Fabio Innocenzi: «Le barriere commerciali frenano lo sviluppo, servono mercati aperti e interconnessi»
di Matteo ScolariDurante la 21ª Settimana Veronese della Finanza, Economia e Lavoro, Fabio Innocenzi, vicepresidente di Banca Finint, ha offerto una riflessione sul momento economico globale, caratterizzato da dazi, guerre e tensioni geopolitiche. Il banchiere ha ribadito come la forza del sistema produttivo e bancario italiano risieda nella prossimità ai territori e nella libertà dei mercati, elementi imprescindibili per garantire sviluppo e competitività.
Vicepresidente Innocenzi, come giudica l’attuale scenario internazionale e il ritorno dei dazi?
Il nostro nome — Finint, Finanziaria Internazionale — contiene un concetto che oggi rischia di essere messo in discussione: la parola “internazionale”. È una parola che non va d’accordo con i dazi. Tutta la cultura economica occidentale è cresciuta grazie alle interconnessioni commerciali e finanziarie, costruendo negli anni un mondo di libero scambio e libero movimento di capitali. Tornare a erigere barriere significa fare un passo indietro. Quando si ostacolano gli scambi, si penalizza la specializzazione e si perde efficienza. È come voler produrre ghiaccio nel Sahara: possibile, ma antieconomico. Le barriere danneggiano tutti, anche chi le erige.
Qual è oggi la situazione del sistema bancario italiano?
Sta vivendo un momento positivo. È tornata al centro la banca commerciale, quella vicina ai territori, alle imprese e alle famiglie. Si dà di nuovo valore al risparmio e alla sua canalizzazione verso l’economia reale, e questo rafforza il legame tra banche e tessuto produttivo. Allo stesso tempo, si assiste a una rivalutazione del ruolo della banca d’affari e di investimento, che è fondamentale per accompagnare le imprese nei loro progetti di crescita e nei processi di riorganizzazione. È una fase di rinnovato protagonismo del sistema bancario, che può sostenere lo sviluppo a patto che non si torni a un mondo di barriere e restrizioni.
Il Veneto e il Triveneto sono storicamente territori molto aperti. Oggi restano terra di conquista o possono tornare protagonisti?
Direi entrambe le cose. Da un lato è vero che il nostro territorio è da sempre attrattivo per operatori esterni, ma oggi sta anche riconquistando spazio. Penso all’esperienza stessa di Banca Finint, nata da un’intuizione di Enrico Marchi: una banca d’affari nel cuore del Nordest, che molti consideravano un’utopia e che oggi è una realtà consolidata. Vediamo imprenditori veneti che tornano a investire, a ricomprare aziende o a partecipare a nuove aggregazioni anche fuori regione. È un mercato fluido e dinamico, dove le competenze locali possono competere a livello internazionale.
Ci racconta più nel dettaglio in cosa consiste l’attività di Banca Finint?
Siamo una banca d’affari a tutto tondo. Lavoriamo a fianco delle imprese, delle istituzioni finanziarie e dei privati, offrendo servizi di consulenza, strutturazione finanziaria e gestione del risparmio.
Nel corso dell’ultimo anno abbiamo seguito numerose operazioni di debito e di finanza straordinaria, come emissioni obbligazionarie e finanziamenti a lungo termine per aziende a Bergamo, Venezia, Trento e Treviso. In parallelo, gestiamo operazioni di riassetto familiare e valorizzazione aziendale, anche nel Veronese. Siamo inoltre leader in Italia nel settore delle cartolarizzazioni, con una quota di mercato attorno al 40-45%. E con l’acquisizione della milanese ConsulCF Private Banking abbiamo completato il modello integrato di servizi per imprese, intermediari e famiglie.
Negli ultimi mesi avete anche parlato di un legame sempre più forte tra sostenibilità e innovazione tecnologica.
Sì, perché sono due dimensioni che oggi si intrecciano profondamente. Tutte le nostre policy aziendali sono allineate ai principi ESG, e oltre metà dei 5 miliardi di asset che gestiamo è investita secondo criteri sostenibili. La BEI ci ha affidato 250 milioni di euro da destinare a progetti green, e consideriamo la sostenibilità una responsabilità concreta, non uno slogan.
Allo stesso tempo, tecnologia e sostenibilità devono convivere: l’intelligenza artificiale, per esempio, aumenta l’efficienza ma anche il consumo energetico. Serve equilibrio, e il nostro compito è guidare l’innovazione verso un uso responsabile.
Quanto sta incidendo l’intelligenza artificiale nel modo di fare banca?
Sta cambiando tutto. Per decenni il consulente ha avuto un vantaggio informativo rispetto al cliente; ora, con strumenti come ChatGPT, il cliente può essere più informato del suo consulente. È una rivoluzione che costringe le banche a migliorare il proprio valore aggiunto e la qualità del servizio.
Abbiamo lanciato Tecla, una piattaforma sviluppata internamente proprio per integrare l’intelligenza artificiale nella consulenza e renderla accessibile non solo ai nostri clienti, ma anche ad altri intermediari finanziari. È una sfida affascinante e uno stimolo a fare sempre meglio.
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