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Da Innsbruck, Austria, un importante film-documentario sull’Italia, in tempo di Coronavirus: dal Passo del Brennero, a Lampedusa, e ritorno, in “Vespa”…

di admin
L’interessante lavoro – curato dal noto regista, Hermann Weiskopf, grande amante della Penisola, dal titolo: "Ride back to Freedom - due ruote, alla ricerca della libertà perduta, in tempo di Coronavirus“– racconta, con inquadrature parlanti, soste e interviste, in città e paesi, fra i quali, anche Verona.

Abbiamo ricevuto la bella notizia di una lunga trasferta, dal nord, al sud d’Italia, dal noto regista di Innsbruck, Austria, Hermann Weiskopf, classe 1962, che, nel giugno scorso, quando sembrava che si potesse considerare, almeno in parte, sconfitto il Corona Virus, da Innsbruck e dal Passo del Brennero, ha raggiunto, in “Vespa”, Lampedusa. Una vera impresa, quasi eroica, che ha creato, nell’operatore – peraltro ottimo conoscitore della Penisola e dell’italiano – soddisfazione e offerto l’opportunità di fare conoscere, attraverso le numerosissime interviste e riprese – circa 90 minuti di proiezione – momenti difficili, ma, anche sereni e piacevoli, nell’Italia, in lotta, per la propria salute. Allo scopo di avere un quadro completo di tanta impresa, abbiamo intervistato l’Autore della stessa e, quindi, del film-documentario:

D. Quando, signor Weiskopf, ha pensato di “imbarcarsi”, su “due ruote, alla ricerca della libertà perduta” e farne una pellicola, raggiungendo Lampedusa?

 

R. Per i registi, come me, il lockdown, inizialmente, voleva dire, soprattutto, inattività forzata, da un momento all’altro. Stando a casa e ammirando soprattutto gli sforzi notevoli di categorie, come il personale sanitario, mi sono chiesto: ed io? In tutto questo, io non ho niente da raccontare e da fare? È bastato vedere, a casa, il film “Easy Riders” e fare un primissimo giretto in Vespa, dietro la mia abitazione, per fare una spesa e ho deciso: “parto”! O, meglio, partiamo, perché, senza il cameraman Bernhard Freinademetz, non avrei potuto filmare un bel niente.

D. Quale motivo l’ha spinta a “venire a trovare” l’Italia – novello Johann Wolfgang von Goethe – in un momento così complesso e difficile?

R. Erano ven’anni, che volevo girare un road movie, per l’Italia. Per me, l’Italia è il paese, che amo a ammiro di più, ma mi mancava, come dire, l’idea giusta, che mi convincesse appieno. Dopo le immagini tristi, soprattutto, da Bergamo, ma, non solo, sapevo che tale momento storico di questa pazzesca pandemia andava raccontato, per tutti noi e per chi vivrà, dopo di noi, per ricordare e raccontare la gente, che vi si è trovata in mezzo. Era la mezzanotte esatta del 15 giugno 2020, quando, alla prima riapertura del confine, tra l’Austria e l’Italia, siamo partiti dal Brennero, per raggiungere, dopo 53 interviste e tante impressioni, l’isola di Lampedusa – armati di una telecamera, di qualche microfono, di una Vespa 300 e di una Fiat Panda, a metano…

D. Per quale motivo ha scelto l’ormai antica e sempre elegante “Vespa”, per raggiungere la meta in Italia e fare, quindi, ritorno in Austria?

R. Da sempre, mi è piaciuto andare in moto. Per i miei 50 anni, nell’ormai lontano 2012, mi sono regalato una Vespa. Ed è stata una scoperta, perché è tutto un mondo a sé, viaggiare in moto, senza cavalli e sgommate, ma, con tanta allegria, simpatia e compagnia. E si viaggia benissimo…, oggi, più che mai, dato, che il mondo ha perso in velocità, ma, ha, forse, guadagnato in qualcos’altro, almeno si spera, tra le mille difficoltà oggettive, che la pandemia comporta.

D. Eravate accompagnati da qualcuno, che potesse, fra l’altro, esserVi di aiuto, nella programmata realizzazione di riprese? In merito, si era già steso un dettagliato progetto, di soste e di quanto Lei avrebbe inteso sentirsi raccontare e, quindi, registrare?

R. Ci ha aiutato l’Italia stessa e la sua gente meravigliosa. L’ospitalità, la sincerità nel raccontarsi, lo spessore umano… e, poi, molte cose sono nate in pieno spirito “road” strada facendo e fermandosi qua e la lungo la Penisola, sempre con la voglia di raccontare l’Italia più vera. Poi, in varie occasioni, abbiamo avuto chi ci ha aiutato nell’organizzazione come Loris Danielli e Robero Pitondo, che in Veneto ed in Umbria, ci sono stati preziosissimi.

D. Quante città e paesi italiani ha toccato, durante il Suo “viaggio in Italia”? Ha trovato difficoltà a intervistare la gente, che le varie soste Le permettevano di contattare? Quante città o paesi ha visitato?

R. Le poche Regioni, che non abbiamo visitato, erano quelle che non si trovavano lungo il viaggio, tra Brennero e Lampedusa, come, per esempio, il Piemonte. Ma, poi, abbiamo potuto intervistare un medico piemontese, che lavora in un reparto Covid-19, e che si trovava, dopo tante fatiche, per qualche giorno di svago, in Calabria. Nella gente, in generale, trovavo  grandissima disponibilità, a raccontare quello, che avevano vissuto, come se faticassero loro stessi, a credere a ciò, che a tutti noi stava capitando. Tema del viaggio, poi, era anche quella libertà ritrovata, che interessa tutti…

D. In base a quale criterio, ha scelto le città o i luoghi, in cui fare sosta? Com’è stata l’accoglienza, che, di volta in volta, ha trovato?

R. Conosco bene l’Italia, soprattutto del Centro Nord, e andavo, in base ai miei ricordi personali, ricercando luoghi, che non avevo visitato da troppo tempo. E, poi, il Sud e la sua gente… Una scoperta pazzesca e molto positiva… Anche di questo, racconta il nostro documentario “Ride back to Freedom – 2 ruote alla ricerca della libertà perduta in tempo di Coronavirus”.

D. Quanto al Corona virus, ha trovato situazioni particolari e raccolto significative opinioni, dai cittadini incontrati?

R. Il Coronavirus, all’inizio della pandemia, ha colpito duro, anche e soprattutto. in Italia, prima che da altre parti. In Austria, l’inizio è stato meno drammatico e lo si capiva, in ogni incontro avvenuto. Gli italiani erano più attenti, che da noi… Nel frattempo, la pandemia, purtroppo, non risparmia nessuno… e abbiamo ancora parecchia strada da fare. Personalmente, spero il più possibile in un impegno comune, insieme, aiutandoci, tra i vari paesi…

D. Quante riprese ha potuto realizzare?

R. Tutte quelle, che la cautela e il rispetto delle regole sanitarie, da osservare, ci permettevano… La maggior parte delle volte, giravamo all’aperto e al sole, filmando anche  meraviglie paesaggistiche e storiche…

D. Visto che Lei ama la “Vespa”, posso chiederLe il perché? Fa parte, Lei, di qualche Vespa-Club austriaco o italiano?

R. Ricordo, con grande gioia nel cuore, il giro, attraverso il centro di Verona, che abbiamo filmato, con il Vespa Club Verona, che non conoscevo, in precedenza. Eravamo capeggiati dai due presidenti del Club, Pierluigi Righetti e Mirko Zambaldo e dalla Polstrada, che badava alla sicurezza generale.  A Taormina, successivamente, mi hanno assegnato la tessera onoraria per mano del presidente del Motoclub Centauromenium, Salvatore di Maria, prima di gustare, insieme, un paio di granite siciliane, con brioche. Ho, quindi, amici vespisti, anche in Austria e Germania…

D. Un’ultima domanda, se mi permette, signor Weiskopf: come è riuscito a finanziare un documentario, sviluppato, lungo migliaia di chilometri…, in tempi così difficili?

R. Che posso dire, al riguardo, se non quello che sappiamo tutti: l’arte, in generale, e, quindi, anche quella filmica, è sempre più difficile da finanziare, sia in Austria che in Italia…, ma, più di una volta, gli Italiani ci hanno offerto un pernottamento o una cena…,  un segno forte ed indice, che in un viaggio, non si è mai soli, e per i quali, ringraziamo ancora. Comunque, i costi per il viaggio e per le riprese, li abbiamo affrontati a nostro proprio carico, mentre, per portare a termine la postproduzione, abbiamo ancora bisogno di aiuto Per questo, abbiamo lanciato un così detto “crowdfunding”, attraverso la piattaforma Indiegogo –www.indiegogo.com/projects/ride-back-to-freedom – oppure, tramite il conto della nostra società filmica, presso la Hypo Tirol Bank, Innsbruck, Austria –  intestato a AVG Filmproduktion, IBAN: AT72 5700 0300 5328 3974…

La ringrazio, signor Hermann, per la Sua disponibilità, mentre credo, che, dopo la lettura delle nostre modeste righe, sulla Sua innovativa ed interessante iniziativa, sopra descritta, grande diventerà l’attesa di poter vedere il Suo film-documentario, che, speriamo, e Le auguriamo, possa venire, al più presto, proiettato… L’Italia si ricorderà sempre di Lei…!

R. Sono io che ringrazio l’Italia….

Pierantonio Braggio

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