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Vendemmia 2023, mai così scarsa dal 1947

di Matteo Scolari
La produzione a livello nazionale si è fermata a 38,3 milioni di ettolitri, -23,2% rispetto al 2022. Tra le cause la peronospora. Minore quantità, ma maggiore qualità.

La vendemmia del 2023 entra nella storia vitivinicola italiana come la più scarsa degli ultimi 76 anni. I dati ufficiali forniti dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, e analizzati dall’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini (UIV), rivelano una produzione ferma a 38,3 milioni di ettolitri, segnando una diminuzione del 23,2% rispetto al 2022.

Questo drastico calo produttivo, in linea con le previsioni già annunciate a fine novembre dall’Osservatorio, segna un momento senza precedenti per il settore dal lontano 1947. La principale causa di questa contrazione è stata identificata negli attacchi di peronospora, una malattia fungina aggravata dalle frequenti piogge, che ha particolarmente colpito i vigneti del Centro-Sud Italia.

Se da un lato l’estate tardiva ha contribuito a ridurre ulteriormente il volume della produzione, dall’altro ha avuto effetti positivi sulla qualità delle uve raccolte, promettendo vini di elevata eccellenza. Nel contesto produttivo nazionale, i dati rilevati evidenziano che i vini a Denominazione di Origine Protetta (DOP) rappresentano quasi il 52% della produzione totale, mentre i vini a Indicazione Geografica Protetta (IGP) costituiscono il 25%.

Questi numeri sottolineano non solo le sfide poste da un anno particolarmente difficile per i viticoltori italiani ma anche la resilienza e l’adattabilità di un settore che, nonostante le avversità, continua a puntare su qualità e distinzione dei propri prodotti. La vendemmia 2023 sarà ricordata non solo per il calo produttivo ma anche per l’impulso a perseguire strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, che sempre più incidono sull’agricoltura e sulla viticoltura in particolare, delineando nuovi orizzonti per il futuro del vino italiano.

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