Confesercenti, 2024 annus horribilis: chiuse oltre 61 mila attività in Italia
di Matteo ScolariIl 2024 si conferma un anno nero per il commercio italiano. Secondo un’analisi di Confesercenti, basata sui dati camerali, tra gennaio e dicembre hanno aperto 23.188 nuove imprese, mentre ben 61.634 attività hanno chiuso definitivamente, segnando il peggior rapporto tra aperture e cessazioni dell’ultimo decennio: quasi una nuova attività ogni tre chiusure.
Se la crisi delle nuove aperture dovesse proseguire con lo stesso andamento, il commercio di prossimità potrebbe scomparire entro il 2034. Un dato allarmante se si pensa che nel 2014 le nuove attività erano state 43.324, pari a oltre 118 al giorno, mentre nel 2024 il ritmo si è quasi dimezzato, scendendo a 63,5 aperture giornaliere. Il calo è diventato ancora più evidente dal 2020, quando la pandemia ha accelerato un fenomeno che già mostrava segnali preoccupanti.
Parallelamente alla riduzione delle iscrizioni, si assiste a un aumento costante delle chiusure, in crescita per il quarto anno consecutivo. Ogni giorno del 2024, circa 169 negozi hanno abbassato la saracinesca, un dato superiore a quello del 2020, anno del Covid, quando le chiusure giornaliere erano 139. Il rapporto tra cessazioni e nuove attività è ora vicino a 3 a 1 (2,7), mentre nel 2014 era 1,5 a 1.
Il fenomeno della desertificazione commerciale colpisce tutto il Paese, ma in alcune regioni la situazione è ancora più grave. Nelle Marche, per ogni nuova apertura si registrano 4 chiusure e, se la tendenza non cambia, il territorio potrebbe raggiungere le aperture zero già nel 2031. Anche in Sicilia, Lazio, Sardegna e Umbria il rapporto tra nuove iscrizioni e cessazioni è critico, con valori compresi tra 1 a 3,8 e 1 a 3,2.
Molti sono i fattori che contribuiscono a questa crisi. L’invecchiamento della popolazione ha un impatto rilevante, con sempre meno giovani imprenditori disposti ad avviare un’attività. Tra il 2014 e il 2024, sono scomparse 153mila imprese guidate da under 35, di cui ben 66mila nel commercio. A questo si aggiunge la difficoltà di accesso al credito, una ripresa economica ancora troppo lenta e la crescente concorrenza delle grandi catene e delle piattaforme online, che dominano il mercato sottraendo clienti ai piccoli esercenti.

Di fronte a questa situazione, Confesercenti lancia un allarme chiaro. Patrizia De Luise, Presidente nazionale dell’associazione, sottolinea come il rischio sia quello di marginalizzare il commercio indipendente, trasferendo il controllo della distribuzione a pochi colossi. “La desertificazione commerciale è un problema enorme sia sul piano economico sia su quello sociale. Purtroppo, fino ad ora si è fatto poco o nulla per arginare la scomparsa dei piccoli negozi”, afferma De Luise. “La prospettiva concreta è che il canale distributivo tradizionale venga definitivamente marginalizzato, lasciando spazio solo ai grandi monopoli e alle multinazionali dell’online. Un danno enorme non solo per il commercio, ma anche per i consumatori, che rischiano di perdere la possibilità di scegliere e acquistare prodotti in un mercato realmente concorrenziale”.
La necessità di misure urgenti a sostegno del commercio di prossimità diventa sempre più evidente. Senza un’azione concreta, il rischio è quello di vedere scomparire definitivamente i negozi indipendenti dai centri urbani, con conseguenze economiche e sociali difficili da prevedere.
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