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Fausto Bonomi: «Siamo nati in Lessinia e vogliamo continuare a crescere qui»

di Matteo Scolari
Il presidente di Forno Bonomi ripercorre i 175 anni dell’azienda, l’evoluzione familiare, gli investimenti in nuove linee produttive, la sfida della logistica e il legame indissolubile con il territorio di Roverè Veronese.

Forno Bonomi è un simbolo dell’imprenditoria veronese nel mondo. Dai primi forni del paese fino alla leadership globale dei savoiardi, l’azienda ha attraversato generazioni, trasformazioni, investimenti e un forte radicamento in Lessinia. Il presidente Fausto Bonomi racconta passato, presente e futuro di una realtà che dà lavoro a centinaia di persone e che continua a crescere senza rinnegare le proprie origini.

Proprio nel 2025 l’azienda ha celebrato i suoi 175 anni con un grande evento nella sede di Roverè Veronese, alla presenza delle famiglie dei collaboratori, delle istituzioni e di ospiti di rilievo come il Presidente della Camera Lorenzo Fontana. Una festa che ha rafforzato il senso di appartenenza a un territorio che ha visto nascere l’azienda e che continua a ospitarla nonostante le sfide logistiche. Dalla storia familiare al nuovo piano industriale condiviso con il fratello Renato, fino agli investimenti in tecnologie e qualità, Fausto Bonomi ripercorre la strada che ha portato Forno Bonomi a esportare in oltre 110 Paesi.

Presidente, come avete vissuto l’anno del 175° anniversario?

L’evento ci ha dato una soddisfazione enorme. All’inizio eravamo titubanti, ma partecipazione e calore sono stati sorprendenti. Collaboratori, famiglie, istituzioni: tutti ci hanno fatto sentire quanto il nostro lavoro sia riconosciuto, anche se operiamo in montagna. È stato un momento che ci ha confermato che quella è la nostra casa e lì vogliamo continuare.

La storia dell’azienda parte da Velo Veronese. Come si è evoluta nel tempo?

Siamo risaliti ai nostri nonni e bisnonni che avevano un forno in paese. Dopo le guerre il forno passò a uno zio di mio padre, che poi chiuse. Mio padre, tornato in paese, decise di riaprirlo e da lì iniziò tutto: una crescita continua che ci ha portati dall’artigianato dolciario del dopoguerra – Nadalin e torta frolla – ai mercati internazionali. Oggi, con i savoiardi, siamo i primi produttori al mondo.

Quest’anno avete anche rafforzato la governance e presentato un piano industriale importante.

Sì, il percorso era iniziato già prima del Covid. Sapevamo che l’azienda aveva potenzialità per crescere ancora e giocare un ruolo centrale sui mercati mondiali. Le filiere internazionali da cui attingiamo ci hanno dato indicazioni preziose, sia per lo sviluppo dei prodotti sia per adattarci ai gusti dei diversi Paesi. L’obiettivo è continuare a portare la bandiera italiana nel mondo, valutando quando necessario anche proposte più vicine ai mercati locali.

State per avviare una nuova linea produttiva dedicata ai savoiardi. Che impatto avrà?

Siamo davvero agli ultimi giorni prima dei primi test. A regime richiederà circa 25–30 nuovi collaboratori: non è semplice trovarli, ma ci stiamo muovendo e diverse persone le abbiamo già individuate. La verità è che questa linea ci servirebbe già adesso, tanta è la richiesta.

Rimanere in Lessinia è una scelta identitaria. Perché avete deciso di non spostarvi in pianura?

Negli anni ci siamo interrogati più volte. Avevamo anche un terreno pronto in pianura, ma abbiamo scelto di completare qui il nostro percorso. I collaboratori hanno sempre seguito l’azienda con fiducia e impegno, e volevamo restituire loro questo valore. Certo, la logistica oggi è più complessa: aumentando la produzione, aumenta anche il traffico su strada. Con le istituzioni stiamo dialogando per individuare soluzioni e migliorare la viabilità.

Il tema del personale è centrale. Come affrontate la sfida di attrarre e trattenere nuovi lavoratori?

In Lessinia siamo ormai pochi, quindi attingiamo ai comuni limitrofi. Da anni utilizziamo il welfare aziendale, inizialmente visto con diffidenza ma ora molto apprezzato. Da due anni c’è anche il premio di risultato, raggiunto con ottimi esiti. Stiamo lavorando inoltre per creare unità abitative per i collaboratori che arrivano da fuori: è una delle priorità.

Parliamo di qualità: come si resta leader in un mercato internazionale così competitivo?

Partiamo dall’Italia, dove il food made in Italy è fortissimo. Ma per mantenere la leadership bisogna investire. Ad agosto abbiamo spostato e ampliato il laboratorio qualità, con nuove attrezzature e personale dedicato. Controlliamo le materie prime all’origine: uova, farine, burro. Qualità e sicurezza alimentare devono essere assolute. E poi esportiamo in 110 Paesi: difficile entrare, ma quando il consumatore assaggia, torna ad acquistare. È il segnale che siamo sulla strada giusta.

C’è un prodotto a cui è più legato degli altri?

La Tortafrolla, senza dubbio. È veronese, è nostra, la produciamo dagli anni Sessanta. È il prodotto che sento più vicino, tanto che da tempo lavoriamo per farlo riconoscere come “dolce di Verona”. È un valore identitario e vorremmo fosse percepito come tale anche dai ristoratori della città.

E un sogno imprenditoriale ancora da realizzare?

I sogni sono sempre tanti. Il più importante è che le nostre famiglie proseguano su questa strada con progettualità e visione. E poi, vedere il brand Forno Bonomi più presente nella grande distribuzione italiana, con un riconoscimento in linea con quello che otteniamo all’estero.

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