Ma Verona è una città nera come spesso la dipingono gli avversari politici?
di adminLettera Politica N. 173 dal sito L’officina.org
“Verona nera”. E’ così che i media la dipingono. Prendono un fatto particolare e poi s’allargano in giudizi che coinvolgono la città in generale, come ha fatto la trasmissione de La 7 Piazzapulita, commentando il caso Balotelli.
Una città di destra, dicono, con un alta percentuale di fascismo “nel sangue”.
Fece così nel 2001 Santoro con Sciuscià, prendendo spunto dal “caso Marsiglia”, il finto professore, finto ebreo, reo confesso d’essersi inventato un’aggressione razzista. Fece di Verona un ritratto così fosco che il sindaco di allora, Michela Sironi, lo denunciò per aver diffamato la città. Ne seguì un processo: i giudici diedero ragione a Santoro.
Ma Verona è “nera” davvero?
Come il resto del Veneto il substrato socio-culturale è di destra. Una destra con due anime: quella d’estrazione democristiana, maggioritaria, e quella d’estrazione fascista, particolarmente radicata a Verona, “Fascio” terzogenito, sede di ministeri della RSI, della pubblicazione del Manifesto di Verona e del processo ai traditori di Mussolini. Anche dopo il 1945 sono stati molto attivi il Msi, Ordine Nuovo ed altre organizzazioni di estrema destra, fra le quali va annoverata in senso lato anche la tifoseria dell’Hellas ( v. “Verona a destra” ed. Settimo Sigillo).
E’ quindi fuori discussione che “nel sangue della destra” veronese vi sia una percentuale di “fascismo” più alta che in altre città, intendendosi per “fascismo” una radice politica che è tutt’altro rispetto alla caricatura in negativo che ne fanno colorandola di ignoranza, intolleranza, violenza, razzismo ecc. Richiamarsi alla dottrina sociale del Fascismo (simile a quella della Chiesa), al corporativismo, alla partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende; affermare l’identità nazionale, difendere i confini e i diritti dell’Italia, sostenere la famiglia e la natalità non significa essere intolleranti o razzisti. Lo prova il fatto che a Verona vivono e lavorano migliaia di immigrati e nessuno li disturba. Un fatto che deve contare molto di più di un “uuuh” allo stadio.
Paolo Danieli
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