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Masi Agricola, fra tradizione e innovazione

di admin
Nella settimana dedicata ai riflettori della finanza veronese, abbiamo intervistato Federico Girotto, CEO di Masi Agricola, società quotata in Borsa del 2015, per una panoramica sulle scelte aziendali e sul futuro dell'innovazione nel settore vitivinicolo.

Nella settimana dedicata ai riflettori della finanza veronese, abbiamo intervistato Federico Girotto, CEO di Masi Agricola, per una panoramica sulle scelte aziendali e sul futuro dell’innovazione nel settore vitivinicolo.

La vostra azienda ha radici ben profonde nel nostro territorio: proprio l’anno scorso avete festeggiato duecentocinquant’anni. Cosa significa per un’azienda come la vostra decidere di aprire alla quotazione il proprio azionariato?
Nel caso di Masi ha significato un’aggiunta a quella che resta e deve restare l’anima dell’azienda e del marchio, che è essenzialmente la connessione con il territorio delle Venezie e con la famiglia Boscaini, che non solo mantiene circa tre quarti del capitale di Masi, ma già all’epoca della quotazione non ha venduto nemmeno un’azione. Prima di intraprendere questo percorso ci abbiamo riflettuto e abbiamo esaminato una serie di di elementi e anche di alternative. La volontà è stata quella di realizzare un’apertura del capitale e soprattutto di giocare sempre con regole sempre più trasparenti e sostanzialmente anche di raccogliere non tanto e solo risorse finanziarie, ma diciamo essenzialmente un capitale culturale.
Cosa consiglierebbe a un imprenditore o imprenditrice che vorrebbe intraprendere questa strada? Quali sono effettivamente i pro e i contro?
Innanzitutto penso che non sia un passo da fare partendo da zero. La nostra azienda è sempre stata innovatrice, dunque all’inizio dei lavori per la quotazione avevamo già molto materiale alle spalle ed è stato quindi un percorso graduale. Non ci sono dogmi o standard, se non quelli obbligatori: ognuno deve cucirsi addosso il proprio vestito e seguire la strada che più si conforma alle sue esigenze.
Il 2022 per il comparto vino è stato un anno un po’ particolare, corretto?
Assolutamente sì. È stato particolare per due elementi dal punto di vista distributivo. È stato un anno di ancora grande liberazione dal lockdown e quindi c’è stata una riscoperta del leisure e della socialità, e il nostro è un prodotto che si sposa benissimo a queste necessità. L’altro grande elemento è stato quello della forte propensione della rete distributiva a riapprovvigionarsi per effetto delle criticità della logistica internazionale che abbiamo riscontrato l’anno scorso, soprattutto con i trasferimenti intercontinentali. Questo per via dell’assenza di penuria di container, di costi logistici importanti, di alcune grandi um nazioni che sono state attanagliate da scioperi e manifestazioni sindacali che hanno ritardato gli sdoganamenti e via dicendo.
Masi, al di là dell’impegno culturale, punta tanto alla sostenibilità: da anni autoproducete energia con impianti fotovoltaici nelle vostre sedi e recentemente avete anche in qualche modo creato con la collaborazione di un noto designer internazionale una bottiglia particolarmente sostenibile…
Sì, noi crediamo molto nella sostenibilità sia ambientale che sociale ed economica e ci lavoriamo ogni giorno. La bottiglia che abbiamo sviluppato in collaborazione con l’architetto Piero Lissoni, è particolarmente emblematica, parliamo di una bottiglia di meno di quattrocento grammi di peso e perché l’abbiamo applicata al nostro prodotto emblema di sostenibilità, che è Fresco Di Masi.
Quali sono le altre linee guida che come azienda state portando avanti per il futuro di Masi?
Noi cerchiamo di lavorare in equilibrio tra tradizione e innovazione. Un esempio tipico di questo paradigma è quello della Masi Wine Experience, il nostro progetto volto a raggiungere un contatto sempre più stringente con il consumatore finale attraverso un percorso enoturistico esperienziale. Insieme a ciò, c’è Monteleone21, la nuova cantina aperta che stiamo realizzando in Valpolicella.

Guarda l’intervista a Federico Girotto

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