
In queste ore il Governo, in accordo con l’Istituto Superiore di Sanità sta decidendo in merito
al rientro o meno al lavoro degli operatori negativi al test. Fatto è che le assenze dal lavoro
sono destinate ad aumentare nei prossimi 10 giorni quando si prevede arriverà il picco del
contagio nella nostra regione. Servono allora assunzioni straordinarie, oltre al normale
reclutamento e servono misure che tutelino i lavoratori che lasciano posti di lavoro per
entrare in sanità.
La regione, precisa Sonia Todesco, nei giorni scorsi, ha dato l’autorizzazione alle aziende ad
assumere extra programmazione trimestrale del fabbisogno sulla base dell’emergenza
riscontrata. L’azienda Ospedaliera di Verona, così come le altre aziende del Veneto, proprio
ieri mattina, ha inviato a 55 infermieri, 14 OSS e 4 tecnici di laboratorio la richiesta di
assunzione a tempo indeterminato, assegnando 4 giorni per rispondere e chiedendo la
disponibilità ad entrare in servizio il giorno 23 marzo. Quasi una ventina i lavoratori che ci
hanno contattato chiedendo informazioni sulle conseguenze di lasciare un lavoro per
accettare la proposta dell’azienda. Ricordiamo che per chi lavora già nel pubblico impiego
(ipab o altra ulss del Veneto) le dimissioni decorrono dal 16 di ogni mese e la presa in servizio
in azienda ospedaliera il giorno 23 marzo comporta la possibilità di un preavviso di soli 6
giorni con conseguente decurtazione dallo stipendio dei giorni di mancato preavviso. E’
necessario quindi che questa procedura di urgenza messa in campo dalla regione sia
accompagnata da provvedimenti che non scarichino sui lavoratori i costi dell’emergenza.
Inoltre va valutato l’impatto su altri servizi coinvolti dalla stessa emergenza Covid-19 (vedi
case di riposo o ceod o strutture residenziali per disabili) che il reclutamento urgente in sanità
di personale proveniente da queste strutture può determinare.
Se dobbiamo prepararci ad un picco di contagi in Veneto serve un coordinamento forte tra le
diverse realtà che erogano servizi sanitari e socio sanitari a livello regionale che tenga lo
sguardo sul personale oggi impiegato nelle diverse strutture per evitare che il potenziamento
delle prime crei emergenza su emergenza nelle seconde.
Nel caso inoltre il normale reclutamento da graduatorie non fosse sufficiente e solo in estrema
ratio è bene che le aziende escano, già da subito, con avvisi di manifestazione di interesse
rivolti al personale in quiescenza che intende rendersi disponibile ad incarichi di lavoro
autonomo in base all’art. 23 del decreto legge 2 marzo 2020 n. 9. Sono centinaia nella nostra
provincia i professionisti andati in pensione nel 2019. Sono professionisti preparati, formati e
con l’esperienza per fronteggiare questa emergenza. Naturalmente vanno predisposti
interventi per permettere loro di velocizzare gli adempimenti necessari tra i quali l’iscrizione
all’ordine e il rilascio della partita Iva.
Infine la FP CGIL chiede che tutte le aziende sanitarie tengano una contabilità separata per
tutti gli utilizzi dei fondi contrattuali per fronteggiare l’emergenza (ore straordinarie, richiami
in servizio, acquisto di prestazioni e progetti, reperibilità). Sarebbe paradossale infatti che a
fronte di una disponibilità straordinaria a farsi carico dell’emergenza, i professionisti
vedessero decurtati i loro fondi di produttività. Su questo punto accogliamo la disponibilità
dell’assessore Lanzarin ad occuparsi, dopo 12 anni di assenza, delle risorse aggiuntive
regionali. E’ necessario però che la disponibilità si trasformi subito in atti concreti di
valorizzazione di questa risorsa insostituibile che è il personale sanitario e non, che
quotidianamente opera nelle nostre aziende sanitarie.
Va infine accellerata l’autorizzazione allo smartworking richiesta dal personale. L’azienda
ospedaliera di Verona sta interessando i dirigenti nella individuazione delle posizioni
attivabili. Auspichiamo che nel giro di qualche giorno l’azienda risponda alle richieste.
Importante, dove possibile, aiutare i dipendenti con difficoltà nella gestione dei figli.
Lunedì 9 marzo primo incontro dei vertici della ULSS 9 in videoconferenza con le
Organizzazioni Sindacali sull’emergenza Covid-19
Infine un grande ringraziamento a tutti gli operatori. Grazie a loro usciremo presto da questa
brutta emergenza.
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