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IA, Quintarelli: «Anche l’Europa ha le sue carte da giocare, ma servono più investimenti»

di Matteo Scolari
Stefano Quintarelli, esperto di digitalizzazione e venture capitalist, ha analizzato il ruolo dell’IA tra innovazione e sviluppo economico, evidenziando il potenziale dell’Europa e dell’Italia nel settore.

Verona ha ospitato questa mattina VeronA.I. – La rivoluzione digitale nella nostra città, un evento organizzato da AVM Sgr e BuildTrust presso la Sala Polifunzionale della Fondazione Cariverona. L’incontro ha offerto un’importante occasione di confronto sulle prospettive tecnologiche, industriali, economico-finanziarie e sociali dell’intelligenza artificiale. Tra i relatori, Stefano Quintarelli, fondatore di Rialto Venture Capital ed esperto di digitalizzazione, ha approfondito il tema, analizzando il ruolo dell’IA e le prospettive per il futuro.

Quintarelli, lei ha avuto un ruolo importante a livello europeo nell’ambito della digitalizzazione. Oggi si parla sempre più di intelligenza artificiale. Qual è la sua visione?

L’intelligenza artificiale è ormai una realtà consolidata. Quella di cui parlano di più i media è l’intelligenza artificiale generativa, che io chiamo “sexy” perché fa notizia. Tuttavia, esiste un’IA “noiosa”, meno appariscente, ma già ampiamente diffusa. Questa IA lavora dietro le quinte per ottimizzare i processi aziendali, ridurre gli sprechi, migliorare la gestione delle scorte e aumentare l’efficienza complessiva.

L’intelligenza artificiale sta diventando sempre più pervasiva. Come si posiziona l’Europa rispetto alle grandi potenze mondiali?

Spesso si parla del dominio americano e cinese in questo settore, ma in realtà l’Europa ha le sue carte da giocare. Ad esempio, oggi l’unica auto che consente la guida autonoma senza mani sul volante è prodotta da Mercedes. Nei campionati di auto a guida autonoma, il Politecnico di Milano e l’Università di Monaco primeggiano. Questo dimostra che le competenze non mancano, ma servono investimenti adeguati.

Quali sono le sfide più grandi per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Italia?

Il problema principale non è tecnologico, ma finanziario. Negli Stati Uniti si investono 1.300 miliardi di dollari all’anno in capitale di rischio pre-borsa, mentre in Europa solo 72 miliardi. I fondi pensione americani destinano una parte significativa dei loro asset all’innovazione, mentre in Europa non avviene lo stesso. Serve un mercato unico dei capitali e un maggior coinvolgimento di banche, assicurazioni e fondi pensione negli investimenti tecnologici.

In questo scenario, quale potrebbe essere la strategia migliore per l’Italia?

L’Italia ha molte eccellenze, ma senza investimenti adeguati rischiamo di perdere competitività. Il mio lavoro come venture capitalist consiste nell’investire in aziende innovative, ma spesso ci troviamo a vendere le migliori realtà italiane a fondi americani, semplicemente perché dispongono di venti volte i capitali che abbiamo noi. Dobbiamo creare un ecosistema finanziario che supporti la crescita delle nostre imprese tecnologiche, trasformando la conoscenza in valore economico.

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