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CGIA: l’86% delle tasse finisce allo Stato, ma Regioni e Comuni sostengono metà della spesa

di Matteo Scolari
Alle Regioni e ai Comuni resta solo il 14% del gettito, ma sostengono il 44% della spesa pubblica. Il Veneto tra i più penalizzati con un residuo fiscale negativo di 2.680 euro pro capite.

Nel 2023 i contribuenti italiani hanno versato 613 miliardi di euro di tasse. Di questi, 529,4 miliardi, pari all’86%, sono andati allo Stato centrale, mentre solo il 14% è rimasto a Regioni ed enti locali. Una distribuzione squilibrata, se si considera che la spesa pubblica – al netto di previdenza e interessi sul debito – è stata di 644 miliardi, di cui il 44% gestito da Regioni e Comuni.

Il nodo centrale riguarda i servizi erogati sul territorio – dalla sanità ai trasporti, dall’edilizia abitativa al welfare locale – che pesano in misura rilevante sui bilanci regionali e comunali. Tuttavia, Regioni e Comuni dispongono di autonomia finanziaria limitata, dipendendo in larga parte dai trasferimenti da Roma. «Negli ultimi trent’anni molte competenze sono state decentrate, ma senza un adeguato trasferimento di risorse autonome», osserva la CGIA. Il risultato è un doppio onere per i cittadini, chiamati a finanziare i servizi sia tramite la fiscalità generale, sia con ticket e tributi locali.

Le principali voci di entrata per lo Stato sono l’Irpef (208,4 miliardi), l’Iva (140 miliardi) e l’Ires (49,7 miliardi). Alle Regioni restano soprattutto Irap (28,9 miliardi), addizionale Irpef (13,5) e bollo auto (6,6). I Comuni, invece, possono contare principalmente sull’Imu (18,6 miliardi) e sull’addizionale comunale Irpef (5,7).

La disparità tra centro e periferia è uno dei motivi che hanno spinto Regioni come Veneto e Lombardia a chiedere con forza maggiore autonomia dopo i referendum del 2017. I dati sul cosiddetto residuo fiscale elaborati dalla Banca d’Italia mostrano infatti che nel 2019 ogni cittadino veneto ha contribuito al bilancio pubblico con un saldo negativo di 2.680 euro pro capite, a favore di altre aree del Paese.

Secondo la CGIA, il centralismo fiscale penalizza le regioni più produttive, come il Veneto, che «danno molto più di quanto ricevono», mentre nel Mezzogiorno i trasferimenti restano superiori alle entrate generate localmente. Una situazione che continua a tenere acceso il dibattito politico sull’autonomia differenziata e sulla necessità di riequilibrare il rapporto tra fisco e spesa pubblica.

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