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Mirko Sella: «L’agricoltura veronese ha futuro solo se saprà fare sistema»

di Matteo Scolari
Il vicepresidente di Cia Verona analizza le sfide del settore primario tra crisi di redditività, cambiamento climatico e nuove opportunità legate all’innovazione.

Il mondo agricolo veronese si trova oggi al centro di una trasformazione strutturale. Mentre i mercati sono sempre più competitivi e i costi di produzione aumentano, le aziende si confrontano con eventi climatici estremi e un quadro normativo in continua evoluzione. A fare il punto è Mirko Sella, vicepresidente di Cia Verona, che sottolinea l’urgenza di costruire politiche agricole di lungo periodo, capaci di unire innovazione, sostenibilità e tutela del reddito degli agricoltori.

Vicepresidente, come descriverebbe oggi lo stato di salute dell’agricoltura veronese?

Il nostro comparto resta uno dei più forti d’Italia, ma oggi è messo a dura prova da fattori economici e climatici senza precedenti. Le produzioni sono eccellenti, ma la redditività delle aziende si sta erodendo. I costi di produzione — energia, carburanti, materie prime — sono aumentati in modo insostenibile, mentre i prezzi riconosciuti ai produttori spesso non coprono nemmeno le spese. Nonostante questo, le imprese agricole continuano a investire e innovare, dimostrando una capacità di adattamento straordinaria. Tuttavia, serve un sostegno politico più concreto, perché la resilienza da sola non basta più.

Il cambiamento climatico è un tema ormai costante. Come lo state affrontando?

È il principale fattore di instabilità. Le trombe d’aria di settembre, che hanno devastato aree tra Verona e Vicenza, sono solo l’ultimo esempio di una tendenza ormai cronica: grandine, siccità, gelate improvvise e piogge violente compromettono le produzioni e mettono in crisi l’intero sistema. Gli agricoltori veronesi stanno reagendo investendo in reti antigrandine, irrigazione di precisione e nuove tecniche agronomiche, ma tutto questo richiede risorse importanti. È indispensabile un sistema di gestione del rischio più efficiente, che consenta di accedere alle assicurazioni in modo rapido e sostenibile. Senza tutele reali, ogni evento estremo diventa una minaccia esistenziale per le aziende.

Sul piano politico, quali interventi ritenete prioritari?

Prima di tutto serve una semplificazione delle procedure e una revisione della Politica Agricola Comune, che oggi è diventata troppo rigida e burocratica. Gli eco-schemi introdotti dall’ultima riforma sono teoricamente condivisibili, ma nella pratica si traducono in una montagna di carte e vincoli che scoraggiano gli agricoltori. Occorre una visione pragmatica: più incentivi per chi produce in modo sostenibile, meno obblighi formali e più attenzione alla competitività. Il rischio, altrimenti, è che la sostenibilità rimanga un concetto astratto e non un valore condiviso.

In che modo l’innovazione può aiutare le aziende agricole veronesi a crescere?

Oggi la transizione digitale è una grande opportunità. L’agricoltura di precisione, i sensori climatici, i droni e le piattaforme di analisi dei dati permettono di migliorare la gestione delle colture e ridurre l’impatto ambientale. Ma servono investimenti e formazione. Troppo spesso le aziende agricole non riescono a sostenere da sole i costi di queste tecnologie, e non sempre trovano figure tecniche in grado di gestirle. Noi di Cia stiamo promuovendo corsi e partenariati per diffondere le competenze digitali e creare una rete di consulenza che supporti le imprese. L’innovazione non deve restare appannaggio di pochi, ma diventare una risorsa condivisa per tutto il territorio.

C’è anche un problema di ricambio generazionale?

Sì, è una delle nostre principali preoccupazioni. L’età media degli imprenditori agricoli supera i 57 anni, e molti giovani vorrebbero entrare nel settore ma si scontrano con accesso difficile al credito, burocrazia e incertezze reddituali. Servono misure mirate per favorire il subentro, accompagnare le nuove generazioni e ridare appeal a un mestiere che oggi richiede competenze complesse, ma può offrire grandi soddisfazioni. L’agricoltura non è più solo fatica fisica, è imprenditorialità e tecnologia, e dobbiamo trasmettere questo messaggio.

Come vede il futuro del settore primario veronese?

Se sapremo fare sistema, il futuro può essere positivo. Verona ha un patrimonio unico: una filiera completa, produzioni di eccellenza e un tessuto di imprese solide. Ma serve una regia comune che unisca associazioni, consorzi e istituzioni. Dobbiamo abbandonare la logica delle divisioni e lavorare insieme su promozione, export e innovazione. È questo lo spirito con cui affrontiamo il futuro: l’agricoltura veronese può continuare a crescere, ma solo se riuscirà a parlare con una voce sola.

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