Il lavoro cambia volto: inJob accompagna le imprese (e i giovani) nel futuro
di Matteo Scolari88 milioni di euro di ricavi nel 2024, +11% rispetto all’anno precedente, un incremento del +22,3% dell’EBITDA, 7.525 profili inseriti in 1.550 aziende clienti e una crescita dell’82% nel recruiting di profili permanent grazie al nuovo brand Mynameis. Sono i numeri con cui inJob, realtà veronese del gruppo W, si è affermata come punto di riferimento nazionale nel settore delle risorse umane, con un focus strategico sui profili qualificati del Made in Italy. A guidare questo percorso è Enrica Ronchi, CEO di InJob, che in occasione del Premio Innovazione 2025 ha condiviso la sua visione sul cambiamento del lavoro, sul ruolo dei giovani e sulle sfide del mercato.
Dottoressa Ronchi, inJob ha chiuso un anno importante. Quali sono stati i fattori principali di crescita?
Abbiamo avviato un percorso di sviluppo molto ambizioso. Dal 2021, con l’ingresso in un fondo di private equity e l’ingresso in W Group, abbiamo investito nell’apertura di nuovi career center e nello sviluppo di progetti strategici come Mynameis, società dedicata all’headhunting per profili middle ed executive. In due anni e mezzo siamo passati da 52 a 88 milioni di euro di ricavi, con l’obiettivo di superare i 100 milioni nel 2025. Ma il valore vero è nella capacità di essere vicini ai territori, ai bisogni reali delle imprese e delle persone.
Come è cambiato il mercato del lavoro negli ultimi anni?
È cambiato radicalmente. Oggi non sono più solo le aziende a scegliere chi assumere: sono i candidati a scegliere le aziende. Il mercato è completamente candidate-driven. Le nuove generazioni valutano le proposte in base a criteri come work-life balance, sostenibilità, inclusione, valori aziendali. Il lavoro è importante, ma non è tutto. Le imprese devono sapersi raccontare, ingaggiare davvero.
La ricerca di personale specializzato resta una delle grandi difficoltà. Quali sono le cause?
I fattori sono diversi. Il primo è demografico: meno giovani, più pensionamenti. E poi tanti profili qualificati che scelgono di trasferirsi all’estero. Le aziende fanno sempre più fatica a trovare persone con competenze tecniche, e cominciano a guardare ad altri territori, offrendo anche soluzioni di housing per attrarre talenti. Serve un cambio di passo, anche culturale.
Qual è il ruolo di inJob in questo contesto?
Siamo un ponte tra domanda e offerta. Accompagniamo le aziende nella ricerca e selezione, ma anche le persone nella loro crescita. Offriamo formazione, lavoriamo con fondi come Formatemp per l’upskilling e il reskilling. Quando un profilo è difficile da trovare, costruiamo il percorso formativo su misura, in sinergia con le imprese. E oggi più che mai questo approccio è fondamentale.
Guardando al futuro, quali sono i principali driver del mondo del lavoro secondo voi?
Due sono i temi centrali: intelligenza artificiale e sostenibilità. L’AI cambierà milioni di posti di lavoro. Il World Economic Forum stima che 90 milioni di ruoli spariranno e 78 milioni si trasformeranno entro pochi anni. Questo significa che dobbiamo investire subito sulla formazione continua. Il lavoro sta cambiando: non possiamo permetterci di restare fermi.
Un messaggio per i giovani che guardano al mondo del lavoro con incertezza?
Noi li aspettiamo. Non sono soli. inJob è pronta a offrire orientamento, coaching, percorsi personalizzati. Il lavoro può diventare spazio di realizzazione personale, se si ha il coraggio di mettersi in gioco. Le opportunità ci sono. Bisogna imparare a leggere il presente e immaginare il proprio futuro.
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