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Cent’anni di vino e visione: Fasoli Gino celebra il suo secolo tra etica, innovazione e sostenibilità

di Matteo Scolari
La storica cantina veronese festeggia il centenario con un Rosso speciale, vini Piwi, energia autoprodotta e una promessa: «Coltivare il futuro nel rispetto della terra».

Un secolo di storia agricola, quasi quarant’anni di biologico, venti di biodinamico, una presenza internazionale in 91 Paesi e una filosofia produttiva dove ogni bottiglia racconta una visione: quella della Cantina Fasoli Gino, fondata nel 1925 a Colognola ai Colli e oggi faro della viticoltura sostenibile in Italia.

Per celebrare i cento anni di attività, la cantina ha scelto il Teatro Ristori e la cornice del 57esimo Vinitaly per presentare in anteprima il suo nuovo vino celebrativo: il Rosso del Centenario, una cuvée esclusiva che unisce Corvina, Corvinone, Merlot, Pinot Nero e Cabernet Sauvignon, affinati separatamente in botti di rovere tra i 36 e i 48 mesi. «Una sintesi apicale dei nostri rossi mono-vitigno», spiegano Natalino e Matteo Fasoli, terza e quarta generazione alla guida dell’azienda.

La storia della Cantina Fasoli Gino è cominciata da una fattura al parroco del paese nel 1925, ma ha saputo evolversi in sintonia con i tempi. Oggi produce oltre 580mila bottiglie l’anno, tutte certificate bio e vegan, e opera su 100 ettari di vigneto distribuiti tra Val d’Illasi e area gardesana. La cantina è stata tra le prime in Italia a passare al biologico nel 1986, affrontando scetticismi e difficoltà ma restando fedele a una visione che ha fatto scuola. «In principio fu un’allergia agli agenti chimici», raccontano i Fasoli, «oggi è un’etica che si fa progetto».

Dal 2006 l’azienda ha adottato anche pratiche biodinamiche: compost, legumi, piantumazioni, rotazioni. Il tutto con una finalità che va oltre la produttività. Con i progetti Tenuta Le Cave e Vigna Tasi, Fasoli ha rigenerato una vecchia cava in un ecosistema vivo che conserva 10 ettari di bosco e biodiversità.

Il futuro è già tracciato. Entro il 2026, Fasoli Gino punta a raggiungere la totale autonomia energetica, grazie a un sistema di 200 kW di pannelli fotovoltaici, recupero del calore dai macchinari per riscaldare gli ambienti e riutilizzo dell’acqua piovana (tra 3.000 e 4.000 metri cubi l’anno). Una centralina intelligente regolerà i nuovi macchinari per ottimizzare consumi e impatti.

E c’è di più: nel 2026 arriverà anche il primo raccolto dei vini Piwi, vitigni resistenti alle malattie fungine che non necessitano di trattamenti intensivi e che promettono di rivoluzionare il vino bio. «Non ci sono OGM, ma solo selezione da semi», spiega Natalino. «Piwi è il futuro della viticoltura sostenibile».

Il nuovo Bilancio di Sostenibilità 2024, già alla sua seconda edizione, racconta una realtà che ha fatto della sostenibilità la sua filiera etica completa: vetro leggero, carta riciclata, valutazione per eliminare le capsule, certificazione Equalitas. Fasoli non insegue il mercato, lo guida: «Un vino di qualità attira consumatori di qualità. Ma serve comprendere ciò che è superfluo per valorizzare solo ciò che è essenziale», concludono.

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