Callisto Bravi: «L’ospedale è un patrimonio collettivo, va protetto e sostenuto»
di Matteo ScolariLa sanità pubblica italiana è di sicuro un baluardo imprescindibile del nostro welfare e continua a garantire, nonostante tutto, assistenza e cure di alto livello per tutti i cittadini. Sfide come la sicurezza del personale sanitario, la competizione con il settore privato e la necessità di innovazione tecnologica pongono però interrogativi importanti sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale. Ne abbiamo parlato con Callisto Marco Bravi, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (AOUI), ospite della trasmissione Focus Verona Economia su Radio Adige TV.
Direttore, partiamo dalla cronaca: anche a Verona, di recente, si sono verificati episodi di aggressioni al personale sanitario, un problema sempre più diffuso. Quali misure avete adottato per affrontare questa emergenza?
Si tratta di un problema molto serio, che non riguarda solo la nostra città ma l’intero sistema sanitario nazionale. Il personale medico e infermieristico è sottoposto a una pressione crescente, aggravata dalla carenza di risorse e dall’aumento della complessità dei casi trattati nei pronto soccorso. Quando si verificano episodi di aggressione, il danno non è solo fisico per chi li subisce, ma anche psicologico e organizzativo per l’intera struttura ospedaliera.
A Verona, abbiamo subito più episodi di violenza, in particolare nel pronto soccorso di Borgo Trento. Per questo, abbiamo deciso di agire immediatamente e di avviare un piano di sicurezza, coinvolgendo le forze dell’ordine e le istituzioni locali. Abbiamo stretto un’alleanza con la Questura e il Prefetto per aumentare la presenza di agenti e di personale di vigilanza nei reparti più a rischio.
Stiamo inoltre sperimentando nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, che permetteranno di rilevare tempestivamente atteggiamenti aggressivi tramite le telecamere di sicurezza. Grazie a un sistema di analisi avanzata, potremo segnalare in tempo reale situazioni potenzialmente pericolose alla centrale della Polizia.
Non ci fermiamo qui: abbiamo introdotto corsi di autodifesa e gestione del conflitto per il nostro personale, affinché possano affrontare le situazioni critiche con maggiore sicurezza e consapevolezza. La vera soluzione, però, deve essere culturale: dobbiamo promuovere il rispetto per il personale sanitario e rafforzare la fiducia tra pazienti e medici.
Negli ultimi anni, il settore privato ha guadagnato sempre più spazio nel mondo sanitario. Qual è la sua opinione su questa tendenza?
C’è un’idea diffusa, ma errata, secondo cui il settore privato stia “sostituendo” il pubblico. In realtà, pubblico e privato dovrebbero essere complementari, non in competizione. L’Italia ha un sistema sanitario pubblico tra i migliori al mondo, con una qualità elevata e costi relativamente contenuti rispetto ad altri paesi. Se guardiamo ai dati, il nostro Paese spende circa il 6,2% del PIL per la sanità, pari a circa 130 miliardi di euro all’anno. In Germania e Francia questa percentuale arriva al 13%, mentre negli Stati Uniti si sfiora il 15%. Tuttavia, quando un cittadino ha bisogno di un intervento chirurgico complesso, spesso sceglie un chirurgo italiano, perché la nostra formazione medica è tra le più avanzate al mondo.
Il problema non è il privato in sé, ma il fenomeno dell’inappropriatezza delle cure. Chi può permetterselo tende a rivolgersi al privato per accorciare i tempi di attesa, ma non sempre la prestazione privata è migliore di quella pubblica. Noi stiamo lavorando con le assicurazioni sanitarie per garantire ai cittadini la possibilità di scegliere il pubblico senza svantaggi in termini di tempistiche e servizi.
Il Servizio Sanitario Nazionale rimane l’unico sistema che garantisce cure a tutti senza discriminazioni economiche. Senza la sanità pubblica, milioni di persone non avrebbero accesso alle cure necessarie. Il nostro impegno è quello di rafforzare il sistema pubblico, migliorando l’accessibilità e riducendo i tempi di attesa.
Guardando al futuro, quali sono gli investimenti e le innovazioni in corso nell’AOUI di Verona?
Negli ultimi due anni, abbiamo portato a casa 12 milioni di euro di investimenti per la ricerca, senza contare le risorse universitarie. Questo ci ha permesso di sviluppare circa 1.200 studi clinici ogni anno, rendendo il nostro Comitato Etico uno dei più efficienti d’Italia.
Abbiamo anche stretto collaborazioni con diversi dipartimenti universitari, in particolare nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale applicata alla medicina. Uno dei progetti più innovativi riguarda lo sviluppo di sistemi per l’analisi predittiva, che ci permetteranno di anticipare il decorso di alcune patologie, migliorando la personalizzazione delle cure.
Un’altra grande novità riguarda la radioterapia. Ad aprile inaugureremo due nuove macchine di ultima generazione, per un investimento di quasi 20 milioni di euro. Questo ci consentirà di offrire trattamenti oncologici più precisi ed efficaci, riducendo gli effetti collaterali per i pazienti.
Siamo inoltre tra i centri di riferimento in Europa per interventi mini-invasivi guidati da ultrasuoni e risonanza magnetica. Di recente, abbiamo eseguito il primo intervento in Europa su un paziente affetto dalla cosiddetta “malattia di Joker”, un disturbo neurologico che provoca spasmi facciali involontari. Questo tipo di innovazioni ci permette di rimanere competitivi a livello internazionale.
AOUI Verona sta aprendo sempre più le porte alla città e alle istituzioni. Qual è l’obiettivo di questa strategia?
L’ospedale non è un’entità isolata, ma un patrimonio della comunità. Per questo, vogliamo rafforzare il legame con la città e con le istituzioni. Abbiamo avviato collaborazioni con il Comune di Verona, l’Università e la Fondazione Arena per portare la cultura all’interno dell’ospedale. Credo molto nel valore terapeutico della musica e dell’arte: un ambiente più accogliente e stimolante può migliorare il benessere dei pazienti e del personale.
Con il Vescovo Domenico Pompili, abbiamo avviato un dialogo costante per garantire un’attenzione particolare agli aspetti umani e spirituali della cura. Abbiamo anche aperto la Porta Santa dell’ospedale, un gesto simbolico ma significativo per sottolineare l’importanza della vicinanza ai pazienti. La sanità non è solo un costo, ma un investimento per il futuro. Dobbiamo difendere e potenziare il nostro sistema sanitario pubblico, affinché rimanga un modello di eccellenza e di equità per tutti.
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