Devasini, l’italiano di Tether verso la top 5 mondiale della ricchezza
di Matteo ScolariCrescita record e nuova raccolta potrebbero proiettare Giancarlo Devasini tra i patrimoni più alti al mondo. Il co-fondatore e presidente di Tether, oggi maggior azionista del gruppo, cavalca l’ipotesi di una valutazione da 500 miliardi di dollari che circola nei mercati, spinta da un round privato da 15-20 miliardi in preparazione. Se lo scenario si materializzasse, il valore della sua quota lo collocherebbe sopra Warren Buffett e vicino al quarto-quinto posto della classifica globale. Per l’Italia – e per l’ecosistema economico del Nordest che guarda alla finanza digitale – una storia che fa rumore.
Il tema non è solo di narrativa finanziaria. USDT, la stablecoin di Tether, resta la spina dorsale della liquidità crypto, con capitalizzazione intorno ai 170-175 miliardi e un ruolo sistemico nei flussi tra fiat e blockchain. L’azienda guidata dal CEO Paolo Ardoino sta ampliando il perimetro verso AI, mining, energia e telecomunicazioni, segnale di una diversificazione che attira investitori istituzionali e consulenti di peso. In questo contesto, Devasini – torinese, ex chirurgo plastico – è considerato da Bloomberg e Forbes l’azionista di controllo e il regista finanziario dell’operazione.

La notizia che agita il mercato è l’ipotesi, riportata da FT e Reuters, di una raccolta che valorizzerebbe Tether a mezzo trilione: un multiplo che, secondo stime di Bloomberg, spingerebbe il patrimonio di Devasini oltre i 200 miliardi di dollari (circa 224 mld), in netto balzo rispetto alle valutazioni “di base” attorno ai 22 miliardi di inizio settembre. In ogni caso, il segnale è chiaro: la traiettoria patrimoniale dell’imprenditore italiano è verticale.
Non mancano i riflettori anche sul legame con lo sport italiano: nel febbraio 2025 Tether ha annunciato l’ingresso come socio di minoranza nella Juventus, un investimento simbolicamente potente per il brand e strategico per l’accesso a community globali. Per Verona e il Veneto, dove manifattura e export cercano capitali e tecnologie, il messaggio è duplice: la finanza digitale è ormai un driver industriale e i grandi player crypto possono incidere su filiere, sponsorship e innovazione territoriale.
Resta aperto il capitolo regolamentazione e trasparenza -dossier su cui Tether ha ingranato una fase di normalizzazione e governance – ma la direzione è tracciata: se la valutazione da 500 miliardi dovesse concretizzarsi, l’Italia vedrebbe un suo connazionale affacciarsi stabilmente nell’empireo dei paperoni mondiali, con inevitabili ricadute d’immagine e di attrazione capitali anche per i distretti del Nordest.
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