Dazi USA e tensioni globali non frenano l’export italiano: Verona cresce, ma soffre sugli Stati Uniti
di Matteo ScolariI dazi statunitensi, le tensioni geopolitiche e la svalutazione del dollaro non hanno arrestato la corsa dell’export italiano. Anzi, nei primi nove mesi del 2025 le esportazioni nazionali sono tornate a crescere con decisione, segnando un +3,6% rispetto allo stesso periodo del 2024, pari a +16,6 miliardi di euro, e portando l’Italia al quarto posto tra i Paesi del G20 per valore delle merci esportate, davanti al Giappone. È quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre su dati Istat e OCSE.

Un risultato significativo se si considera il contesto internazionale complesso. Secondo la CGIA, nel terzo trimestre 2025 l’Italia ha esportato merci per quasi 190 miliardi di dollari, collocandosi alle spalle solo di Cina, Stati Uniti e Germania. Un dato che conferma la tenuta strutturale del sistema produttivo italiano e la forza del made in Italy sui mercati internazionali.

Particolarmente rilevante è l’andamento delle vendite verso gli Stati Uniti, che nei primi nove mesi del 2025 sono cresciute del 9%, passando da 48,1 a 52,4 miliardi di euro, dopo il calo registrato nel 2024 (-3,3%). Un recupero che, secondo gli analisti CGIA, smentisce l’ipotesi di un impatto immediato e negativo dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump. Anzi, a settembre 2025 l’export italiano verso gli USA ha segnato un balzo del +34,7% su base annua.

Le ragioni di questa resilienza sono da ricercare soprattutto nella qualità medio-alta delle merci italiane, che rappresentano circa il 92% dell’export verso gli Stati Uniti e risultano difficilmente sostituibili, e nella capacità delle imprese di difendere le proprie quote di mercato, anche riducendo i margini per assorbire l’impatto delle tariffe. Tutto questo nonostante un ulteriore fattore penalizzante: dall’inizio del 2025 il dollaro si è svalutato del 12% rispetto all’euro, rendendo teoricamente meno competitive le esportazioni europee.
In questo quadro nazionale positivo si inserisce anche il Veronese, che nei primi nove mesi dell’anno registra un export pari a 11,4 miliardi di euro, in crescita dell’1,9%, dato che colloca la provincia al 46° posto nazionale per variazione percentuale, ma soprattutto la pone in controtendenza rispetto alla media veneta (-0,6%), come già evidenziato dalla Camera di Commercio di Verona.

Diverso, però, il quadro se si guarda al mercato statunitense. Secondo i dati CGIA, l’export veronese verso gli USA cala del 6,2%, passando da 619,3 a 581 milioni di euro nei primi nove mesi del 2025. Una flessione che distingue Verona da molte altre province italiane e segnala una maggiore esposizione del sistema produttivo locale alle difficoltà del mercato americano, probabilmente legata alla composizione settoriale delle esportazioni scaligere.
A livello nazionale, infatti, i comparti che trainano la crescita sono quelli a più alto valore aggiunto: navi e imbarcazioni (+51,6%), farmaceutica (+37,6%), metalli preziosi (+32,4%) e aeromobili (+25,5%). Al contrario, soffrono settori più tradizionali come auto (-10%), gioielleria (-14,7%) e raffinazione del petrolio (-13,6%), dinamiche che aiutano a spiegare le difficoltà di alcune province manifatturiere, tra cui anche Verona.

Nel complesso, i dati CGIA restituiscono l’immagine di un export italiano sorprendentemente resiliente, capace di crescere anche in presenza di barriere commerciali e tensioni internazionali. Per Verona, il segnale resta positivo sul fronte complessivo, ma la contrazione verso gli Stati Uniti rappresenta un campanello d’allarme che rafforza la necessità di diversificare i mercati di sbocco e puntare sempre più su qualità, innovazione e posizionamento alto di gamma, per continuare a competere in uno scenario globale sempre più selettivo.
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