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Oggi parliamo dell’impianto di Risonanza Magnetica con HIFU, presente a Verona.

di admin
Riceviamo e volentieri pubblichiamo l'intervento del prof Gerosa, Presidente Onorario della Verona Brain Research Foundation, sul funzionamento dell'impianto di Risonanza Magnetica con HIFU, presente nella divisione di radiologia di AOUI Verona.


La BRF di Verona, Fondazione di Ricerca sulle Malattie del Cervello, si occupa da anni dell’erogazione di borse di studio per la ricerca nelle neuroscienze.
Le divisioni di Neuroradiologia e Neurochirurgia, eccellenze dell’Azienda Ospedaliera Integrata di Verona – AOUI, godono ora di un nuovo impianto di Risonanza Magnetica con HIFU, che li colloca tra i più qualificati centri di ricerca d’Europa.
Di seguito, a spiegare lo scopo del macchinario, un articolo del Professor Massimo Gerosa, ex Direttore della Divisione Neurochirurgica di AOUI e Presidente Onorario della Verona Brain Research Foundation.
“PATIENT FIRST” IN NEUROLOGIA
Come sappiamo ormai da anni, per la Sanità, italiana e non solo, le esigenze e quindi i costi di gestione si stanno facendo via via sempre più elevati, soprattutto per l’ingresso “inondante” delle nuove tecnologie negli schemi di trattamento, con la conseguente logica riduzione degli effetti collaterali, delle complicanze e del tributo che il malato paga in termini di “esiti cicatriziali” anatomici e funzionali.
Nel campo specifico della neuro-chirurgia, questo insieme di problematiche fu chiaro fin dai primi decenni del secolo scorso (1890-1915), con l’introduzione di raffinate tecnologie nella routine di trattamento dell’ipertensione endocranica.
Harvey Cushing, che può essere definito il padre della neurochirurgia moderna, chiamato a riassumere per i suoi allievi il senso di tutto un esame, un anno di lavoro in Sala Operatoria ed in Reparto, Ambulatorio e Pronto Soccorso, decise che questa complessa rete di esigenze poteva essere riassunta solo nella celebre fase che da allora intitolò l’attività della Sua Scuola: “Patient First”, cioè il “paziente prima di tutto” e che non occorrevano molte altre definizioni.
È un po’ sorprendente come, passati vari decenni, il malato (ed il neurochirurgo con lui) oggi cerchi le stesse cose, sia pure con nomi alterati e le stesse sostanze magari arricchite di sofisticate tecnologie.
Esattamente a questi principi si è ispirata la nostra Unità di Neurochirurgia stereotassica fin dai suoi primordi.
Rispettivamente, la scala dei valori operativi era progressivamente così stadiata e così l’abbiamo riassunta: 1. il paziente ha diritto ad essere curato al meglio, una cosa di per sé ovvia ma non sempre scontata;
2. non devono esserci costi aggiuntivi rispetto allo standard di cura che deve essere restare comunque il migliore.
LA RADIOCHIRURGIA STEREOTASSICA
Una succinta ma adeguata definizione della radiochirurgia stereotassica risale forse a Lars Leksell. Il termine stereotassi (dal greco stereo, qualcosa che si organizza nello spazio e tassi, disposizione) è utilizzato per descrivere una metodica che utilizza un sistema di coordinate tridimensionali per localizzare piccoli bersagli nel corpo umano e quindi permettere il trattamento di patologie poco accessibili chirurgicamente.
Lars Leksell coniò il termine radiochirurgia stereotassica dopo aver sviluppato un’apparecchiatura per la neurochirurgia che lo portò al brevetto nel 1968 di una macchina conosciuta come Gamma Knife.
La GK è costituita da una grossa e pesante struttura di acciaio (circa 250 quintali), che ricorda il lettino di una TAC o di una risonanza magnetica: il peso così significativo serve tra l’altro a rendere meno probabili oscillazioni o vibrazioni durante il funzionamento, e massimamente preciso l’utilizzo.
Il “cuore” della macchina è poi costituito da un grosso elmetto di acciaio rovesciato, nel quale viene accolta la testa del paziente, avvolta proprio dal casco stereotassico, il quale va ad agganciarsi al termine del tragitto “guidato” dal lettino proprio nell’elmetto rovesciato. A questo punto l’iter preliminare del paziente è terminato, ed il computer della Sala Comando avverte gli operatori che tutto è pronto per “sparare” sul bersaglio endocranico.
L’elmetto Gamma-Knife presenta un numero altissimo di mine di Cobalto191 (oggi oscillante intorno alle 200) che, su ordine della Sala Computer, possono essere “attivate” permettendo loro di “sparare” fasci radianti eminentemente di tipo Gamma, coassiali sui punti-volume-bersaglio, mentre tutti i punti intorno ricevono dosi radianti minime.
Ecco dunque spiegato il motivo della formidabile capacità distruttiva della GK sul “target”, mentre appunto le zone circostanti sono sostanzialmente risparmiate.
I principali vantaggi di questa tecnologia sono: l’estrema precisione dei fasci radianti e l’accuratissima distribuzione di dose (massima sul bersaglio e minima in periferia).
Scegliendo con cura il tipo di patologia da trattare – per esempio le malformazioni arterovenose endocraniche, i meningiomi, i neurinomi etc – si possono ottenere risultati impensabili ad un costo “umano” enormemente inferiore a quello della neurochirurgia convenzionale, ed aumentare il numero di interventi, con un non trascurabile vantaggio per il sistema sanitario.
L’HIFU (HIGH INTENSITY FOCUSED ULTRASOUND)
L’HIFU transcranica è una nuova metodica mininvasiva che produce l’ablazione (cioè la distruzione) termica mediante ultrasuoni di un bersaglio a livello cerebrale. L’HIFU è infatti uno strumento ad ultrasuoni di altissima intensità, e viene usato mediante la guida di una Risonanza magnetica che permette di focalizzare con estrema precisione il sito da trattare e ne verifica la distruzione durante la procedura stessa.
Nel 2010, anno in cui l’equipe di neurochirurgia di Verona andò a Tel Aviv per conoscerne le modalità di applicazione, ne esistevano di vari tipi, destinati ai principali capitoli della Oncologia: quello “cerebrale” era il più complesso e costoso, quindi il meno utilizzato sul mercato internazionale. Ora è una realtà e l’Ospedale universitario di Verona ne possiede un modello a doppio utilizzo sia per problemi oncologici di tessuti molli, che per le patologie cerebrali.
L’HIFU infatti può essere utilizzata nel trattamento del dolore neuropatico, nel tremore essenziale, nel tremore Parkinsoniano ed anche in alcuni tumori cerebrali.
I disordini del movimento, come il tremore essenziale e il tremore Parkinsoniano, sono condizioni che provocano una grande disabilità ed interferiscono in modo significativo con la qualità di vita dei pazienti. Inoltre possono essere refrattari alle cure mediche. Nei casi appunto in cui la terapia convenzionale non sortisca più effetti i pazienti possono essere indirizzati ad un trattamento di ablazione di un particolare nucleo del talamo (zona particolarmente delicata del cervello) mediante ultrasuoni.
I risultati dei primi centri che hanno applicato questa metodica sono molto incoraggianti. Fra questi anche Verona che possiede lo strumento ormai da un anno.
Il dolore neuropatico, come la nevralgia trigeminale, può essere oggetto di trattamento mediante HIFU in tutti casi in cui la terapia farmacologica, la chirurgia convenzionale, la radiochirurgia stereotassica ed altre metodiche parachirurgiche non sortiscano effetto. La grande sfida adesso è rivolta al trattamento di tumori cerebrali particolarmente aggressivi come i gliomi. Anche in questi casi estremamente difficili da trattare chirurgicamente perché infiltranti e comunque tendenti alle frequenti recidive, l’applicazione di ultrasuoni focalizzati ha dimostrato iniziali risultati positivi.
Inoltre si è dimostrata utile anche perché facilita la somministrazione di farmaci chemioterapici nel sito tumorale.
Nel complesso questa tecnologia nascente contribuisce ad arricchire il ventaglio di trattamenti mininvasivi di patologie cerebrali spesso refrattarie ad altre terapie, e soprattutto con un impegno limitato del paziente in termini di pesantezza dell’intervento e di degenza nonché di costi per la sanità.
Massimo Gerosa

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